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“Prime luci del mondo”, la silloge poetica di Giulia Coppa

Giulia Coppa, dopo un romanzo fantasy e una raccolta di racconti, ci presenta una silloge poetica, intitolata “Prime luci del mondo”.

Prime luci del mondo (S4M Edizioni) è la silloge poetica di Giulia Coppa. Si tratta, per me, della terza collaborazione con questa autrice, che sa spaziare dalla poesia al romanzo fantasy, passando per i racconti. Se volete scoprire le altre pubblicazioni potete cliccare qui per conoscere la sua raccolta di racconti intitolata Fervore; se, invece, amate i romanzi fantasy scoprite Memorie di Taenelies, scritto a quattro mani con Eric Rossetti.

La poesia esprime l’anima e il cuore di coloro che si prodigano nella ricerca delle tormentate ispirazioni e della gioia che il mondo cela agli occhi meno indagatori. Prime luci del mondo è il sottofondo e la musica dolente e costante che ognuno di noi incontra nel lungo viaggio delle emozioni e dei sentimenti della vita. La sensibilità del cuore viene elevata nella natura, nei misteri dell’essere umano e nella gloriosa alba della luce sulla terra. Prime luci del mondo parla di tormenti, di pace, di felicità e di dolore.

Non è mai semplice raccontare una silloge poetica. La poesia ha in sé l’intimità di un pensiero, di un sentimento; sa cogliere stati d’animo improvvisi, momenti unici, raccontandoli in maniere non sempre palpabile. È necessario abitare la poesia, tenere il testo tra le mani, assaporarlo parola per parola per coglierne il senso profondo ed entrare a far parte di quel momento unico.

Il sospiro dell’aurora
Opale di luce
Arminia,
iridescente tragedia produce.

Ed è quello che ho fatto con le poesie di Giulia Coppa, le ho tenute per mano molto tempo e mi sono resa conto di avere di fronte un percorso scandito dalle meraviglie della natura e dal tempo che dispiega il corso della vita. Albe, tramonti, vento, luce, fiori, rumori, ombre sono elementi costitutivi del sentire di Giulia Coppa. La riproduzione di questi suoni, che all’apparenza sono l’insieme di vocali e consonanti, in realtà concentrano in sé l’essenza vere dell’essere umano, il quale si divide tra bene e male, tra gioia e dolore. In tal senso è interessante citare Dedica all’essere umano, di cui vi riporto la strofa conclusiva:

(…)
O tu, che ti cibi di te stesso,
del mondo e dell’animo sospeso
tra la morte e la paura del riflesso
della bestia che saresti senza aver compreso
dell’universo l’energia
che regge ogni attimo inatteso.

Giulia Coppa dimostra di essere una scrittrice a 360°, che sa trasformare le emozioni in parole e con questa raccolta padroneggia con una certa sicurezza il verbo poetico, seppur nel verso libero e spesso ermetico e chiudo questa mia recensione con una sua poesia, che testimonia questo suo narrare introspettivo e non sempre decifrabile in pieno.

Anima mia
Straziata anima mia.
Pervasa di odio anima mia.
Privata dell’amore anima mia.
Anima mia, fulgida melodia di vita.
Anima mia, sorgente di fresca sinfonia.
Anima mia, eterna si apre nell’assenza di tempo
la via.

Sono solo sequenze di parole | La silloge poetica di Martina Vivian

La recensione di oggi è un po’ diversa dalle altre, perché tratta di poesia ed era da un bel po’ di tempo che non me ne occupavo. Sono molto contenta di poterlo fare grazie a Chiado Books e a Martina Vivian, i quali mi hanno dato l’opportunità di leggere Sono solo sequenze di parole.

Martina Vivian è una giovane poetessa, che esprime attraverso i suoi componimenti le sensazioni più intime, le quali difficilmente si riesce a dire ad alta voce, ma partiamo dal titolo: Sono solo sequenze di parole. Già in questo abbiamo una indicazione precisa per orientarci nella lettura. La poesia di Martina Vivian è come un flusso continuo di parole, che emerge prepotente. La presenza dell’avverbio “solo” è come se desse alle parole un valore ben preciso, effimero e superficiale, ma ritengo sia solo il modo per dare ancora più rilievo a ciò che le parole vogliono dire. Prima di iniziare a leggere qualche poesia e trarre qualche considerazione, come ci suggerisce la prefazione, forniamoci di una vaschetta di gelato e in sottofondo mettiamo la musica dei Subsonica.

Dai primi versi si intravede tanta vita vissuta, persone che hanno attraversato l’esistenza di Martina e che le hanno lasciato qualcosa, nel bene e nel male:

Tu, mio.

