Segnalazione | Un Campari a Veracruz, il libro di Gianni Morelli

Un romanzo di sguardi, entusiasmi e illusioni. Una lunga rincorsa attraverso le chiacchiere di un bar pieno di storie, birre, Campari, scetticismo e partecipazione.

Dallo scorso 24 marzo è disponibile in libreria e negli store online “UN CAMPARI A VERACRUZ”, il nuovo romanzo dello scrittore Gianni Morelli, edito da Morellini Editore. Dopo “Amori, altopiani e macchine parlanti” (Garzanti) e “Rosso Avana” si completa la trilogia latinoamericana con una straordinaria narrazione intrisa di realismo magico.

“Questo è un romanzo di sguardi, entusiasmi e illusioni. Una lunga rincorsa attraverso le chiacchiere di un bar pieno di storie, birre, Campari, scetticismo e partecipazione. Alla ricerca di una regina senza nome e della sua limousine bianca che appare e scompare tra le ombre della Sierra, nel Messico meridionale”spiega Gianni Morelli.

Sinossi

Una notte, nel porto di Veracruz, Yani, un sarto italiano, vede sbarcare da una grande nave una limousine bianca su cui sale una donna misteriosa che diventa il suo sogno e il suo tormento. La rincorrerà, grazie agli amici del Bar Mocambo, fino alla città degli zapotechi, sulla costa del Pacifico. Nel difficile percorso verso la meta, le notizie vere e quelle false si intrecciano con altre vicende dei clienti del Mocambo, e con le loro discussioni. Il lento disvelamento del mistero continua a Juchitán, nel profondo sud del Messico, lato Pacifico, una cittadina famosa per le sue donne che guidano la vita della comunità. Dopo tutte le ipotesi fatte nelle notti del Mocambo, la donna misteriosa si rivelerà essere la regina del profumo Camay. Ha girato per mesi le città delle Antille e della Florida con la limousine bianca per fare propaganda. Lei e Yani si incontrano e si riconoscono, cercano di spiegarsi la magia di quella notte a Veracruz. Sotto le lenzuola certi dettagli non hanno più importanza.

L’autore

Gianni Maurizio Morelli è nato nella seconda metà del XX secolo. Ha viaggiato e vissuto in molti paesi, soprattutto in America Latina e negli Stati Uniti. Ha pubblicato il suo primo libro nel 1979. Ha lavorato per il Consiglio Nazionale delle Ricerche e dirige il laboratorio editoriale ICEIGeo di Milano.

È stato coideatore delle guide Clup. Ha collaborato e scritto, tra gli altri, per Istituto Geografico De Agostini, Franco Angeli, Smemoranda, Mondadori, Giunti, White Star, National Geographic. Ha pubblicato corsi di geografia per la scuola e numerosi saggi.

“Un Campari a Veracruz” è il terzo romanzo di una trilogia latinoamericana che comprende Amori, altopiani e macchine parlanti (Garzanti) e Rosso Avana (ADV Publishing House, Lugano), entrambi tradotti in spagnolo.

“Il sorriso di Caterina”, il romanzo sulla madre di Leonardo di Carlo Vecce

 “Un po’ per caso, qualche anno fa, sono venuti fuori questi documenti e ho iniziato a studiarli per dimostrare che questa Caterina schiava non fosse la madre di Leonardo, ma alla fine tutte le evidenze andavano in direzione contraria, soprattutto questo documento di liberazione”

Un documento che lo studioso Carlo Vecce ha ritrovato nell’Archivio di Stato di Firenze, ci racconta la vera storia di Caterina, la madre di Leonardo da Vinci: una giovane originaria dell’antica Circassia, regione del Caucaso, arrivata come schiava a Firenze e liberata con un atto scritto dal notaio Piero da Vinci, padre di Leonardo, il 2 novembre 1452. Questa storia, Carlo Vecce ce la racconta nel suo nuovo libro “Il sorriso di Caterina”, edito da Giunti.

Sinossi

Caterina è una ragazza selvaggia, nata libera, come il vento. Corre a cavallo sugli altopiani del Caucaso, ascolta le voci degli alberi, degli animali, degli dèi e degli eroi. Il suo è un popolo al di fuori del tempo; la sua lingua, la più antica e incomprensibile del mondo. Poi, un giorno, improvvisamente, viene trascinata con violenza nella Storia. Catturata alla Tana, l’ultima colonia veneziana alla foce del Don, inizia un viaggio incredibile per il Mar Nero e il Mediterraneo. Vede le cupole d’oro di Costantinopoli alla vigilia della conquista turca, vede Venezia sorgere dalle acque come in un sogno, e infine Firenze nello splendore del Rinascimento. Ma non è un viaggio di piacere. Caterina è una schiava, una cosa. La sua esistenza si intreccia ora con quella di pirati, soldati, prostitute, altre schiave come lei, avventurieri e mercanti, uomini e donne che l’hanno comprata, rivenduta, affittata. La sua storia è grande e liquida e mobile come il mare che lei ha attraversato. La storia di una ragazza a cui qualcuno ha rubato tutto, il corpo, i sogni, il futuro, ma lei è stata più forte, da sola ha percorso le strade del mondo senza avere paura, ha sofferto, ha lottato, ha amato, ha riconquistato la sua libertà, e la dignità di essere umano. Uno dei figli che ha messo al mondo quando era ancora schiava, Caterina l’ha amato più della sua vita. E sa che lui l’ha amata allo stesso modo, anche se non ha mai potuto dirglielo, non ha mai potuto chiamarla mamma, e lei doveva fingere che non fosse suo figlio. La sua felicità è stata dargli tutto quello che aveva: il suo infinito amore per la vita, per le creature e per la libertà. Il nome di quel bambino, lo conosciamo tutti. Era Leonardo. Anche a noi Caterina dona gioia e libertà, ma ci chiede molto in cambio. Svegliarci, come da un lungo sonno senza sogni. Aprire gli occhi. Capire che la sua non è la storia di un passato lontano e favoloso. È la storia di oggi: di una straniera al gradino più basso della scala sociale e umana, di una donna scesa da un barcone e venuta da chissà dove, senza voce né dignità. Per questo bisogna raccontarla. Per Caterina. Per le sue sorelle che muoiono nel mare che lei ha varcato, e che soffrono intorno a noi.

