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La dozzina stregata: “E poi saremo salvi” di Alessandra Carati

Uno straordinario romanzo di formazione, una saga familiare, l’epopea di un popolo

“E poi saremo salvi” di Alessandra Carati è uno dei sette finalisti del Premio Strega 2022. Il libro, edito da Mondadori, è stato presentato da Andrea Vitali:

«E poi saremo salvi non è solo la storia di Aida, profuga bosniaca che giunge in Italia appena in tempo per sfuggire agli orrori dei massacri. È anche quella di un padre a volte padrone e a volte bambino, di una madre che comprime il profondo e a tratti disperato amore per i figli al punto di dare talvolta l’impressione di essere assente. E infine è anche la storia di due schizofrenie entrambe vere: quella che ha lacerato i Balcani e l’altra, quella che affligge Ibro, il fratello di Aida, un crudo quadro di realtà che in alcuni passaggi diventa un commosso inno alle fragilità dell’essere umano. A ciò si aggiunge il pregio della scrittura di Alessandra Carati che non si concede al di più, non ha tempo da perdere. La storia che narra è una catena priva di anelli deboli o se si preferisce un rosario laico dove ciascun grano va tenuto tra le dita il tempo necessario per meditare ciò che gli spazi bianchi lasciano intendere. Il lettore goloso di novità vi trova di che soddisfare il suo appetito, il neofita potrebbe usare E saremo salvi come viatico per entrare con stupore nel mondo in cui una penna riesce a raccontare il bello e il brutto della vita, i ricatti dei sentimenti, la necessità dell’egoismo quando si sta per affogare. Anche la pace di chi riesce a salvarsi pagando il debito di scelte inevitabili destinate a diventare cicatrice dell’anima. Difficile staccarsi dalle pagine di questo romanzo fino alla silenziosa nevicata che lo chiude, offrendo al lettore l’ennesima sorpresa.»

Sinossi:

Aida ha appena sei anni quando, con la madre, deve fuggire dal piccolo paese in cui è nata e cresciuta. In una notte infinita di buio, di ignoto e di terrore raggiunge il confine con l’Italia, dove incontra il padre. Insieme arrivano a Milano. Mentre i giorni scivolano uno sull’altro, Aida cerca di prendere le misure del nuovo universo. Crescere è ovunque difficile, e lei deve farlo all’improvviso, da sola, perché il trasloco coatto ha rovesciato anche la realtà dei suoi genitori. Nemmeno l’arrivo del fratellino Ibro sa rimettere in ordine le cose: la loro vita è sempre altrove – un altrove che la guerra ha ormai cancellato. Sotto la piena della nostalgia, la sua famiglia si consuma, chi sgretolato dalla rabbia, chi schiacciato dal peso di segreti insopportabili, chi ostaggio di un male inafferrabile. Aida capisce presto che per sopravvivere deve disegnarsi un nuovo orizzonte, anche a costo di un taglio delle radici.

L’Autrice:

Alessandra Carati vive a Milano. E poi saremo salvi è il suo primo romanzo.

La dozzina stregata: “Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR” di Alessandro Bertante

“Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR” di Alessandro Bertante non cerca facili risposte ma apre nuove domande su uno dei periodi più drammatici della recente storia italiana.

Continua il nostro viaggio di scoperta dei dodici libri in corsa per il Premio Strega 2022. Oggi conosciamo il libro di Alessandro Bertante, “Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR” edito da Baldini + Castoldi.

