Per questo mese di marzo bisognava scegliere, per la #ReadChristie2019, la challenge dedicata alla scrittrice inglese e promossa in Italia da Davide e Marco del blog RadicalGing, quella che si considerava la storia più bella scritta da Agatha Christie. Io ho scelto Dieci piccoli indiani, che ho letto nell’edizione Oscar Mondadori.
Non è mai facile parlare dei romanzi di questa autrice, che ebbe come modello il grande Conan Doyle. Effettivamente Hercule Poirot può in qualche modo ricordare i tratti peculiari dell’investigatore per eccellenza, ma dobbiamo ammettere che le differenze sono tante. Nonostante questo non è mia intenzione parlarvi di Hercule Poirot, anche perché nel libro che ho scelto questo mese Poirot non compare, così come non appare l’altro grande personaggio uscito dalla penna della scrittrice inglese, ovvero Miss Murple.
Dieci piccoli indiani è un romanzo a sé stante ed è considerato forse tra i capolavori della Christie. Pubblicato in Inghilterra nel 1939, compare in italia nel 1945 e nella storia delle vendite è il giallo più venduto in assoluto, con le sue 110 milioni di copie vendute.
LA TRAMA
La storia è assai accattivante già dalle prime pagine. Otto personaggi, che tra loro non si conoscono, vengono invitati, ognuno con una motivazione diversa, da un certo Signor Owen a trascorrere una breve vacanza nella sua villa sull’isola di Nigger. Nessuno degli invitati riesce bene a ricordare chi sia il Signor Owen, ma nonostante ciò accettano di buon grado l’invito. Il mistero sull’identità dell’uomo non viene svelato nemmeno quando gli otto invitati giungono sull’isola, perché ad accoglierli ci sono solo il maggiordomo e la moglie, al loro primo incarico per il Signor Owen, di cui anche loro non conoscono il volto.
Il mistero si infittisce quando gli invitati trovano nelle loro stanze una strana filastrocca, che recita così:
Dieci poveri negretti
se ne andarono a mangiar:
uno fece indigestione,
solo nove ne restar.Nove poveri negretti
fino a notte alta vegliar:
uno cadde addormentato,
otto soli ne restar.Otto poveri negretti
se ne vanno a passeggiar:
uno, ahimè, è rimasto indietro,
solo sette ne restar.Sette poveri negretti
legna andarono a spaccar:
un di lor s’infranse a mezzo,
e sei soli ne restar.I sei poveri negretti
giocan con un alvear:
da una vespa uno fu punto,
solo cinque ne restar.Cinque poveri negretti
un giudizio han da sbrigar:
un lo ferma il tribunale,
quattro soli ne restar.Quattro poveri negretti
salpan verso l’alto mar:
uno un granchio se lo prende,
e tre soli ne restar.I tre poveri negretti
allo zoo vollero andar:
uno l’orso ne abbrancò,
e due soli ne restar.I due poveri negretti
stanno al sole per un po’:
un si fuse come cera
e uno solo ne restò.Solo, il povero negretto
in un bosco se ne andò:
ad un pino si impiccò,
e nessuno ne restò.
All’inizio sembrano non farci caso, ma più passerà il tempo più si renderanno conto di quanto la filastrocca sia legata alle strane morti a cui sono costretti a fare i conti. Altro importante avvenimento è la presenza, e poi man mano la scomparsa una alla volta, delle 10 statuette raffiguranti uomini di colore, che occupano un ripiano della sala da pranzo. I delitti sembrano destinati a rimanere irrisolti; chi indagherà non riuscirà a ricostruire con chiarezza gli eventi accaduti sull’isola, ma una lettera imbottigliata e lasciata al mare permetterà poi di chiarire quanto accaduto, chiarimento che al lettore in realtà non serve, perché ha più di tutti il quadro completo.
LA CURIOSITÀ
Non posso dirvi molto di più per non rovinare la lettura di questo capolavoro del giallo, ma posso svelarvi una piccola curiosità legata alla traduzione del titolo. Il titolo originale The Little Niggers, letteralmente può essere tradotto con “Dieci piccoli negri”, che nelle prime edizioni italiane viene trasformato in …E poi non rimase nessuno e a partire dal 1977 in Dieci piccoli indiani. Da notare anche che le statuette descritte nel romanzo non sono in realtà degli indiani ma persone di colore. Inoltre, anche il nome dell’isola “Nigger”, o la filastrocca, rimanda a questa volontà della Christie di dare un accento particolare alla questione.
Nel XVII secolo la parola Nigger, comparsa in origine nell’Irlanda del Nord, era una parola comune, una semplice variante di Negro, ma a partire dal 1825 gli abolizionisti americani la rifiutarono, sostenendo che si trattava di un termine sprezzante per indicare la popolazione di razza nera. Di sicuro il termine aveva assunto un significato dispregiativo nei secoli, per cui molti si sorpresero nel vedere l’uso che ne fece la scrittrice inglese. In difesa della Christie intervenne G.C. Ramsey, che ne suo saggio Agatha Cristie, la signora del mistero, ha scritto:
A nessuno sarebbe mai venuto in mente di usare la parola Niggers in una filastrocca per bambini con l’intenzione di offendere la razza nera.
Fatto sta che diverse furono le proteste davanti ai teatri nel 1966 durante la messa in scena dello spettacolo ispirato al romanzo e prima di quella data, in America, già avevano modificato il titolo originale fino a giungere all’attuale versione con gli indiani.