L’autore

Carlo Vecce: studioso della civiltà del Rinascimento, si è dedicato soprattutto alla figura e all’opera di Leonardo da Vinci. Per Giunti ha pubblicato, con Carlo Pedretti, il Libro di pittura (1995) e il Codice Arundel (1998), e numerosi altri saggi, fino al recente La biblioteca di Leonardo (2021). Ha diretto programmi di cooperazione culturale in India e in Cina, ed è stato distaccato all’Accademia dei Lincei. Insegna all’università di Napoli L’Orientale.

Segnalazione | CLEOPATRA, la schiava dei romani di Giuseppe Lorin

Nel suo saggio Cleopatra la schiava dei romani l’autore Giuseppe Lorin ricostruisce il ritratto storico di una regina, di una donna oltre i miti, le leggende e la propaganda

Nel libro CLEOPATRA, la schiava dei romani, Viaggio introduttivo nella terra dei faraoni, capiamo subito il tipo di lavoro di ricerca e ricostruzione storica operato dall’autore. Se è vero infatti, che la figura di Cleopatra è nota ai più come la spregiudicata amante di Cesare, la rivale di Ottaviano Augusto, la compagna di Marco Antonio, è altresì vero che l’importanza politica che la sovrana dell’Alto e Basso Egitto si è persa tra interpretazioni della figura storica e quella leggendaria.

L’opera sarà disponibile nelle migliori librerie, store online e sul sito di Bonfirraro Editore, da venerdì 10 marzo.

Ecco perché Giuseppe Lorin nella sua ricostruzione politica e storica della regina della leggenda non può prescindere dall’evoluzione socio politica dello Stato d’Egitto, da terra dei faraoni a importante snodo geopolitico, da culla della vita a colonia.

Il saggio verrà presentato a Roma, martedì 21 marzo alle ore 16, presso la Sala Consiliare Martiri di Forte Bravetta del Municipio Roma XII in via Fabiola 14. Oltre all’autore interverranno Elisa Carrisi e Piero Meogrossi. Monologo interpretato da Chiara Pavoni e letture di Michela Zanarella.

Riferendosi alla regina Cleopatra l’autore ci spiega quindi che “Di certo la sua storia fu segnata dall’incontro con gli uomini più potenti del suo tempo che, pur sedotti dal suo fascino fatto di intelligenza e cultura, riuscirono a piegarla ai loro progetti politici. Progetti che Cleopatra accettò per trarne vantaggio per il suo regno, per se stessa e per i suoi figli. La sua politica mirò sempre alla tutela dell’identità e dell’indipendenza della sua dinastia tolemaica. Troppi romanzi, troppe versioni cinematografiche e teatrali hanno fatto sì che si sviluppasse la necessità di “epurare” la vera immagine della regina Cleopatra andando alla ricerca, aggiunge l’autore, “disperata” almeno per lui, di una documentazione storica sulla personalità e sull’attività politica della regina, in quanto mancano informazioni concrete da parte delle fonti contemporanee. È stato inevitabile parlare del prima e del dopo, per comprendere l’unicità della cultura della quale Cleopatra è figlia, ma anche ultima rappresentante del mondo dei faraoni.

“Un lavoro laborioso, quello di Lorin” dice l’editore Bonfirraro, “frutto del lavoro di una ricerca durata oltre quattro anni e che restituisce un’immagine completamente diversa di Cleopatra. Lorin ha saputo cogliere il meglio da questo lungo lavoro e indagare a fondo, fra i personaggi dell’epoca, per restituire la giusta dignità a un personaggio della storia di grande spessore”.

L’Autore

è nato a Roma, dove vive. Scrittore, attore, regista,saggista e giornalista pubblicista.

Nel 2009, ha pubblicato con Tespi-Nicola Pesce Editore, Manuale di dizione con la prefazione di Corrado Calabrò, già garante della Comunicazione Italiana, e contributi di Dacia Maraini.

Per la D&M, nel 2013, ha pubblicato Da Monteverde al mare con prefazione del principe Jonathan Doria Pamphilj, nel 2015 per lo stesso editore pubblica Tra le argille del tempo, il primo romanzo post fantastorico e, a seguire, nel 2016, Roma, i segreti degli antichi luoghi. Per Alter Ego Edizioni, nel 2017, pubblica Roma la verità violata.

Nel 2018, per Bibliotheka Edizioni pubblica Transtiberim, Trastevere, il mondo dell’oltretomba, una guida particolareggiata dei luoghi e dei monumenti che si trovano sulla sponda destra del fiume Tevere. A seguire, nell’aprile 2019, il saggio Dossier Isabella Morra con prefazione di Dante Maffia, Bibliotheka Edizioni; per la stessa casa editrice Cistiberim, umbilicus urbis Romae”, vol. 1, e Cistiberim, il potere e l’Ambizione, vol. 2. I due libri si pregiano della prefazione dell’ultimo discendente di Gian Lorenzo Bernini.

