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Marcel Proust, alcune curiosità e l’Affare Dreyfus

Marcel Proust ha avuto una vita ricca in tutti i sensi e su di lui si narrano aneddoti e memorie di vario genere. Per scoprirne alcuni, leggete l’articolo!

Proust, oggi, è considerato tra gli autori più importanti a cavallo tra il XIX e il XX secolo e nel giorno dell’anniversario della sua morte, avvenuta a Parigi il 18 novembre 1922, lo voglio ricordare raccontandovi qualche aneddoto sulla sua vita.

Proust e i pareri dei suoi contemporanei

Molti autori, anche contemporanei a Proust, hanno più di una volta reso noto il proprio apprezzamento per lo scrittore francese. Tra questi si ricorda Virginia Woolf, che “lo ammirava così intensamente da sentirsi inondata dal suo genio” e Gide che ha espresso il suo rimpianto per aver rifiutato la pubblicazione del promo volume della Recherche. Non tutti gli autori contemporanei, però, lo amavano e l’apprezzavano. Sappiamo, infatti, che tra Proust e Joyce non correva buon sangue . Un aneddoto racconta un fatto curioso:

Una volta Joyce incontrò Proust, e i due, benché condividessero un taxi, scambiarono a malapena qualche parola (e non si lessero mai l’un l’altro).

L’episodio di Joyce non è l’unico che si narra sul rapporto di Proust con gli altri scrittori. Pare che il nostro Marcel si ispirò per il suo personaggio, il barone di Charles, a Robert de Montesquiou, “del quale Proust amava imitare le arie di superiorità e la cadenza”. In risposta, Robert de Montesquiou definì l’opera di Proust “un misto di litanie e sperma”. In realtà, l’astio dei contemporanei nei confronti di Proust era generato, sostanzialmente, da una forma di invidia per colui che con la sua opera era riuscito a “surclassare – in realtà a spazzare via – tutta la prosa scritta nei due decenni prima di lui”.

Marcel Proust, sua madre Jeanne Weil e il fratello Robert – Fonte immagine: https://parisdiarybylaure.com/a-rare-proust-manuscript-needs-you-to-enter-the-bnf/

Proust e i genitori

È molto noto a tutti il legame profondo che univa Proust alla madre:

Essi erano inseparabili, e anche se litigavano frequentemente (di solito per la pigrizia e la mancanza di forza di volontà di Marcel), poi cadevano uno nelle braccia dell’altra al momento della riconciliazione.

Proust aveva acquisito da lei la passione per la musica e per la letteratura, ma anche la capacità di memorizzare poesie e brani di scrittori. La madre di Proust, Jeanne Weil, proveniva da una famiglia agiata, mentre il padre, Adrien, era di umili origini. Adrien sarebbe dovuto diventare sacerdote, ma preferì la carriera da medico, che fu alquanto brillante. A lui di deve l’invenzione di un “cordone sanitario”, che circondasse l’Europa per isolarla dall’epidemia di colera.

Per dare corpo alle proprie idee, nel 1869 il dottor Proust si recò in Russia, Turchia e Persia, e riuscì a capire per quali vie, nei precedenti contagi, il colera era entrato in Russia, e da qui in Europa. Per il successo di questa ricerca e della conseguente campagna sanitaria e di quarantena, al dottor Proust venne conferita la Legion D’Onore.

Divenne, dunque, una celebrità in ambito medico e fu anche un vero e proprio donnaiolo. Tuttavia, il rapporto tra Marcel e suo padre era completamente differente da quello che aveva con la madre. Nel suo romanzo, in parte autobiografico, Jean Santeuil, Proust lo descrive come un “bruto”, un “uomo volgare” dalle “maniere rozze”. Successivamente, nella corrispondenza con il suo editore, Proust racconta addirittura che il padre tentò di curarlo dalla sua effeminatezza e dalle nevrosi, mandandolo in un bordello.

Robert, il fratello minore di Proust

Proust aveva un fratello minore, Robert, nato il 24 maggio 1873, due anni dopo di lui. Robert era l’opposto di Marcel: era robusto e forte, ma tra i due non ci fu mai astio o competizione, anzi erano molto legati. Robert divenne medico, seguendo le orme paterne anche in fatto di donne e per Marcel fu una specie di angelo custode, standogli sempre accanto, anche nel momento in cui morì. Fu Robert, successivamente, a occuparsi della pubblicazione postuma delle opere del fratello.

L’Affare Dreyfus

L’Affare Dreyfus fu uno degli scandali più noti della Francia di fine ‘800. Molti intellettuali si schierarono a difesa di Dreyfus, ingiustamente accusato di aver ceduto ai tedeschi informazioni militari. Anche Proust si schierò dalla parte di Dreyfus, tirandosi le ire di amici aristocratici, cattolici, conservatori e anche di suo padre.