Tu nemmeno lo sai cosa fai.
Ieri e oggi.
Prendi la mia anima fallata e ne aggiusti un pezzo alla volta,
ogni giorno.
Tu, che ogni giorno ci sei,
tu bello e godurioso come la colazione a letto la domenica mattina.
Tu…difficile a parole.
Tu e la tranquillità.
Tu sempre un passo dietro di me, perché se cado lo vedi prima.
Acceleri la velocità del tempo e del cuore.
Tu, mio.
Tu, tutto.

Questo tu a cui si rivolge in questo componimento, ricorre spesso nell’intera silloge poetica, ma a intermittenza. È come se Martina avesse scomposto un discorso unico in diversi spazi e momenti. Per far questo non servono grandi movimenti, bastano momenti, istanti, odori e colori improvvisi perché un ricordo, un desiderio riprenda vigore.

Diamante

Nel caos dei miei pensieri tu sei l’unico che ha il suo posto fisso.
Appari e scompari ad intermittenza.
Incancellabile.
Nel caos dei miei pensieri non mi fai dormire e non te lo dirò mai.

In ogni percorso di vita tanti sono gli avvenimenti e i sentimenti che ci colpiscono e ci rendono poi quello che siamo. Amarezza e desiderio irrealizzato sono ricorrenti nei versi di Martina, come in Meccanismo, in cui pone un dilemma. Siamo artefici del nostro destino o siamo in balia di esso?

Meccanismo

Meccanismi che si inceppano,
lancette che si fermano,
olio che finisce.
E’ il destino che decide?

A questa domanda non è facile rispondere, ma sicuramente a dominarci sono i sentimenti, a cui spesso ci si abbandona come in Notte:

Notte

Questa notte piango per sfogarmi,
Piango perché non sono capita.
Questa notte piango perché vivere è complicato.
Questa notte piango perché ti vorrei vicino.
Questa notte piango perché sono stanca.
Questa notte piango perché non so fare altro.
Questa notte piango perché brucio dentro.
Questa notte il mio pianto sarà la mia preghiera.

Marina Vivian con questa silloge percorre un tratto di vita, della sua vita, che potrebbe essere e coincidere per esperienze e sensazioni con quella di chiunque altra persona. Soltanto alla fine, quando abbiamo letto l’ultimo componimento, forse comprendiamo il senso intimo di quel “solo”. È quell’avverbio a racchiudere il senso della raccolta. La vita viene fuori impetuosa, diventando parola, ma alla fine cosa resta? Restano le parole stesse, alle quali viene dato l’arduo compito di custodie e tenere le fila di una intera esistenza, fatta di volti, umori, lacrime e sorrisi.

‘A maschera

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Eduardo De Filippo con Pulcinella interpretato da Achille Millo

‘A maschera… e cher’è ‘a maschera?

Nu piezzo e cuoio ca se mette ‘ncoppa a faccia

pe’ diventà caccherun’at.

Tene dui buchi pe verè o munn

e sotto, gli uocchi ponn essere

tristi, curiusi, intriganti…

te parlano d’a gente,

riren de’ sventure e piangono p’ ‘a felicità.

‘O naso stuort’ po’ fa spavent,

ma sape sentì o buono e o malament,

‘a famm e a disperazione.

Tu che me stai a ‘scutà, che pienz?

Neh rimmell… eh, nun o tien ‘o curagg e me parlà!

Ma io ‘o ssaccio che stai a pensà:

“Tu nun si niente, si sulo nu juoco”.

E sai che te rico? Che te stai a ‘ngannà…

Quann stong ‘ncoppa a scena

io so ‘na creatura che vive…

divent’ chell ca voglio essere

e chell ca tu te sient rint’ all’anema.

Respiro, parlo, tremo…

e si me vir jettat int’ a nu pizzo

nun pensà che so muort,

ma, si m’ascuot, io te parlo dint’a lu cor tuojo.

Tengo meza faccia

brutta e nera.

Song riso amaro e felicità,

so’ tutto e niente…

sono Pulcinella, per servirvi!

(Prima classificata Concorso Letterario Nazionale

“Mille anime di Pulcinella” – Napoli 8 giugno 2013

Sezione vernacolo)

Ombra

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Foto di Carmine Petruccelli

Tra quelle alte mura

di fragilità e timore

hai costruito l’alcova

di desideri inespressi.

 

La luce accecante del mattino

ricaccia, nell’oscurità

di una notte carica di ansie,

i turbamenti di un agire incompreso.

 

Solo un’ombra rimane,

come presenza  costante,

a oscurare l’azzurro

di uno cielo ormai stanco.

Siamo orfani

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Foto di Carmine Petruccelli

Le orme sulla terra

di un cammino senza meta

sono raschiate

dalla pioggia che ferisce

come le parole non volute.

