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La lettera d’amore di Cathleen Schine

La lettera d’amore (Adelphi) di Cathleen Schine è il secondo libro che abbiamo letto con il Gruppo di lettura Instagram “Le Avvelenatrici”. Il gruppo nacque con la lettura del racconto di Dumas L’Avvelenatrice e ora continua con nuove letture condivise.

Per questo romanzo avevamo grandi aspettative e l’incipit mi aveva proprio entusiamata, ma…

La vicenda ruota attorno ad una libraia che, dopo aver divorziato, con la figlia sceglie di ritornare nella città d’origine, Pequot, dove apre una libreria e si stabilisce nella grande casa materna, che poco alla volta sta ristrutturando. Una mattina, come è suo solito, apre la corrispondenza e trova una strana lettera d’amore. Il mittente è un misterioso “Montone”, mentre la destinataria è una enigmatica “Capra”.

Cara Capra,
come ci si innamora? Si casca? Si inciampa, si perde l’equilibrio e si cade sul marciapiedi, sbucciandosi un ginocchio, sbucciandosi il cuore? Ci si schianta per terra sui sassi? O è come rimanere sospesi oltre l’orlo di un precipizio, per sempre?
So che ti amo quando ti vedo, lo so quando ho voglia di vederti. Non un muscolo si è mosso. Nessuna brezza agita le foglie. L’aria è ferma. Ho cominciato ad amarti senza fare un solo passo. Senza neanche un battito di ciglio. Non so neppure quando è successo.
Sto bruciando. È troppo banale per te? No e lo sai. Vedrai. È quello che capita, è quello che importa, sto bruciando.
Non mangio più, mi dimentico di mangiare, mi sembra una cosa sciocca, che non c’entra. Se ci bado. Ma non bado a niente.
Stanotte ho buttato il libro dalla finestra. Ho provato a dimenticare. Tu non vai bene per me, lo so, ma quello che penso non mi interessa più, a meno che non pensi a te. Quando sono accanto a te, davanti a te, sento i tuoi capelli che mi sfiorano la guancia anche se non è vero. Qualche volta guardo altrove, poi ti guardo di nuovo.
Quando mi allaccio le scarpe, quando sbuccio un arancia, quando guido la macchina, quando vado a dormire ogni notte senza di te, io resto, come sempre
Montone

Helen, questo il nome della protagonista, crede di essere lei la destinataria della misteriosa lettera, così inizia ad “indagare” su chi potrebbe essere il mittente. Questo ci permette di focalizzare l’attenzione sul mondo che circonda Helen, sui personaggi che affollano la sua vita e sulla protagonista stessa. Helen è una donna attraente, dal carattere un po’ strano. Sa essere dispotica e aspra, sa essere distaccata ma anche seduttrice. Si butta in una relazione scomoda e scandalosa, innamorandosi di Johnny, un ragazzo non è maggiorenne che lavora nella sua libreria. Tra i due ci sarà una passione travolgente, fatta di sotterfugi vari, ma che è destinata a finire nel momento in cui il ragazzo andrà via da Pequot.

Tutta la vicenda si svolge in estate e assistiamo a scene di vita che si svolgono tra la libreria e la casa di Helen, che ad un certo punto viene affollata di presenze femminili, poichè tornano a Pequot anche la mamma e la nonna della protagonista. Questi per me sono i personaggi migliori, soprattutto la nonna, stramba e originale nel suo modo di vivere la vita. I personaggi sono ben costruiti, non c’è niente da dire, ma la trama, soprattutto nella parte centrale mi è risultata un tantino lenta. Certamente l’autrice ha voluto dare attenzione alla psicologia di Helen, questa donna che si avvia all’età matura, ma che conserva una ribellione tipica della gioventù. Nel finale il romanzo ha acquistato qualche punto, il ritmo mi è sembrato più incalzante e mi ha lasciato anche il sorriso quando ho scoperto chi fosse il mittente della lettera. Ci sono tempi anche importanti, come la diversità di amare anche in maniera non convenzionale, ma nonostante tutto, il romanzo non mi ha convinta del tutto.

 

Edward è il più grande uomo scimmia del Pleistocene!

Edward è il più grande uomo scimmia del Pleistocene!

A dircelo è il figlio Ernest, che ci narra le vicende quotidiane in cui Edward, lui stesso e la sua famiglia sono i protagonisti.

Il più grande uomo scimmia del Pleistocene (Adelphi) è un libro scritto da Roy Lewis ed è la storia di una famiglia della Preistoria raccontata però in modo ironico e arguto.

Con il trascorrere dei giorni scopriamo pian piano i progressi e la storia dell’evoluzione dell’uomo, dalla scoperta del fuoco all’utilizzo della selce, agli utensili per la caccia o per la decorazione del corpo, dall’uso della pittura rupestre al tentativo di addomesticamento degli animali e al miglioramento genetico della specie.

Ernest ci parla di un protagonista quasi visionario, che lo zio tradizionalista condanna per il suo tentativo di progresso. Edward, infatti, ha la convinzione del far progredire la specie e intuisce la necessità di migliorare la qualità della vita attraverso le invenzioni, le scoperte spesso casuali e lo sfruttamento delle risorse della natura.

Insieme a Edward ed Ernest, abbiamo molti altri personaggi.

Conosciamo il già citato zio Vania, che ha viaggiato mettendo a conoscenza gli altri degli eventi climatici nel resto del mondo e delle condizioni degli altri ominidi. Ci sono, inoltre, i fratelli di Ernest, le loro mogli, la moglie e le sorelle di Edward; ognuno incarna un aspetto umano: l’ambizione, il desiderio di conoscere, il senso artistico e così via.

L’aspetto bello del libro è lo stile di narrazione.

Oltre al tratto estremamente ironico, l’autore concede ai personaggi uno stile di espressione tipico della contemporaneità. Potrebbe apparire come qualcosa di dissonante e anacronistico, invece questo espediente rende accattivante lo stile e questo aspetto, un po’ grottesco, sostiene in maniera ottimale il tono ironico, tipico dell’humor inglese.

Non escludo un certo richiamo critico verso stili e usanze tipiche del tempo in cui l’autore scrive; il romanzo è pubblicato in Inghilterra nel 1960.

È l’uomo preistorico ad essere contemporaneo o viceversa? Per rispondere a questa domanda dovrete per forza leggere il libro.

Una curiosità: nel 2015 il romanzo è stato liberamente adattato per il cinema dal regista francese Jamel Debbouze in un film d’animazione