Il libro è stato presentato da Luca Doninelli, che scrive:

«Mi permetto di consigliare alla vostra attenzione il romanzo Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR di Alessandro Bertante (Baldini+Castoldi).
Gli anni di piombo costituiscono, per l’Italia e per il mondo, una ferita ancora aperta. Parlare di quell’epoca, mettere insieme i pezzi di un puzzle così complicato (dalla Resistenza ai Servizi segreti, dalla passione ideologica alla delinquenza comune) è difficile per uno storico, e ancor più lo è per quei pochi, coraggiosi narratori che, a questi elementi generali, hanno voluto aggiungere quel fattore umano indispensabile per non ridurre la Storia a semplice teorema.
Speranze, passioni, rancori, illusioni attraversano questo impetuoso e ben documentato romanzo di Alessandro Bertante, che racconta l’emergere di un partito armato dentro la selva dello scontento giovanile tra il 1969, anno della strage fascista di Piazza Fontana, e il 1972, anno in cui il protagonista, Alberto, abbandona la lotta armata e torna a nascondersi nei meandri inquieti di una società che, in seguito, cercherà soprattutto di dimenticare il passato. Inizierà così l’età di quella che Pasolini chiamò l’omologazione culturale.
Il primo pregio del romanzo di Bertante è quello di ricostruire il clima umano di quel tempo, inserire i discorsi, gli slogan, le priorità di quel tempo e di quel mondo nelle giornate e nei pensieri di un giovane di quel tempo: l’ideologia intesa non solo come passione politica ma anche come fattore unificante per biografie che la vita borghese concepiva come sempre più frammentate (famiglia, lavoro, interessi, hobby ecc.).
Ma nel libro c’è dell’altro. La scena si apre con il terribile autunno del 1969, quando, e non è una banale coincidenza, lo stesso Bertante venne al mondo. L’inizio della guerra civile (perché tale è stata) coincide con una nascita, con lo schiudersi di una nuova generazione, che vivrà quegli anni di riflesso per poi schiantarsi nei terribili anni Ottanta e Novanta, già raccontati da Bertante nel suo fortunato Gli ultimi ragazzi del secolo.
Bertante è il narratore coraggioso e intelligente di quella generazione, la più sfortunata di tutte, vittima sacrificale di errori altrui. E il suo lavoro merita la nostra attenzione.»

Sinossi:

Milano, 1969. Università occupate, cortei, tensioni nelle fabbriche. Il 12 dicembre la strage di piazza Fontana. Alberto Boscolo ha vent’anni, viene da una famiglia normale, né ricca né povera, è iscritto alla Statale ma vuole di più. Vuole realizzare un proprio progetto politico. Deluso dall’inconcludenza del Movimento Studentesco, si avvicina a quello che di lì a poco sarà il nucleo delle Brigate Rosse. I mesi passano, Alberto partecipa alle azioni dimostrative, alle rapine di autofinanziamento e al primo attentato incendiario, ma il suo senso di insoddisfazione non si placa. Vuole agire sul serio. Il gruppo organizza il sequestro lampo di Idalgo Macchiarini, un dirigente della Sit-Siemens, e lo sottopone al primo processo proletario. «Mordi e fuggi », scrivono i brigatisti. La stampa batte la notizia; nei bar degli operai non si parla d’altro, le Brigate Rosse sono pronte ad alzare il livello dello scontro. In una metropoli nebbiosa, violenta e indimenticabile, Alessandro Bertante dà vita a una vicenda umana tumultuosa e vibrante, nella quale, intrecciando fiction e cronaca, vediamo scorrere i fatti cruciali che innescheranno la tragica stagione degli anni di piombo. Un romanzo che non cerca facili risposte ma che apre nuove domande su uno dei periodi più drammatici della recente storia italiana.

L’Autore:

Alessandro Bertante, narratore e saggista, vive a Milano. Fra i suoi romanzi ricordiamo Al Diavul (Marsilio 2008), Estate crudele (Rizzoli 2013), vincitore del Premio Margherita Hack, Gli ultimi ragazzi del secolo (Giunti 2016), Pietra nera (nottetempo, 2019) e Nina dei lupi (Marsilio 2011; nuova edizione nottetempo 2019). Insegna alla NABA, Nuova Accademia di Belle Arti.