Segnalazione | “Vichinghi. Storia degli uomini del nord” di Alberto Massaiu

Dai gelidi fiordi scandinavi a ogni angolo dell’Europa e del Mediterraneo: il lungo e avventuroso viaggio nella storia dei norsemen, gli uomini del Nord

E’ in libreria “Vichinghi. Storia degli uomini del nord” di Alberto Massaiu, edito dalla casa editrice DIARKOS.

Sinossi:

Le gesta dei vichinghi affascinano per la loro portata mitica e geografica. Norvegesi, danesi e svedesi uscirono dalle tenebre della storia nell’VIII secolo, infrangendosi come gelide ondate di burrasca sulle coste e i fiumi d’Europa. Con le loro lunghe navi dalla testa di drago navigarono dall’Atlantico al Mediterraneo, fondando insediamenti dalle steppe dell’Est alle isole ghiacciate di Islanda e Groenlandia, fino al Canada. Guerrieri di sangue norreno servirono nella guardia degli imperatori romani d’Oriente, mentre altri fondarono potenti regni sulle isole britanniche, in Francia, in Russia e persino in Italia meridionale, lasciando un’impronta indelebile. La loro furia in battaglia, unita alla fede in ancestrali divinità, ne fece il terrore dei cronisti cristiani dell’epoca. Per quasi tre secoli sembrò che la civiltà sarebbe collassata sotto la loro spada. Alla fine, però, anche l’epopea degli uomini del Nord ebbe termine: qui è raccontata la loro storia.

L’Autore:

Alberto Massaiu (Sassari, 1989), laureato in Giurisprudenza alla Luiss Guido Carli di Roma, si interessa di tradizioni antiche, leggende, geografia storica, strategia militare, geopolitica. Collaboratore della rivista «Axis Mundi», dal 2015 cura un blog (albertomassaiu.it) con centinaia di articoli di divulgazione in cui cerca di trasmettere la sua passione per il passato in modo semplice e accessibile a tutti. Ha pubblicato tra il 2018 e il 2019 due romanzi ucronici: Cronache di Bisanzio. Anno Domini 1505 e Cronache di Bisanzio. Bellum Civile. Nel 2021 ha pubblicato il racconto breve La visita dei Franchi all’interno della raccolta Byzantion. Racconti da Costantinopoli.

Segnalazione | Anna Bolena. Potere e seduzione di Cristina Penco

«Nessuno avrebbe mai detto che quella particolare fanciulla, che tanto affascinò la nobiltà inglese, potesse cambiare per sempre il corso degli eventi della dinastia Tudor e di tutta l’Inghilterra».

Intelligente, libertina, ambiziosa, orgogliosa, vittima innocente e donna scandalosa: Anna Bolena, una delle protagoniste più famose della storia inglese, divenne celebre per essere stata colei che diede il via allo Scisma anglicano, alla riforma della Chiesa inglese e alla diffusione del protestantesimo attraverso il divorzio di Enrico VIII e Caterina d’Aragona. Ma andò proprio così, o quella rivoluzione – a cui Lady Boleyn diede il suo contributo determinante – prese piede anche sulla base di forze sinergiche in atto, come il braccio di ferro tra il potere temporale e l’autorità papale e gli interventi di contrasto alle mire espansionistiche dei regni continentali?

Tutto ciò in un contesto di instabilità della neonata monarchia Tudor, guidata inaspettatamente dal rampollo “ruota di scorta” Henry che, con l’attuale duca di Sussex, oltre all’omonimia condivideva il destino dinastico di “Spare”, il pezzo di ricambio, con tutto ciò che una simile posizione comportava. Dopo mille giorni sul trono, Anne, passata da essere ex amante reale a regina consorte – una parabola, quest’ultima, che si è ripetuta in tempi recenti, a distanza di oltre cinque secoli da allora – nonché madre della gloriosa Elisabetta I, fu condannata a morte per presunte infedeltà coniugali, incesto e pratica della stregoneria.

Eppure, lettere e documenti – alcuni ancora poco noti – riaffiorati da più di cinquecento anni fa ci consegnano una ricostruzione storica molto più articolata e complessa, da cui emerge l’immagine di un’antieroina controcorrente, incredibilmente moderna, che, tra luci e ombre – come quelle dell’epoca in cui visse – ha lasciato un segno indelebile, nel mondo britannico e non solo.

«Mettetemi alla prova, buon re, processatemi, ma fate in modo che io sia sottoposta a un processo giusto, in cui non siedano come accusatori e giudici i miei nemici giurati; fate che sia un processo pubblico, perché la mia verità non teme vergogna!»

L’Autrice

Cristina Penco, nata a Genova nel 1980, giornalista, scrive di famiglie reali, celebrities, costume e società, lifestyle, attualità e spettacolo per giornali dedicati alla cultura e alle eccellenze in Italia e nel mondo, riviste per la famiglia e periodici femminili. È stata ospite in trasmissioni nazionali come Vite da copertina, Unomattina in famiglia e Detto Fatto. Con Diarkos ha pubblicato Meghan Markle. Una Duchessa ribelle” nel 2019, La saga dei Windsor nel 2020 e I Windsor nel 2022.

Firenze Archeofilm, dal primo marzo al via il Festival internazionale di Cinema di Archeologia, Arte e Ambiente

Il grande cinema che racconta le vicende dell’uomo

Dal primo al cinque marzo a Firenze – Cinema La Compagnia – si terrà il Festival internazionale di Cinema di Archeologia, Arte e Ambiente. (Leggi il programma completo).

Per cinque giornate, mattina e pomeriggio il meglio della produzione mondiale sui temi di Archeologia, Arte e Ambiente.