Proust obbediva semplicemente ai dettami della sua coscienza, anche se questo significò perdere molti amici cattolici di nobili natali ed esporsi alla falsa accusa antisemita di schierarsi con Dreyfus solo per motivi religiosi.

A questo aggiungiamo che Marcel, quasi alla fine della sua vita, chiese al fratello, anch’egli dalla parte di Dreyfus, di intervenire per far ottenere a quello sventurato la Legion D’Onore e, una volta ottenuta, di conferirgliela.

Fonte bibliografica: Ritratto di Marcel Proust di Edmund White (Lindau)

CINEMA | L’Affare Dreyfus nel film di Roman Polanski

Lo devo ammettere, ci sto prendendo gusto a parlare di serie tv e di cinema! Questa volta vi parlo dell’ultimo film che ho visto al cinema: L’Ufficiale e la Spia di Roman Polanski. Il lungometraggio ci racconta il famoso Affare Dreyfus, che tenne occupata per molto tempo l’opinione pubblica francese e creò un caos politico non indifferente. Il film si apre con la scena, molto significativa, in cui Dreyfus viene dinanzi ad uno schieramento di truppe e capi militari degradato e successivamente inviato in esilio sull’Isola del Diavolo. Nonostante il grido di innocenza che Dreyfus lancia in questa scena alle truppe schierate, tutto il film ci è narrato dal punto di vista dell’ufficiale colonnello Georges Picquart, interpretato da Jean Dujardin.

A Dreyfus (Louis Garrel) sono stati imputati reati di tradimento per aver diffuso informazioni militari ai tedeschi, ma in realtà i veri motivi sono legati ad atteggiamenti di antisemitismo. Dreyfus è ebreo e verso gli ebrei, nella Francia della Belle Époque, non mancano comportamenti razzisti, che nel film vengono citati attraverso le azioni non isolate del popolo o dei singoli. Picquart di certo non ha in gran simpatia gli ebrei, ma in lui prevarrà comunque il senso di giustizia e di verità. Per questo motivo, quando scoprirà che quello nei confronti di Dreyfus è stato un processo farsa e c’è stato un grave errore giudiziario, si batterà perché il processo sia rifatto e si giunga alla verità. Scoprirà il vero colpevole, ovvero il colonnello Ferdinand Walsin Esterhazy, che nel film non compare mai.

Fonte: http://www.artspecialday.com

La vita di Picquart si complica, viene prima allontanato dalla Francia poi sospeso. A questo punto non può fare più niente per aiutare Dreyfus, la credibilità militare della Francia è in pericolo e con essa anche la politica internazionale, ma al suo posto interviene lo scrittore Zola, con il suo famoso articolo giornalistico J’accuse, apparso il 13 gennaio 1898 sul giornale socialista L’Aurore che aveva lo scopo di denunciare pubblicamente i persecutori di Alfred Dreyfus. Lo scandalo raggiungerà ogni angolo del paese, ma anche il nuovo processo si concluderà con un nulla di fatto. Dreyfus sarà condannato e poi graziato.

Fonte: http://www.artspecialday.com

Il film risulta fedele ai fatti storici, che vengono narrati nell’essenzialità sia dei dialoghi che dei gesti. Gli ambienti sono ricchi di particolari e l’investigazione di Picquart ci risulta chiara, quasi come quella del migliore degli investigatori. L’esercito francese, a diversi livelli, e la politica di Stato ne escono sconfitti: pregiudizi, falsità, antisemitismo, opportunismi sono elementi che sembrano essersi incancreniti nella mentalità a tutti i livelli della società. Lo stesso Picquart è mosso da senso del dovere, ma trarrà comunque il suo vantaggio dalla storia. Infatti, divenne Ministro della Guerra tre mesi dopo la riabilitazione, nel primo governo di Clemenceau, abilitazione avvenuta contemporaneamente a quella di Dreyfus.

 

L’ufficiale Picquart in una scena del film

L’Ufficiale e la Spia lo si può definire un film pacato, essenziale, che non si perde in fronzoli, ma che non crea nello spettatore pathos e grande partecipazione. Nonostante ciò, la pellicola risulta, a mio parere ben fatta e soprattutto un ottimo mezzo di documentazione storica su quello che è stato lo scandalo giudiziario forse più grave della Francia dei secoli passati. Il film non ha elementi disturbanti, tutto si svolge in determinati ambienti che rappresentano ognuno un aspetto della società francese di fine Ottocento. Gli interpreti si muovono con naturalezza, ora nei panni degli ufficiali, dei politici o del popolo che odia il ricco ebreo. Colpito molti i silenzi, che non sono pochi, ma che anzi narrano molti più di tanti dialoghi. In definitiva, lo consiglio soprattutto a chi ama i film storici fedeli agli avvenimenti realmente accaduti.