La dozzina stregata: ‘Nova’ di Fabio Bacà

Nova, un libro diverso, letterario nel senso più seducente del termine, che racconta a scopo di riflessione. Parla di violenza e di vigliaccheria”

Il secondo libro della rubrica La dozzina Stregata, in corsa per il Premio Strega 2022, è il romanzo di Fabio Bacà, Nova, edito da Adelphi. Il libro è stato presentato da Diego De Silva, che scrive:

«Fabio Bacà è l’ex esordiente più anomalo che conosca. Alla terza pagina del suo primo romanzo, Benevolenza cosmica, ero già fuorviato dalla maturità di una scrittura in cui non c’era ombra di acerbo, di veniale. Come un musicista giovanissimo che suona lo strumento perfettamente, e per di più inventa soluzioni armoniche mai sentite.
A conquistarmi del tutto fu il senso dell’umorismo, una dote di cui pochi autori dispongono. Poi esce Nova, un libro diverso, letterario nel senso più seducente del termine, che racconta a scopo di riflessione. Parla di violenza e di vigliaccheria. A queste due categorie inflazionate dall’etica restituisce un senso culturale molto più autentico e comunemente sottostimato. La scrittura ha una puntualità e un’esattezza che mi hanno confermato il valore di un autore che oggi trovo ancora più forte di quando l’ho conosciuto. Presentarlo allo Strega è un vero motivo di orgoglio. Perché su Bacà avrei scommesso fin da subito.»

Sinossi:

Del cervello umano, Davide sa quanto ha imparato all’università, e usa nel suo mestiere di neurochirurgo. Finora gli è bastato a neutralizzare i fastidiosi rumori di fondo e le modeste minacce della vita non elettrizzante che conduce nella Lucca suburbana: l’estremismo vegano di sua moglie, ad esempio, o l’inspiegabile atterraggio in giardino di un boomerang aborigeno in arrivo dal nulla. Ma in quei suoni familiari e sedati si nasconde una vibrazione più sinistra, che all’improvviso un pretesto qualsiasi – una discussione al semaforo, una bega di decibel con un vicino di casa – rischia di rendere insopportabile. È quello che tenta di far capire a Davide il suo nuovo, enigmatico maestro, Diego: a contare, e spesso a esplodere nel modo più feroce, è quanto del cervello, qualunque cosa sia, non si sa. O si preferisce non sapere.

L’autore:

Fabio Bacà è nato nel 1972 a San Benedetto del Tronto, dove vive e lavora. Si è occupato di giornalismo per qualche anno prima di approdare all’insegnamento delle ginnastiche dolci. Ha scritto alcuni racconti brevi e un romanzo inedito. Nel 2019 Adelphi ha pubblicato il suo esordio Benevolenza cosmica.

La dozzina stregata: Randagi di Marco Amerighi

«Un libro che contiene la questione più importante: il coraggio di esplorarsi. Ed è lo stesso coraggio che Amerighi mette nella scrittura e nello sguardo di questo implacabile viaggio letterario» Marco Missiroli.

Marco Amerighi, con il suo libro “Randagi“, edito da Bollati Boringhieri è uno dei dodici finalisti del Premio Strega 2022.

A presentare il suo libro è stata Silvia Ballestra, che ne ha scritto così:

«I randagi di Marco Amerighi sono cuccioli, e poi giovani cani sciolti, alla ricerca di sé in un peregrinare tra amori e luoghi nel tentativo di sfuggire a famiglie, seppur presenti, spesso esplose. È il racconto di una generazione che diventa grande secondo i riti classici – studio, passioni, promesse, delusioni, amicizia, amore, sesso, lutti, scandali, dolore – e fatica a fare i conti con padri, quando non gaglioffi, sicuramente inadeguati. Vale per il protagonista Pietro Benati, giovane uomo quieto e perbene (ma anche per il fratello maggiore Tommaso) e per i due incasinati coetanei, Dora e Laurent, che diventeranno compagni del suo girovagare tra Pisa e Madrid. Sullo sfondo, la cronaca, appena accennata ma incombente nella sua violenza e perenne minaccia, racchiusa tra le botte ai ragazzi che hanno aperto gli anni Duemila e i terribili attentati terroristici nelle città. Randagi è, in questo, davvero una storia in grado di cogliere l’essenza di un tempo e dei giovani che, impotenti e spaesati, lo hanno abitato. Personaggi memorabili e una lingua bella e tornita, quella di Amerighi, che con misura e sapienza ci regala echi luminosi e ironici di toscanità anche classica. Un romanzo importante, libero, vitale, caratterizzato da un’affabulazione felice e trascinante, ricca e compiuta.»

