La “fanciulla” vinta raccontata da Matilde Serao

Il romanzo della fanciulla di Matilde Serao, edito da Artetetra Edizioni, è una raccolta di cinque novelle che la Serao pubblicò a partire dal 1884 su Nuova Antologia e poi raccolte  in un unico volume.

Protagoniste di questa storia sono le donne, giovani di varia estrazione sociale o dalla posizione economica precaria. In generale le opere della Serao sono caratterizzate dal protagonismo femminile e ci mostrano dinamiche sociali della piccola e media borghesia, con il suo tratto ideologico e morale, di una Napoli di fine ‘800. Quest’opera, in particolare, ci offre l’opportunità di capire anche il pensiero dell’autrice. Nella prefazione a questa nuova edizione, Nadia Verdile non lascia dubbi per qualsiasi altra interpretazione:

Matilde Serao scrisse di donne, per le donne e da donna, di loro raccontò i lavori, le idee, gli amori, le speranze e le disillusioni. Non fu, nè mai volle essere, femminista. Anzi, avversò idee e protagoniste di questo movimento nè mai volle sostenere le battaglie per il voto, per l’impegno politico e per il divorzio. Né da giovane né quando l’età matura e le esperienze sul campo avrebbero potuto offrirle nuovi possibili punti di vista. Era un ossimoro Donna Matilde, paladina degli ultimi, cronista lucida e appassionata, penna d’acciaio, pensiero di lava, nemica dell’emancipazionismo. Moderata, monarchica, borghese eppure tanto dentro le storie, le vite, gli umori degli universi umani più poveri, abbandonati, sfruttati.

Le cinque novelle di questa raccolta furono concepite fin dal principio come una serie organica ben equilibrata e nella sua prefazione la Serao scrive:

Vi do delle novelle senza protagonisti, o meglio, dove tutti sono protagonisti (…). Ho fatto delle novelle corali, ove il movimento viene tutto dalla massa, ove l’anima è nella moltitudine.

La coralità, come nel romanzo verghiano, è elemento fondamentale in questo libro, poiché permette di inquadrare le donne negli ambiti borghesi cittadini e provinciali e di far risaltare al tempo stesso la molteplicità dei tipi, la varietà di atteggiamenti, riflessioni intorno alla vita, ai destini e alle aspirazioni. Così si comprende il motivo per cui il sostantivo “fanciulla” è usato al singolare: la Serao fa riferimento ad una categoria ben precisa, ovvero le giovani donne in attesa del matrimonio.

Anche in questo c’è una corrispondenza con Verga. Le sue protagoniste sono delle “vinte”, donne che lottano per la vita, la cui unica occasione di riscatto è il matrimonio. La smania di queste fanciulle è quella di sistemarsi economicamente al fine di contrastare gli effetti di un destino durissimo. Questa è una lotta dura, ma intima e silenziosa. Esse celano al mondo il proprio reale desiderio e ciò le consente di nascondere anche debolezze e frustrazioni, ma queste piccole astuzie, insieme alla pazienza, sono anche punti di forza, che le permettono di continuare la loro battaglia.

Matilde Serao

La donna che ci presenta la Serao però non è una seduttrice, è tutt’altro, è pienamente una vinta nel momento in cui non sposandosi indossa la veste monacale. E se non diventa monaca, ricopre il ruolo di zitella, la vinta per eccellenza. Anche se nella zitella si intravede una sorta di magra consolazione, che consiste in una certa libertà di azione, in lei non c’è corrispondenza con l’emancipazione della donna, ma acquisisce il sapore amaro della sconfitta.

Fluttuano, le fanciulle seraiane, nelle onde agitate delle convenzioni, assalite dal bisogno di essere, sopravvivere o apparire. Sono quasi tutte vittime di un tempo e di una cultura misogina alla quale sfugge, non a caso, Caterina Borrelli, ovvero Matilde, che non cede, che osserva, che valuta, ride, sogghigna, consola, si allontana.

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