Vi presento oggi il libro di Loretta Napoleoni, Sul filo di lana. Come riconnetterci gli uni con gli altri (Mondadori). Il lavoro a maglia serve all’autrice come scusa per parlare di ricordi personali, vicende sentimentali e aneddoti familiari, ma anche, ampliando la prospettiva, per raccontare meccanismi globali economici e politici.
All’apparenza sembra un manuale di hobbistica, invece tratta di sociologia e di politica; è anche un doloroso viaggio alla scoperta di sé, dei propri limiti e delle proprie risorse. L’autrice compie un percorso nel tempo a partire dalle origini di questa attività:
Il viaggio della maglia ha inizio tra il 6000 e il 4000 a.C., quando i nostri progenitori avevano messo a punto un metodo rudimentale per creare degli indumenti e prosegue attraverso il Medioevo e il Rinascimento con le corporazioni di lavoratori dell’arte della lana e il successo in tutta Europa dei filati e tessuti italiani. Passa per la Rivoluzione francese, con le sue tricoteuses che sferruzzavano sedute davanti alla ghigliottina, e per quella americana cui hanno contribuito le pioniere, le famose «api che sferruzzano», per arrivare alla Grande Guerra, quando gli indumenti di lana fatti a mano da chi stava a casa hanno contribuito a tener caldi i soldati in trincea, e alla Seconda Guerra Mondiale, quando le spie-magliaie si sono servite della maglia come di un codice segreto per inviare messaggi che non dovevano essere intercettati. Dopo un periodo di stasi, il lavoro a maglia è poi tornato alla ribalta negli anni Sessanta con il movimento hippie, diventando uno strumento di rifiuto dell’omologazione e del consumismo imposti dal «sistema». In anni recenti le neuroscienze hanno scoperto che i tessuti fatti ai ferri sono ottimi per rappresentare concetti della fisica d’avanguardia difficili da ricreare con altri materiali, ma anche che lavorare a maglia ha gli stessi effetti terapeutici rilassanti dello yoga e della meditazione. E il movimento femminista ha infine smesso di considerare quest’attività un simbolo della sottomissione femminile, ma l’ha anzi rivalutata tramutandola in un segno di liberazione dagli stereotipi di genere.
Oggi in tutto il mondo si assiste a fenomeni di mobilitazione spontanei come lo yarn bombing e l’urban knittering, veri e propri gridi di protesta pacifici contro le diseguaglianze di ogni tipo, sociali, razziali e di genere, contro gli aspetti più deleteri della globalizzazione, l’ecodevastazione del nostro pianeta e la dilagante realtà virtuale, nel cui freddo cyberspazio siamo allo stesso tempo strettamente connessi e spaventosamente isolati. Guardando al passato, ci accorgiamo che il lavoro a maglia è sempre stato un un filo conduttore che ha permesso all’umanità di attraversare in sicurezza i mari tempestosi delle transizioni epocali. Ed è per questo che ancora oggi può aiutarci a intrecciare relazioni in modo più creativo e a ritrovare il bandolo della matassa delle nostre vite.
Loretta Napoleoni, economista, saggista, consulente di governi e organizzazioni internazionali, ha insegnato Etica degli affari alla Judge Business School di Cambridge e ha presieduto il comitato contro il finanziamento del terrorismo per il Club de Madrid. Collabora con diverse testate, incluso il «Venerdì di Repubblica» e la giapponese «Facta». I suoi libri, tra cui Economia canaglia (2009) e ISIS. Lo Stato del terrore (2014), sono tradotti in molti paesi.
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