Sinossi di Randagi:

A Pisa, in un appartamento zeppo di quadri e strumenti musicali affacciato sulla Torre pendente, Pietro Benati aspetta di scomparire. A quanto dice sua madre, sulla loro famiglia grava una maledizione: prima o poi tutti i Benati maschi tagliano la corda e Pietro – ultimogenito fifone e senza qualità – non farà eccezione.
Il primo era stato il nonno, disperso durante la guerra in Etiopia e rimpatriato l’anno dopo con disonore. Il secondo, nel 1988, quello scommettitore incallito del padre, Berto, tornato a casa dopo un mese senza il mignolo della mano destra. Quando uno scandalo travolge la famiglia, Pietro si convince che il suo turno è alle porte. Invece a svanire nel nulla è suo fratello maggiore Tommaso, promessa del calcio, genio della matematica e unico punto di riferimento di Pietro; a cui invece, ancora una volta, non accade un bel niente.
Per quanto impegno metta nella carriera musicale, nell’università o con le ragazze, per quanto cambi città e nazione, per quanto cerchi di tagliare i ponti con quel truffatore del padre o quella ipocondriaca della madre, la sua vita resta un indecifrabile susseguirsi di fallimenti e delusioni. Almeno finché non incontra due creature raminghe e confuse come lui: Laurent, un gigolò con il pallino delle nuotate notturne e l’alcol, e Dora, un’appassionata di film horror con un dolore opposto al suo. E, accanto a loro, finalmente Pietro si accende.
Con una trama ricca di personaggi sgangherati e commoventi, e una voce in grado di rinnovare linguaggi e stili senza rinunciare al calore della tradizione, Randagi è un abbagliante romanzo sulla giovinezza e su quei fragilissimi legami nati per caso che nascondono il potere di cambiare le nostre vite. Un affresco che restituisce tutta la complessità di una generazione: ferita, delusa e sradicata dal mondo, ma non ancora disposta a darsi per vinta.

L’autore

Marco Amerighi vive a Milano, dove lavora come traduttore, editor e ghostwriter per varie case editrici. Il suo romanzo d’esordio, Le nostre ore contate (Mondadori, 2018), ha vinto il premio Bagutta Opera Prima ed è stato pubblicato in Francia. Randagi è il suo secondo romanzo.

Premio La Ginestra a Sergio Givone

Sarà assegnato al professor Sergio Givone il Premio internazionale leopardiano La Ginestra 2021

È uno dei premi letterari leopardiani più amati e attesi in Italia e in Europa. Sarà la monumentale Villa Campolieto di Ercolano (NA) a ospitare DOMENICA 5 DICEMBRE 2021 alle ore 11.00 la quattordicesima edizione del Premio La Ginestra. Il Premio internazionale leopardiano celebra da sempre il poeta recanatese e i luoghi campani da lui più amati.

Il Premio La Ginestra – edizione 2021 sarà assegnato a SERGIO GIVONE, professore emerito di Estetica all’Università di Firenze: i suoi studi costituiscono un momento essenziale della riflessione intorno al nichilismo e al carattere tragico del pensiero moderno.

I saggi di Givone sono le tappe di un processo conoscitivo unitario, che va da Dostoevskij e la filosofia del 1986 a Disincanto del mondo e pensiero tragico del 1988 fino a Luce d’addio. Dialoghi dell’amore ferito del 2016. Tra questi estremi cronologici, intrecciati con la scrittura di tre romanzi, si collocano La storia del nulla del 1995, Il bibliotecario di Leibniz. Filosofia e romanzo del 2005 e la Metafisica della peste del 2012.