• In programma 80 film, tra cui moltissime anteprime, provenienti da 16 nazioni diverse
• Sezione “Original Sound” con film in lingua originale (greco, spagnolo, francese, portoghese, turco)

Giuditta Pruneti, direttore “Firenze Archeofilm, ha dichiarato:

FIRENZE ARCHEOFILM 2023. Potremmo presentarlo come il Giro del mondo in 80 film. Il mondo dell’archeologia, della storia, dell’arte, dell’ambiente, tra nuove scoperte e “vecchie” ma sempre affascinanti storie. È l’uomo che attraverso il cinema racconta se stesso, omaggia il proprio passato, un mare non sempre limpido in cui però è fondamentale imparare a specchiarsi.
Un festival che ogni anno rinnova la ferma volontà di farsi promotore di film e documentari che in molti casi troverebbero, ingiustamente, scarsa visibilità. Sempre lontano da scontati sensazionalismi, nel pieno rispetto della linea dettata da Archeologia Viva, rivista organizzatrice dell’evento.
Questa quinta edizione dà voce a una selezione di ben ottanta documentari arrivati da ogni angolo del pianeta: Francia, Stati Uniti, Spagna, Malesia, Regno Unito, Italia, Iran, Germania, Australia, Portogallo, Turchia, Cina, Indonesia, Grecia, Svizzera, Brasile… Una voce che parla molte lingue ma che ci comunica lo stesso amore e lo stesso rispetto per l’Uomo che è stato, e forse speranza per l’Uomo che sarà.
Grazie dunque ai registi e ai produttori che ogni anno ci propongono e affidano le loro opere. Grazie all’Università di Firenze, ai docenti, che credono nella nostra manifestazione e agli studenti, donne e uomini del futuro. Grazie al Museo Fiorentino di Preistoria e Protostoria “P. Graziosi”, una perla nel cuore della città, che vi invitiamo a visitare (se ancora non lo avete fatto). Infine un grazie affettuoso a tutto il nostro, fedelissimo, pubblico.

Vlad III e Dracula sono la stessa persona? Similitudini e differenze

Vlad III e Dracula sono la stessa persona? Vediamo di fare un po’ di chiarezza e capire dove nasce l’associazione tra i due

Vlad l’Impalatore, noto anche come Vlad III o Vlad Dracula, è stato un principe della Valacchia, una regione dell’attuale Romania, vissuto nel XV secolo. Vlad è diventato famoso per le sue campagne militari brutali e per il suo metodo di esecuzione preferito, l’impalamento.

Vlad nacque nel 1431 in Transilvania, in una famiglia di nobili valacchi. Suo padre, Vlad II, detto “Dracul” (“il Diavolo”), era un membro dell’Ordine del Drago, un’organizzazione segreta che si opponeva all’espansione dell’Impero ottomano. Nel 1442, Vlad II fu imprigionato dagli ottomani e i suoi due figli, Vlad e Radu, furono mandati come ostaggi alla corte ottomana. Qui i due fratelli furono educati secondo i costumi e la cultura turca.

Nel 1448, Vlad II tornò in Valacchia e riprese il suo trono. Pochi mesi dopo, fu assassinato e Vlad III e suo fratello Radu furono costretti a fuggire in Ungheria. Nel 1456, Vlad III tornò in Valacchia con un esercito di mercenari ungheresi e sconfisse il voivoda (principe) in carica, Vladislav II.

Vlad divenne voivoda della Valacchia e iniziò una serie di riforme per migliorare la situazione del suo paese. Puniva severamente i ladri, i corrotti e coloro che non lavoravano per il bene comune. Ma la sua reputazione fu guastata dalle sue azioni militari brutali e dalla sua attitudine sadica.

Vlad iniziò a impalare i suoi nemici sulle lance, una pratica che divenne il suo marchio di fabbrica. In questo modo, i nemici venivano uccisi lentamente e dolorosamente. Vlad impalò anche migliaia di cittadini valacchi che considerava corrotti o che non rispettavano le sue leggi. Si dice che abbia persino organizzato una cena vicino a un campo impalato, per mostrare il suo potere e la sua brutalità.

Vlad combatté anche contro l’Impero ottomano, che cercava di conquistare la Valacchia. Nel 1462, Mehmed II, il sultano ottomano, invase la Valacchia con un esercito di 150.000 uomini. Vlad, con un esercito di appena 30.000 soldati, riuscì a sconfiggere gli ottomani utilizzando tattiche di guerriglia e attacchi a sorpresa. Si dice che abbia impalato fino a 20.000 prigionieri ottomani durante questa campagna militare.

Tuttavia, nel 1476, Vlad fu deposto e imprigionato dai suoi stessi sostenitori. Fu rilasciato poco dopo, ma morì in una battaglia contro l’esercito ungherese.

Dracula

La vita di Vlad III si è trasformata in qualcosa di leggendario, ispirando il romanzo di Bram Stoker “Dracula”, pubblicato per la prima volta nel 1897.

Il libro è diventato un classico della letteratura horror e ha ispirato numerosi adattamenti cinematografici, teatrali e televisivi.

Il romanzo è scritto in forma epistolare, ovvero attraverso una serie di diari, lettere e documenti scritti dai personaggi principali. La storia inizia con il giovane avvocato inglese Jonathan Harker che viaggia in Transilvania per incontrare un cliente, il conte Dracula, che ha intenzione di acquistare una proprietà in Inghilterra. Jonathan scopre presto che il conte è un vampiro e diventa suo prigioniero.

Nel frattempo, la fidanzata di Jonathan, Mina Murray, e la sua amica Lucy Westenra, iniziano a ricevere la visita di un misterioso personaggio che si nutre del loro sangue. Quando Lucy muore, Mina e il suo amico, il dottor Van Helsing, si uniscono a Jonathan per catturare e uccidere il conte Dracula.

