La panchina è il primo romanzo di Stefano Cannistrà, edito da Chiado Books.
Con questo suo libro, Stefano ci racconta l’amore attraverso la voce di diversi protagonisti . Tutto ruota intorno ad una panchina in una città dell’Italia centrale non meglio identificata. Forse potremmo ricondurla alla città di Perugia, dove l’autore tuttora vive per ragioni professionali. Non possiamo affermarlo con sicurezza e forse non è nemmeno importante saperlo, poiché è la panchina l’elemento più importante. Essa è il luogo dell’anima, ha quasi la stessa funzione della poltrona di uno psicologo.
Quando il protagonista di turno si siede, inizia la sua profonda riflessione. Come una sorta di flusso di coscienza ininterrotto, vengono fuori ricordi, sentimenti di ciò che è stato e di ciò che sarebbe potuto essere. In questo romanzo si parla d’amore, ma da un preciso punto di vista, quello del ricordo. Ogni personaggio che ripercorre le tappe del proprio amore passato ne ricostruisce i passaggi, le sensazioni e la complessità dei rapporti. L’amore non sempre è bello e spensierato, a volte è doloroso, è tormentato e lascia ferite che sono lunghe a guarire. Alcune volte è per sempre, ma altre volte dura quanto un battito d’ali:
I pensieri non li puoi fermare, soprattutto quando ti imponi di fermarli, quando ti illudi che un momento di tregua mentale possa cristallizzare quel lampo di serenità apparente che hai pensato di provare.
In questo romanzo corposo, di quasi quattrocento pagine, si susseguono le storie di uomini e donne con le quali ognuno potrebbe identificarsi, le cui vicende ci vengono mostrate attraverso una prosa non banale e un lessico ricercato. La panchina credo possa essere definito un romanzo che a tutti gli effetti è lo specchio della società contemporanea e di una sentimento, anche se finito, che resta radicato nel tempo in un angolo di cuore, magari sotto la forma del ricordo malinconico.