Questa la motivazione dell’assegnazione del Premio La Ginestra 2021 al professor Givone:

Nei testi di filosofi e di romanzieri, Givone mette in gioco i temi essenziali della sua indagine. Analizza il significato di un concetto capitale come il nulla o riflette intorno all’esperienza della peste, elevata a figura della condizione umana.

Lungo questa strada, che è nello stesso tempo ermeneutica ed estetica, l’incontro con le opere di Leopardi è fatale. Il pensiero tragico trova nelle sue riflessioni e nei suoi versi un punto di vista imprescindibile, che congiunge fatalità della morte e desiderio della vita. Per Givone Leopardi trasforma il dolore in consapevolezza. Attribuita «la colpa» «a quella che veramente è rea», l’uomo può stringere un patto con i suoi simili. La compassione e l’amore consentono di trovare un senso nel non senso dell’esistenza. La natura è tenebra, ma il cuore di tenebra della natura sprigiona luce – scrive Givone. Quella luce che gli uomini non hanno saputo accogliere, come intona l’esergo giovanneo apposto da Leopardi a La ginestra: «E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce». Nei testi di Leopardi Givone ritrova la ricchezza del pensiero tragico, che intreccia la coscienza del nulla e il destino della caducità con la potenza della poesia. La poesia “porta il nulla dentro di sé” ed è, nello stesso tempo, la consolazione da cui “l’anima riceve la vita”.

Il premio “La Ginestra” assegnato a Sergio Givone vuole testimoniare il vigore speculativo delle sue ricerche e la fecondità della prospettiva, “celestiale e infera”, con cui egli interpreta l’avventura umana e poetica di Giacomo Leopardi.

Nel corso degli anni, il Premio La Ginestra è stato assegnato a studiosi come Aldo Masullo, Gilberto Lonardi, Luigi Blasucci, Antonio Prete, Lucio Felici, al filosofo Massimo Cacciari e al regista Mario Martone. Nel corso dell’ultima edizione – tenutasi nel 2019 – il Premio internazionale leopardiano è stato assegnato al cantautore Roberto Vecchioni, che proprio in quell’anno celebrò il duecentesimo anniversario de “L’Infinito” del Leopardi pubblicando un disco dal titolo omonimo.

Premio Bacarella 2021 a Ema Stokholma per “Per il mio bene”

Vince il Premio Bancarella 2021 Ema Stokholma, che ha ricevuto 140 voti per il suo romanzo “Per il mio bene”

Ema Stokholma vince la 69° edizione dello Premio Bancarella con il suo libro “Per il mio bene” (HarperCollins) con totale di 140 voti! I librai indipendenti scelgono la vita complicata, difficile, costellata di abusi e carica di eccessi di Morwenn Moguerou, in arte Ema Stokholma. Da nota e amata conduttrice radiofonica a vincitrice del Premio Bancarella, i votanti hanno saputo cogliere la dolcezza di questa ragazza che si racconta descrivendo tutte le pagine più delicate e personali della sua vita.

Fonte immagine: https://www.instagram.com/p/CRe25Ksrh_4/

Una sestina molto variegata, con titoli e contenuti che hanno spaziato da una cena immaginaria all’ascesi dell’arte a fedeli ricostruzioni storiche fino a un avvincente thriller. La classifica definitiva ha visto piazzarsi al secondo posto “La cena degli dei” di Marino Bartoletti, Gallucci (93 voti), terzo posto a pari merito “Io sono la strega” di Marina Marazza, Solferino (79 voti) e “Non salvarmi” di Livia Sambrotta, SEM (79 voti), a seguire “Arte è liberazione” di Tomaso Montanari e Andrea Bigalli, Edizioni Gruppo Abele (65 voti) e “La ballata della città eterna” di Luca di Fulvio, Rizzoli (51 voti).