Leggi anche: Vampiri e vampirismo, l’origine del fenomeno nel libro di Massimo Centini

Il romanzo esplora temi come la lotta tra il bene e il male, la sessualità repressa, la paura dell’immigrazione e la modernità contro la tradizione. Dracula rappresenta la minaccia del mondo antico contro la modernità, mentre i protagonisti rappresentano l’ideale vittoriano di razionalità e coraggio.

Il romanzo è noto per il suo stile descrittivo e atmosferico, che evoca una sensazione di terrore e mistero. Bram Stoker ha utilizzato numerosi riferimenti storici e culturali per creare un’ambientazione autentica e suggestiva, utilizzando anche le leggende sui vampiri dell’Europa dell’Est.

In sintesi, “Dracula” è un romanzo gotico che ha influenzato la cultura popolare per più di un secolo, grazie al suo personaggio iconico e alla sua atmosfera tenebrosa e suggestiva.

La storia editoriale

La storia editoriale di “Dracula” di Bram Stoker è interessante e ha avuto alti e bassi. Il romanzo fu pubblicato per la prima volta nel 1897 da Archibald Constable and Company, una casa editrice londinese. Inizialmente, il libro non ebbe un grande successo di vendite, ma ricevette comunque recensioni positive.

Tuttavia, nel corso degli anni, “Dracula” è diventato sempre più popolare. Nel 1922, fu pubblicata una versione americana del romanzo con una prefazione di Christopher Morley, che contribuì a rendere il libro più noto negli Stati Uniti.

Il vero successo arrivo nel 1931, quando fu prodotto il film “Dracula” con Bela Lugosi nel ruolo del Conte. Questo film ha contribuito a rendere popolare il personaggio di Dracula e ha fatto sì che il libro tornasse in auge.

Negli anni ’60 e ’70, “Dracula” divenne un simbolo della controcultura e del movimento goth, e il romanzo tornò nuovamente in auge. Nel frattempo, gli adattamenti cinematografici e televisivi del romanzo continuarono a essere prodotti. Oggi, “Dracula” di Bram Stoker è considerato un classico della letteratura gotica e un pilastro del genere horror. Il libro è stato tradotto in numerose lingue e ha ispirato molte opere successive, come film, serie televisive, fumetti e libri.

Tuttavia, “Dracula” di Bram Stoker ha subito diverse forme di censura nel corso degli anni. Una delle prime forme di censura si verificò poco dopo la pubblicazione del romanzo. Alcune librerie e biblioteche rifiutarono di vendere o prestare il libro perché considerato troppo violento o osceno. In particolare, le scene in cui i vampiri si nutrivano del sangue delle loro vittime furono giudicate troppo esplicite.

Di Sconosciuto – Universal Studios, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17161363

In seguito, il romanzo fu oggetto di critica da parte di alcuni gruppi religiosi, che lo consideravano blasfemo a causa del tema della vita eterna attraverso il vampirismo. Il romanzo fu anche criticato per il suo contenuto sessuale implicito, che era considerato inappropriato per la sensibilità vittoriana dell’epoca.

In alcune nazioni, come l’Unione Sovietica, il libro fu vietato per motivi politici, in quanto si riteneva che promuovesse idee individualiste e anti-comuniste.

Nonostante la censura, “Dracula” è riuscito a mantenere il suo status di classico della letteratura gotica e a influenzare la cultura popolare in tutto il mondo. Infatti, molte delle opere successive che lo hanno preso come riferimento o che ne hanno tratto ispirazione, come film, serie televisive e romanzi, hanno riscosso un grande successo di pubblico.

Similitudini e Differenze tra Vlad III e Dracula

Vlad l’Impalatore e Dracula sono due figure che spesso vengono associate tra loro, ma ci sono sia similitudini che differenze tra di loro.

Similitudini:

  • Vlad l’Impalatore e Dracula sono entrambi noti per il loro legame con la figura del vampiro e per il fatto che il personaggio di Dracula, creato da Bram Stoker, è stato ispirato dalla figura storica di Vlad l’Impalatore.
  • Entrambi sono associati alla Romania, in particolare alla regione della Transilvania.
  • Vlad l’Impalatore e Dracula sono stati entrambi descritti come figure spietate e sanguinarie, note per il loro uso della violenza e della tortura contro i loro nemici.
  • Sia Vlad l’Impalatore che Dracula hanno avuto un impatto duraturo sulla cultura popolare, ispirando numerose opere letterarie, cinematografiche e televisive.

Differenze:

  • Vlad l’Impalatore è una figura storica, noto per la sua lotta contro l’invasione ottomana, mentre Dracula è un personaggio di finzione creato da Bram Stoker.
  • Vlad l’Impalatore è stato soprannominato “l’Impalatore” per il suo uso della tortura e dell’impalamento, mentre Dracula è noto per il suo uso del morso del vampiro per succhiare il sangue delle sue vittime.
  • Vlad l’Impalatore è stato descritto come un leader militare coraggioso e spietato, mentre Dracula è stato descritto come un personaggio aristocratico misterioso e malvagio.
  • Vlad l’Impalatore ha avuto un impatto duraturo sulla storia della Romania e della regione balcanica, mentre Dracula ha avuto un impatto duraturo sulla cultura popolare a livello globale.

In sintesi, Vlad l’Impalatore e Dracula sono due figure diverse, ma ci sono alcune similitudini tra di loro, in particolare la loro associazione con la figura del vampiro e il loro impatto duraturo sulla cultura popolare.

