La ballata dei fuochi fatui, il romanzo di Gianluca Grossi

Non molto tempo fa vi ho parlato della casa editrice Artetetra. Per fare un ripasso, potete recuperare l’articolo cliccando qui. Di Artetetra ho appena letto La ballata dei fuochi fatui di Gianluca Grossi, lettura che ho fatto insieme alla mia amica Caterina di Libri sul comodino.

Per una settimana intera abbiamo condiviso questa esperienza di lettura e ne abbiamo parlato, ogni giorno, nelle stories di Instagram. Ora non mi resta che riassumere tutto nella recensione. Partiamo dalla trama.

Ci troviamo in un collegio brianzolo negli anni ’20 del Novecento. A frequentare questo collegio sono ragazzi che provengono da famiglie benestanti. Le giornate sembrano scorrere con tranquillità fino a quando non si verifica la morte del Gerosa, l’uomo tuttofare del collegio. Sebbene la notizia della morte dell’uomo abbia destato tristezza e sgomento, la vita sembra continuare normalmente, ma le cose cambiano quando quattro ragazzi confessano al prof. di lettere che il Gerosa in realtà è stato ucciso e non è morto per un incidente, come vogliono far credere. Così i quattro ragazzi, insieme al prof. Rigamonti e alla professoressa di matematica, la Marcadalli, inizieranno le loro indagini per scoprire la verità, una verità che vi lascerà senza parole.

Detta in breve la trama, senza anticiparvi troppo per non rovinarvi il gusto della lettura, vi parlo ora dei personaggi. Il primo che incontriamo è il prof. Rigamonti, docente di lettere, che esordisce nel racconto con un vero e proprio elogio alla poesia:

La poesia ci dà modo di gustare il vero senso delle cose, di percepire quella sublime sensazione che supera i limiti imposti dallo spazio e dal tempo, portandoci a credere anche in ciò che non vediamo: l’intimità delle cose, l’essenza di ciò che ci circonda, l’aristocrazia del pensiero.

Il Rigamonti è un uomo pacato, un uomo sensibile, misurato, che ama il suo lavoro, che va oltre la semplice lezione da programma ministeriale. Ama la vita semplice e contemplativa, la montagna, la natura, qualche chiacchiera con gli amici e ovviamente la lettura di un buon libro. Il prof. Rigamonti è una persona perbene, una persona che dà fiducia ed è forse questo il motivo per cui i ragazzi si rivolgeranno a lui per svelare il loro segreto.

Acconto al prof. Rigamonti possiamo accostare la prof.ssa Marcandalli, per la quale il nostro protagonista ha un certo interesse sentimentale. La prof.ssa di matematica è una donna moderna per il tempo in cui vive, crede nella scienza, nel progresso, crede nell’emancipazione della donna e nel fatto che quest’ultima possa avere un ruolo di indipendenza nella società. È praticamente in linea con l’aria che si respira in Europa a partire da fine ‘800.

Ad indagare con i due docenti, ci sono quattro ragazzi, i quali, per il loro temperamento, si distinguono dagli altri all’interno del collegio di Busnago. Sono molto diversi l’uno dall’altro e proprio questa diversità li rende uniti e formidabili. Il primo che incontriamo è Sergio Besana, il più introverso e riflessivo. Ama estraniarsi dal contesto in cui si trova a tal punto che anche i professori pensano che non ci sia nulla da fare per poterlo spronare. Continuando con le contrapposizioni, posso dire che al suo opposto c’è Roberto Viganò. Irriverente, sempre pimpante e, come gli altri, pronto ad infrangere qualche regola, come quella di lasciare il collegio di notte per rincorrere i fuochi fatui nel cimitero. Il terzo del gruppo è Biagio Raimondi, il piccoletto, quello più mingherlino e timoroso. Si potrebbe dire essere l’anello debole del gruppo, ma il suo timore è ben equilibrato dal coraggio di Giovanni Oggioni, il prepotente del gruppo, quello pronto alla rissa e dal carattere irruente. Insieme sono perfetti, tant’è che agli occhi degli altri appaiono in questo modo:

Stavano sempre insieme, è difficile spiegare l’alchimia che li univa. Erano i più originali e non amavano uniformarsi agli altri. Pur con caratteri diversi, desideravano distinguersi, cercando di lasciare un segno.

Un altro personaggio che ci interessa è la vittima. Il Gerosa è un uomo buono, tutti si rammaricano della perdita, poiché lo ricordano come uomo mite e lavoratore sempre disponibile. I nostri detective capiranno che dietro la sua morte c’è qualcosa di misterioso che coinvolge il direttore del collegio e i suoi sotterranei, altri personaggi e anche le streghe e il tribunale dell’inquisizione.

Non vi svelo altro per non rovinarvi la lettura, ma prima di lasciarvi vi parlo solo di qualche aspetto legato allo stile e alla struttura. Il romanzo è costituito da cento capitoli tutti brevissimi, perché costituiti da due pagine ciascuno, per un totale di 204 pagine. A raccontarci la vicenda è un narratore esterno che ci racconta gli accadimenti man mano che essi avvengono, ad eccezione del capitolo in cui, come una sorta di flashback, conosciamo la fine del Gerosa attraverso gli occhi dei testimoni. Lo stile è semplice, rende la lettura piacevole, nonostante il lessico non sia banale, supportando perfettamente l’intreccio. Quello che colpisce molto nella lettura, sono le diverse citazioni, che, attraverso il prof. Rigamonti, arrivano a noi in maniera equilibrata e non ostentata, segno della notevole sensibilità culturale dell’autore.

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