La manifestazione si è svolta il 18 luglio 2021 in Piazza della Repubblica a Pontremoli, come da tradizione, e ha visto la piazza piena, seppur nel rispetto delle norme anti-Covid vigenti.

Fra le personalità, oltre all’Onorevole Cosimo Maria Ferri, padrone di casa, il Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani e i sindaci di Pontremoli, Città del Libro, di Mulazzo, Culla dei librai, e del vicino Comune di Filattiera.

“Un’edizione emozionante con interpreti di prim’ordine, una commossa Ema Stokholma che rende merito a un grande lavoro di selezione ed organizzazione del premio. Ci rivedremo nel 2022 quando festeggeremo i 70 anni di questo meraviglioso premio” questo il commento a caldo del Presidente della Fondazione Città del Libro Ignazio Landi.

Edith Bruck terza classificata al Premio Strega con “Il pane perduto”

Edith Bruck con il suo toccante romanzo “Il pane perduto” si aggiudica il terzo posto, ma ha già vinto lo Strega Giovani

Edith Bruck è la terza classificate all’edizione 2021 del Premio Strega con il suo romanzo “Il pane perduto”, edito da La Nave di Teseo. Già le era stato attribuito il Premio Strega Giovani 2021.

Edith Bruck oltre ad essere una scrittrice è anche poetessa, traduttrice e regista, ma è principalmente una testimone della Shoah. Le sue origini sono ungheresi, ma è naturalizzata italiana. Con la sua famiglia di fede ebraica ha subito gli orrori della Shoah fino alla deportazione nel 1944.

Edith Bruck aveva tredici anni, quando dal ghetto di Sátoraljaújhely dove viveva viene deportata ad Auschwitz e poi in vari campi di sterminio tedeschi, tra cui Dachau e Bergen-Belsen, dove sarà liberata nell’aprile del 1945. Con lei ritorna anche la sorella, ma non i genitori, un fratello e altri familiari.

Dopo la liberazione, per Edith Bruck di peregrinazioni fino a quando si stabilisce definitivamente in Italia. Con la pubblicazione di Chi ti ama così (1959), la Bruck inizia la sua carriera di scrittrice e testimone della Shoah. Sceglie di utilizzare la lingua italiana, perché le dà la possibilità di raccontare l’esperienza del campo di concentramento con il giusto distacco.

Nella sua carriera ha ricevuto diversi premi letterari, è stata tradotta in molte lingue e lo scorso il 29 aprile il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella le ha conferito l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella,con la scrittrice Edith Bruck alla quale ha conferito l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. (foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Tra le sue opere più famose ci sono: L’amore offeso (2002), Lettera da Francoforte (2004), Andremo in città (2006), Quanta stella c’è nel cielo (2009), Mio splendido disastro (2011), La donna dal cappotto verde (2012).

La sua carriera è segnata anche da importanti collaborazioni e dal legame sentimentale e artistico con Nelo Risi, poeta e regista, che prendendo spunto da un racconto di Bruck, ha realizzato il film Andremo in città nel 1966.

Il 20 febbraio 2021, a sorpresa, Edith Bruck ha ricevuto la visita privata di Papa Francesco, che dopo aver letto la lettera a Dio inserita proprio ne Il pane perduto, ha voluto conoscerla.

Donatella Di Pietrantonio al secondo posto al Premio Strega con Borgo Sud

L’edizione 2021 del Premio Strega si è conclusa con la vittoria di Emanuele Trevi, ma Donatella Di Pietrantonio si aggiudica il secondo posto

Donatella Di Pietrantonio si aggiudica il secondo posto dell’edizione 2021 del Premio Strega con il suo romanzo Borgo Sud, edito da Einaudi.

Nata ad Arsita, in provincia di Teramo, Donatella di Pietrantonio si trasferisce per studio all’Aquila dove si è laureata in Odontoiatri. Successivamente si stabilisce a Penne, in provincia di Pescara, dove esercita la professione di dentista pediatrico e dove vive tuttora.  