I Macchiaioli e l’invenzione del Plein air tra Francia e Italia, la mostra alla Villa Reale di Monza

La mostra ripercorre le vicende di uno dei movimenti artistici più importanti della scena culturale italiana

Fino al 21 maggio 2023, l’Orangerie della Villa Reale di Monza ospita la mostra “I Macchiaioli e l’invenzione del Plein air tra Francia e Italia“, che ripercorre le vicende di uno dei movimenti artistici più importanti della scena culturale italiana, sviluppatosi nella seconda metà dell’Ottocento, che con le sue ricerche pittoriche d’avanguardia ha per molti aspetti anticipato, con sorprendente modernità, gli esiti proposti successivamente dagli Impressionisti francesi.


 
La rassegna presenta 90 opere, provenienti da collezione private, ma anche da alcuni importanti istituzioni come il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, Palazzo Foresti di Carpi, la Fondazione Cariparma di Parma, la Galleria d’Arte Moderna di Milano, di autori quali Telemaco Signorini, Giovanni Fattori, Giuseppe Abbati, Silvestro Lega, Vincenzo Cabianca, Raffaello Sernesi, Odoardo Borrani, tutti protagonisti dell’evoluzione di questo movimento, fondamentale per la nascita della pittura moderna italiana, partendo proprio dalla loro relazione con la scena europea, in particolare, con quella francese.

“La mostra – afferma Simona Bartolena a MonzaToday.it– proporrà un modo di narrare la vicenda poco consueto, molto vicino allo sguardo di coloro che di questa rivoluzione furono i protagonisti, che porterà il pubblico a immergersi in un momento storico e culturale molto vivace, da cui emergeranno i fermenti di rivolta di questi nuovi pittori, insieme alle loro forti personalità artistiche e umane. Mediante approfondimenti biografici e spiegazioni tecniche, lo spettatore scoprirà la vera importanza storico-artistica della pittura macchiaiola, troppo spesso nota solo per la piacevolezza delle sue tavolette”.

LUOGO: Villa Reale di Monza

INDIRIZZO: Viale Brianza 1

ORARI: dal Mercoledì al Venerdì 10.00 – 13.00 / 14.00 – 19.00. Sabato, Domenica e festivi 10.00 – 20.00 (Ultimo ingresso consentito in mostra un’ora prima dell’orario di chiusura)

COSTO DEL BIGLIETTO: Intero: 12 € Ridotto: 10 € Bambini (7-12 anni): 5 € Scuole: 5 € Gratuito: visitatori disabili (a invalidità superiore al 74%) e 1 accompagnatore solo in caso di non autosufficienza, bambini fino ai 6 anni, accompagnatore scolaresche (2 per gruppo), accompagnatore gruppi adulti (1 per gruppo), possessori abbonamenti Musei Lombardia Milano

E-MAIL INFO: macchiaiolimonza@gmail.com

Fonte immagine: https://reggiadimonza.it/cosa-accade/2023/02/07/i-macchiaioli-e-linvenzione-del-plein-air-tra-francia-e-italia/

 

Vite Celebri, Fernando Pessoa e le sue varie “personalità”

Fernando Pessoa con le sue molteplici “personalità” è uno degli autori più importanti nel panorama letterario mondiale

Vi racconto sinteticamente (non basta una vita sola per parlarne) la vita e le opere di Fernando Pessoa, uno dei più importanti poeti e scrittori portoghesi del XX secolo, nonché uno dei maggiori esponenti della letteratura modernista.

Nato a Lisbona nel 1888, Pessoa trascorse gran parte della sua infanzia a Durban, in Sudafrica, dove il padre era console portoghese. Questa esperienza influenzò profondamente il suo lavoro, ispirando la sua visione cosmopolita e universale della vita. Tornato a Lisbona all’età di diciassette anni, Pessoa cominciò a lavorare come impiegato, dedicando il suo tempo libero alla scrittura. Nel 1915 fondò la rivista “Orpheu”, che rappresentò il culmine dell’avanguardia artistica portoghese dell’epoca e introdusse il modernismo nel paese.

By Template:Cavalão – Nelson BrazUkA, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=56775462

La produzione di Pessoa fu vasta e varia, includendo poesia, prosa, saggi, traduzioni e opere teatrali. Tra le sue opere più importanti si possono citare “Mensagem” (Messaggio), una raccolta di poesie che celebrano la storia e la cultura portoghese, e il romanzo “Il libro dell’inquietudine”, pubblicato postumo e considerato una delle sue opere più significative.

Fernando Pessoa morì il 30 novembre 1935, all’età di 47 anni, a causa di una cirrosi epatica. La malattia era stata causata da un consumo eccessivo di alcolici, che Pessoa aveva iniziato a bere in grandi quantità dopo la morte del padre avvenuta nel 1917 e che aveva continuato a bere per il resto della sua vita. Pessoa era stato ricoverato in ospedale poche settimane prima della sua morte, ma la sua condizione era già troppo avanzata per poter essere curata. Alla fine, morì in solitudine nella sua stanza d’albergo, senza parenti o amici presenti.

La morte di Pessoa fu un grave lutto per la cultura portoghese, poiché l’autore era già considerato una figura di grande importanza per la letteratura del suo paese. Tuttavia, il suo lavoro ha continuato a influenzare profondamente la letteratura portoghese e mondiale per molti decenni dopo la sua morte.