 

Un pensiero senza sosta

grida forte:

siamo orfani

di un legame conosciuto

e subito perduto

nel buio di una insegna.

 

E nel cuore della notte

il tuo sguardo si fa vero

e veste di pudore

la nudità di un abbandono

nato solo per amore.

Riflessi in solitudine, la silloge poetica di Federica Voi

Riflessi in solitudine, edito da Narcissus, è il titolo di una silloge poetica a firma di Federica Voi. Giovane poetessa, acerba voce di sentimenti intimi, l’autrice ci propone un percorso poetico, il quale si configura come certosino lavoro di scavo interiore.

Copertina libro

È l’impulso dei sentimenti che, prepotente, spinge dall’interno e rende manifesto il gesto poetico. Traducendo questo percorso in poesia, il pensiero interiore diviene, attraverso la versificazione libera, esigenza di comunicazione e condivisione. La poesia, mezzo privilegiato dall’autrice, riesce a dire ciò che l’animo produce. Questa comunicazione è rivolta all’interno, quindi l’autrice parla a se stessa, come presa di coscienza di sé e della realtà in cui è immersa, ma è rivolta anche all’esterno. Non è per tutti, ma solo di chi ne può comprendere il valore autentico ed è rivolta a un mondo – la Natura – testimone silenzioso di un divenire inesorabile. L’autrice pone una separazione tra i due livelli e ciò è subito chiarito nei primi versi della poesia che apre la silloge:

Attraverso quella finestra

io scorgo la pioggia,

incessante. (…)

 

Questi versi, tratti da “Come la pioggia”, ci dicono – come a mettere le cose in chiaro dal primo momento – che il tutto si svilupperà attraverso questi due livelli. A volte si incrociano e quando ciò avviene il tratto poetico si fa più criptico e affannoso, come avviene in Dolore.

Come un urlo,

tace

nell’anima.

Spazza via

come una tempesta

incontrollabile.

Ed è dolore

che ti fa morire.

 La poesia di Federica Voi è caratterizzata da un forte accento di tristezza, vi è la volontà di abbandonarsi ad uno stato d’animo e, al contempo, a una forza esterna che è quasi gesto opprimente. Tutto ciò è necessario per poter sentire e capire. In “Soffoco” questa oppressione è chiaramente esplicitata, come nei venti componimenti che danno corpo all’intera silloge. Ma in essi c’è molto altro. Ritornano costanti i temi legati alla sensazione del vuoto, del silenzio, della solitudine, della fragilità e della indifferenza; temi importanti, temi forti che per l’autrice è necessario ribadire, quasi catarticamente, per poterne comprendere l’effettiva natura. La necessità di conoscere, di capire, di toccare con mano quanto di più angoscioso ci sia, tuttavia, fa emergere un dato importante: la speranza. Come una scintilla improvvisa in un fuoco che si sta spegnendo, Federica Voi attiva un moto positivo, forse un gesto istintivo, di conservazione, che le fa dire più di una volta Non mi arrendo oppure Ho bisogno di vivere. Ed è proprio questo il vero messaggio poetico di Federica Voi: il desiderio profondo di vivere una vita piena, in cui amarezze, illusioni, disillusioni, lacrime e dissapori ne sono gli ingredienti principali e necessari.

L’abbandono

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Foto di Carmine Petruccelli

Mi lascio cullare

dalla voce di cicale

che nell’ora del tramonto

parlano del calore del tuo abbraccio.


È  dolce il ricordo

di una stretta solo mia

che un tempo ti feriva

come un vetro sulla pelle.


Mi abbandono nei tuoi occhi

carichi di lacrime.

Rubo quel dolore 

che voglio anche mio 

e lo accolgo come il dono 

di un amore

fatto solo di poesia. 

Ho scelto

 

Foto di Carmine Petruccelli

Ho scelto

di prendere un arcobaleno 

per potertelo donare,

per poter vedere

la meraviglia nei tuoi occhi,

per darti la possibilità

di inseguire un sogno

che sembri aver dimenticato

alle prime ore dell’alba.

 

Ho scelto

di prendere quel sogno, 

di farlo crescere

per potertelo restituire.


Ho scelto

di prendere

la tua vita tra le mie mani

per proteggerla

e farla solo mia. 


Ho scelto

di prenderti la mano

e camminare

nella tua stessa direzione

anche se sbagliata.


Ho scelto

la tua debolezza

che nella notte

si rivela la mia sicurezza. 


Ho scelto

te per la tua purezza,

per la semplicità di quello sguardo

che dritto guarda al cuore

e lo riempie

di inconsapevole dolcezza.