Molto amata dai lettori, è diventata nota per il romanzo L’Arminuta, romanzo pubblicato nel 2017 per Einaudi, ma il suo esordio è del 2011 con il romanzo Mia madre è un fiume, ambientato nella sua terra natale. Nello stesso anno pubblica il racconto Lo sfregio sulla rivista Granta Italia di Rizzoli.

Nel 2013 esce in libreria il suo secondo romanzo, Bella mia, dedicato e ambientato all’Aquila. L’opera parla di perdita e dell’elaborazione del lutto, temi influenzati dal terremoto che colpì la città nel 2009.

Per questo libro è stata candidata al Premio Strega ed ha vinto il Premio Brancati nel 2014, mentre nel 2020 vince il premio letterario internazionale “città di Penne-Mosca”.

Nel 2017 per l’Arminuta vince il Premio Campiello e il Premio Napoli. Nel 2019, dal romanzo è stato tratto uno spettacolo teatrale prodotto dal Teatro Stabile d’Abruzzo.

La dozzina stregata: L’anno che a Roma fu due volte Natale di Roberto Venturini

“Roberto Venturini ha scritto un grande affresco della contemporaneità”.

Roberto Venturini con il suo ultimo romanzo è finito nella dozzina del Premio Strega. “L’anno che a Roma fu due volte Natale“, edito da SEM, è stato presentato da Maria Pia Ammirati.

Ecco cosa ha scritto Maria Pia Ammirati nella presentazione:

«Con il romanzo di Roberto Venturini L’anno che a Roma fu due volte Natale (SEM), ci troviamo di fronte a un dramma dall’inizio alla fine con al centro però la sorpresa di una grande scena dai rapidi lampi di comicità. Non un paradosso, ma una tecnica combinatoria che fa della narrazione di Venturini una vera e propria miscela di generi, dove la tragedia si combina al grottesco. Il tutto armonizzato dalla fitta trama di rimandi, citazioni, metafore e analogie strappate al caos della contemporaneità, e dalla rutilante società dell’immagine fatta di televisione, pubblicità, politica, star system. Sulla scena della periferia marittima romana si muove un mondo di perdenti, come nell’esplicita citazione di Amore Tossico di Caligari. I toni da favola nera, da storia surreale, non sviano mai dalla cocente tragedia della realtà che lo scrittore coglie a pieno. Roberto Venturini ha scritto un grande affresco della contemporaneità.»

Sinossi

Villaggio Tognazzi, Torvaianica, sul litorale romano. Alfreda, un’accumulatrice seriale con i primi segni di demenza senile, ha reso il suo villino un tugurio invivibile, dove vive per inerzia tra insetti e cianfrusaglie. Sopra di lei abita il figlio Marco, un giovane fattone, profondamente insicuro, la cui unica occupazione è accudire la madre. Lo spettro di un’azione da parte dell’Ufficio d’igiene rende necessario svuotare in fretta la casa, pena lo sfratto. Alcuni sgangherati amici, assidui frequentatori del bar Vanda, si attivano per sgomberarla, ma la proprietaria si oppone.
Da qualche tempo Alfreda soffre di disturbi del sonno durante i quali le appare Sandra Mondaini, che ha conosciuto ai tempi d’oro del Villaggio Tognazzi, quando era il ritrovo estivo del jet set culturale italiano. Alfreda, nei suoi deliri notturni, immagina di parlare con l’attrice, sofferente per la “separazione” dal marito Raimondo Vianello, che riposa a Roma mentre lei è sepolta a Milano. Anche Alfreda non si è mai ricongiunta al marito, scomparso in mare durante una pesca notturna e mai più ritrovato.
Alfreda decide di mettere fine a quella “ingiustizia” e pone al figlio una condizione per lo sgombero del villino: trafugare la salma di Raimondo dal Verano e portarla al cimitero di Lambrate, da Sandra. Dopo le prime resistenze, Marco getta le basi del piano, aiutato da Carlo, un vecchio pescatore, e da Er Donna, il travestito più ambito della Pontina.
Con il suo secondo romanzo Roberto Venturini si conferma un autore particolarissimo, dotato di un umorismo sottile e in grado di creare situazioni surreali, abitate da personaggi indimenticabili.