By Fernando Pessoa – UmFernandoPessoa, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=47172434

Curiosità

Si narra che l’ultima frase che scrisse fu in inglese “I know not what tomorrow will bring”, ovvero “Non so cosa porterà il domani”, mentre tra le ultime parole pronunciate ci fu una richiesta “Dê-me os meus óculos!”, ovvero “Mi dia i miei occhiali” (Pessoa era miope). Inoltre:

  • Pessoa aveva una grande passione per l’occultismo e la magia, e si dedicava allo studio di queste materie in modo approfondito.
  • Pessoa aveva una grande abilità nel disegno e nella pittura, ma decise di abbandonare queste discipline per concentrarsi sulla scrittura.
  • Nel corso della sua vita, Pessoa scrisse più di 25.000 pagine di poesia e prosa, ma gran parte della sua opera rimase inedita fino alla sua morte.
  • Pessoa era un grande appassionato di lingue straniere e conosceva bene l’inglese, il francese, il tedesco, lo spagnolo e l’italiano, oltre al portoghese, sua lingua madre..
  • Pessoa amava camminare per Lisbona, la sua città natale, e spesso trascorreva ore a passeggiare per le strade della città, annotando le sue osservazioni in un taccuino.
  • Pessoa, come abbiamo già detto, era solito firmare le sue opere non solo con il suo nome, ma anche con gli pseudonimi dei suoi eteronimi.
  • In una lettera scritta all’amico e poeta Mário de Sá-Carneiro, Pessoa affermò di essere stato in grado di creare non solo i suoi eteronimi, ma anche le persone che li creavano, il che suggerisce una sorta di gioco mentale molto sofisticato.
  • Pessoa era un grande appassionato di calcio e seguiva con interesse la squadra del suo cuore, il Benfica Lisbona.

Gli Eteronimi

Gli eteronimi di Fernando Pessoa sono personalità letterarie create dall’autore stesso, ognuna con la propria voce, stile di scrittura e visione del mondo. Questi personaggi letterari sono spesso considerati come veri e propri individui autonomi, con biografie, opinioni e caratteristiche uniche.

Tra i più famosi eteronimi di Pessoa ci sono:

  • Alberto Caeiro: considerato il “maestro” degli altri eteronimi, Caeiro rappresenta la figura di un poeta rustico e naturalista, che celebra la bellezza della natura e la semplicità della vita. La sua poesia si caratterizza per la spontaneità, l’immaginazione e la sensibilità al mondo naturale.
  • Ricardo Reis: ispirato dalla filosofia stoica, Reis rappresenta una figura distante e razionale, che esplora temi come la mortalità, la fuga dal mondo e il desiderio di bellezza. La sua poesia si caratterizza per l’attenzione alla forma e alla tradizione classica, con una grande attenzione alla musicalità e alla metrica.
  • Álvaro de Campos: rappresenta una figura più moderna e cosmopolita, che esplora temi come l’angoscia esistenziale, la modernità e la tecnologia. La sua poesia si caratterizza per l’uso di immagini complesse e contrastanti, che riflettono la complessità del mondo moderno.
  • Bernardo Soares: questo eteronimo è un semi-eteronimo, poiché rappresenta un personaggio letterario che ha lo stesso nome dell’assistente di libreria che lavorava nello stesso edificio di Pessoa. Soares rappresenta una figura di sognatore solitario, che esplora temi come l’identità, l’inquietudine e la bellezza del mondo interiore. La sua prosa si caratterizza per la profondità emotiva e la riflessione sul significato dell’esistenza.

Questi e altri eteronimi di Pessoa rappresentano una sorta di mosaico di personalità letterarie, che riflettono la vastità e la complessità del mondo interiore dell’autore, e che hanno influenzato profondamente la letteratura portoghese e mondiale del XX secolo.

By Unknown author – Círculo de Leitores, Fernando Pessoa – Obra Poética, Vol. I, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=9478815

Lo stile di Fernando Pessoa

Lo stile letterario di Fernando Pessoa è estremamente vario e sperimentale, riflettendo la sua natura poliedrica e cosmopolita. In generale, tuttavia, la sua scrittura si caratterizza per l’attenzione al dettaglio, la precisione formale e la profondità emotiva. Nella sua poesia, Pessoa utilizza spesso l’immaginazione e l’ironia per esplorare temi come l’identità, l’esistenza, l’amore e la morte. Le sue poesie sono caratterizzate da una forte musicalità, con una particolare attenzione alla metrica.

Nella prosa, invece, Pessoa si esprime in modo più frammentario e riflessivo, utilizzando spesso lo stile del saggio o del diario intimo. La sua prosa è caratterizzata da un’attenzione all’interiorità, alla sfera emotiva e alla complessità della vita interiore. Inoltre, l’uso degli eteronimi rappresenta una sorta di scissione della personalità dell’autore, ma sono allo stesso tempo completamente autonomi e indipendenti.

In generale, lo stile letterario di Fernando Pessoa è caratterizzato da una grande apertura alla sperimentazione e all’innovazione, ma anche da una profonda attenzione alla bellezza e alla complessità del mondo interiore dell’uomo.

Non fidatevi di Chat GPT! Vediamo la prova con L’Infinito di Leopardi

Ho provato la Chat di intelligenza artificiale su un testo di Giacomo Leopardi e il risultato è sconvolgente, ma in negativo

Non si fa altro che parlare di intelligenza artificiale e di come questa stia per sostituire l’uomo in alcune attività culturali. In un articolo ho addirittura letto di come specifiche applicazioni costringeranno alcune categorie, come quella del ghostwriter, del copywriter o del giornalista, a cambiare mestiere.

Inoltre, c’è un dibattito aperto sul loro uso da parte di studenti e insegnanti. Premesso che lo studio personale, il pensiero critico, la sfera emozionale e lo stile restano unici e inimitabili, applicazioni come Chat GPT promettono di essere uno strumento quasi indispensabile.