L’Autore

Roberto Venturini è nato nel 1983 a Roma. È autore, soggettista e sceneggiatore della pluripremiata serie web che ha ispirato il suo fortunato esordio letterario: Tutte le ragazze con una certa cultura hanno almeno un poster di un quadro di Schiele appeso in camera (SEM, 2017), vincitore del Premio Bagutta Opera Prima.

Premio Viareggio-Rèpaci 2021: scelte le terne finaliste

Annunciate le terne finaliste del Premio Viareggio-Rèpaci 2021 e i vincitori dei premi speciali: Roberto Benigni e Igiaba Scego tra i vincitori

Sono state presentate le terne finaliste del Premio Viareggio-Rèpaci 2021. La cerimonia di premiazione, in cui scopriremo i vincitori, si terrà il prossimo 28 agosto a Viareggio. A scegliere le terne è stata la giuria presieduta da Paolo Mieli e composta da personalità appartenenti al mondo della cultura: Maria Pia Ammirati, Antonella Anedda, Camilla Baresani, Maria Borio, Gabriella Buontempo, Luciano Canfora, Leonardo Colombati, Diamante D’Alessio, Mario Desiati, Costanza Geddes da Filicaia (anche segretaria del premio), Emma Giammattei, Luciano Luciani, Michele Masneri, Mirella Serri.

Le terne finaliste

Sezione Poesia

  • Andrea Bajani con Dimora naturale (Einaudi)
  • Vittorino Curci con Poesie (2020-1997) (ed. La Vita Felice)
  • Flavio Santi con Quanti (truciolature, scie, onde) 1999-2019 (Edizioni Industria & letteratura)

Sezione Saggistica

  • Alessandra Necci con Al cuore dell’impero. Napoleone e le sue donne fra sentimento e potere (Marsilio)
  • Walter Siti con Contro l’impegno. Riflessioni sul bene in letteratura (Rizzoli)
  • Gianni Sofri con L’anno mancante. Arsenio Frugoni nel 1944-45 (il Mulino)

Sezione Narrativa

Premi speciali

  • Premio Internazionale 2021 va a Igiaba Scegoper il suo costante e meritorio impegno, espresso nella sua attività di scrittrice e giornalista, sempre a favore del dialogo fra culture e per i temi di grande spessore sociale e intellettuale che affronta nelle sue opere, come quelli della migrazione e della transculturalità“.
  • Premio per il Giornalismo va a Annalena Benini che affronta dalle pagine de “Il Foglio” temi di attualità e cultura con una straordinaria tempra e competenza e che ha sperimentato anche il giornalismo televisivo come autrice e conduttrice“.
  • Premio Speciale Città di Viareggio va a Roberto Benigni

Il Sindaco di Viareggio, Del Ghingaro ha dichiarato: «Un piacere assegnare il premio Speciale Città di Viareggio ad una personalità così importante e sarà per me un privilegio consegnarlo. La città di Viareggio sarà onorata di accogliere Benigni per la serata finale: una presenza a maggior ragione gradita, sia perché in concomitanza con l’anno dantesco che ci accingiamo a celebrare, sia perché preziosa sottolineatura di un’edizione che inaugura il percorso per la candidatura di Viareggio quale Capitale Italiana della Cultura per l’anno 2024».

Il Presidente Paolo Mieli ha detto: “Sono particolarmente felice di poter onorare con un Premio così significativo per noi del Viareggio – Rèpaci l’affetto ricambiato all’artista e al genio di Roberto Benigni da parte mia e della giuria tutta. Sarà un vero onore festeggiarl durante la serata finale”.