Incuriosita da tanto parlare, ho fatto una serie di prove ed è emerso che Chat GPT da un lato compie un’operazione semplice – e semplicistica – dall’altro apre lo scenario ad una serie di problematiche non di poco conto. La mia prova si è basata ponendo due quesiti differenti. Per prima cosa ho chiesto di scrivere un racconto con protagonisti una penna e una matita. La risposta (immediata) è la seguente:

C’era una volta una penna e una matita che vivevano insieme in una scatola in una scuola. La penna era molto orgogliosa del suo inchiostro nero lucente, che le permetteva di scrivere con eleganza e precisione. La matita, d’altra parte, era molto fiera del suo grafite grigio chiaro, che le permetteva di disegnare con fluidità e creatività. Un giorno, la maestra decise di assegnare un compito ai suoi studenti, che consisteva nel scrivere un racconto e disegnare un’illustrazione per accompagnarlo. La penna e la matita erano entusiaste all’idea di essere utilizzate per questo compito importante. La penna iniziò a scrivere il racconto con la sua solita eleganza, descrivendo un mondo fantastico popolato da creature magiche e avventure emozionanti. La matita, d’altra parte, disegnò con la sua solita creatività, creando figure colorate e sorprendenti che accompagnavano la storia. Ma mentre lavoravano insieme, la penna e la matita si accorsero che ognuno aveva le sue limitazioni. La penna non poteva disegnare, e la matita non poteva scrivere. Si resero conto che, insieme, potevano creare qualcosa di veramente speciale. La penna e la matita collaborarono strettamente per completare il compito, e alla fine crearono una storia meravigliosa, accompagnata da un’illustrazione straordinaria. La maestra fu molto colpita dal loro lavoro e, quando lo mostrò agli studenti, tutti rimasero a bocca aperta. Da quel giorno in poi, la penna e la matita erano molto più vicine, e si rese conto che la loro diversità era la loro forza. Impararono a lavorare insieme, creando molte altre storie e illustrazioni meravigliose, e divennero le migliori amiche per sempre.

Direi che il testo è dignitoso, con qualche “imperfezione” poiché “grafite” nella lingua italiana è femminile e a dirlo è Treccani non io, ma potrebbe essere un errore di traduzione. Per il resto – anche se il precedente non è per niente esaltante – il risultato direi che è deludente. Manca, secondo me, di personalità, di sentimento… insomma di tutto ciò che l’uomo può aggiungere ad un testo scritto.

Con la seconda domanda sono andata su un tema più complesso e l’ho posta sul testo “L’Infinito” di Leopardi. La domanda è stata: “Descrivi la poesia L’Infinito di Leopardi”

Questa la risposta:

“L’Infinito” è una delle poesie più famose del poeta italiano Giacomo Leopardi, scritta nel 1819. La poesia è divisa in due strofe e descrive il sentimento di profonda angoscia e desiderio di infinito che il poeta prova di fronte alla grandezza della natura.

Nella prima strofa, Leopardi descrive la sua posizione in cima a una collina, circondato dalla natura e dallo spazio infinito del cielo. Il poeta osserva la vastità dell’orizzonte e il contrasto tra la sua piccolezza e l’immensità dell’universo, esprimendo un senso di vertigine e smarrimento. In questa situazione, il poeta cerca di comprendere l’infinito e la sua relazione con il suo io interiore.

Nella seconda strofa, Leopardi descrive il suo tentativo di trovare una soluzione a questa angoscia, cercando di raggiungere l’infinito attraverso la sua immaginazione. Tuttavia, questo tentativo si rivela infruttuoso e il poeta si rende conto che l’infinito è oltre la sua comprensione e la sua immaginazione. Nonostante ciò, il desiderio di raggiungere l’infinito continua a bruciare nel suo cuore.

La poesia è caratterizzata da un linguaggio semplice e diretto, ma al tempo stesso intenso ed evocativo. Leopardi utilizza immagini e metafore per descrivere la grandezza dell’universo e il contrasto tra la sua piccolezza e l’immensità dell’infinito. L’uso del presente storico nella prima strofa crea un senso di attualità e vicinanza tra il poeta e il lettore, mentre il tono malinconico e struggente della poesia esprime il senso di impotenza e smarrimento dell’essere umano di fronte alla grandezza dell’universo.

Vediamo subito e benissimo che Chat GPT inizia a inciampare e forse anche a ruzzolare. Ad esempio, non si dice che L’Infinito è un idillio (lo dice lo stesso Leopardi), quindi un componimento poetico specifico, e addirittura dice che è diviso in strofe… Sorvolo sul resto, perché non contenta riformulo subito la domanda in una nuova chat e questa volta l’applicazione mi dice:

“L’Infinito” di Giacomo Leopardi è una poesia che si compone di una sola strofa di 14 versi endecasillabi, con rima alternata ABABABCCDEDECC. La poesia si apre con una descrizione della bellezza del cielo notturno e delle stelle, e prosegue con una riflessione sull’infinito e sulla sua relazione con la condizione umana…

Vi risparmio il resto, perché già questo può bastare per capire quali siano le criticità di questa applicazione. Un testo completamente sballato e fuori da ogni interpretazione possibile. Che abbia “capito” un argomento per un altro? Ma di Infinito e Leopardi quanti ce ne sono? Provate voi e fatemi sapere, forse ho sbagliato io qualcosa.

Intanto, scusaci Giacomo, siamo umani noi o forse non più!

In conclusione, posso dire che Chat GPT è impressionante per la velocità e per il potenziale, ma nei contenuti è riduttiva, scarna e fuorviante. Se si hanno nozioni di base su quello che si chiede è possibile evitare gli errori, altrimenti si rischia di fare una gran brutta figura.

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