Per la #ReadChristie2019, promossa da Marco e Davide di Radical Ging e dall’Official Agatha Christie, stiamo affrontando un percorso che, tappa dopo tappa, ci sta facendo conoscere il mondo narrativo della giallista più famosa al mondo. Oggi si conclude il mese di settembre, che era dedicato ad un libro diverso dal solito. Agatha Christie ad un certo punto delle sua brillante carriera di scrittrice (non solo di gialli) sente l’esigenza di allontanarsi dal mondo del giallo e di tentare la scrittura di un nuovo genere, quello rosa. Lei stesso scrive nella sua autobiografia:
Basta romanzi polizieschi, volevo cambiare genere. Così, con qualche senso di colpa e una buona dose di compiacimento, mi accinsi a scrivere un romanzo che intitolai “Giant’s Bread”. La musica era il tema del libro, e questo faceva affiorare a tratti la mia scarsa conoscenza specialistica del campo. Comunque fu accolto favorevolmente dalla critica e, per essere un’opera prima, poiché tale risultava, ebbe un certo successo di vendita. Lo firmai col nome di Mary Westmacott e per quindici anni riuscii a tenere nascosta la mia identità.
Così la Christie si serve di uno pseudonimo per pubblicare una serie di romanzi, sei in tutto, che appartengono alla narrativa rosa. Settembre era il mese dedicato ad uno di questi romanzi e io ho letto Nell e Jane, (titolo originale Il pane del gigante) che in ordine di tempo è il primo; gli altri sono:
– Ritratto incompiuto (1934)
– Il deserto del cuore (1944)
– La rosa e il tasso (1948)
– Il destino degli altri (titolo originale Una figlia per sempre – 1952)
– Ti proteggerò (1965)
Nonostante la Christie li autodefinisca Novels, ovvero romanzi d’amore, mi sento di dire che Nell e Jane non è un romanzo rosa. C’è sicuramente la tematica amorosa, ma trattata in maniera matura, senza affettazione o sdolcinerie di sorta. Anzi in Nell e Jane ci sono molte cose interessanti e se per la Christie si trattò quasi di un passatempo, ovvero “qualcosa che non fosse proprio il suo lavoro”, non posso dire che abbia fallito, anzi in questo romanzo mostra ancor di più tutta la sua capacità di scrittrice. Ma ora andiamo alla storia!
Il libro si apre con un prologo, in cui assistiamo alla messa in scena a Londra, di un’opera teatrale, che potremmo definire avanguardistica e visionaria. L’impresario che se ne è occupato è Sebastian Levinne
proprietario del Teatro nazionale dell’opera, familiarmente noto con il titolo di “Il Più Grande Impresario Teatrale del Mondo”. Era un uomo grande e grosso, abbondantemente vestito di ciccia. Aveva un volto giallognolo e impassibile, occhi piccoli e neri e due orecchie enormi che gli sporgevano ai lati della testa e facevano la felicità dei caricaturisti
Chi fosse l’autore reale dell’opera il pubblico non lo sa; essa compare a firma di un certo Boris Groen, che nessuno ha mai visto. L’illustre e anziano critico musicale, Carl Bowerman, riconosce il genio di questo autore, infatti dice:
Io sono ormai vecchio. Vi sono cose che mi danno piacere…ve ne sono altre, come la musica del giorno d’oggi, che non mi danno piacere. Ciò nonostante, riconosco il genio quando mi imbatto in esso. Vi sono ciarlatani, cento demolitori della tradizione persuasi, facendo questo, di aver compiuto qualcosa di meraviglioso. E v’è il centunesimo: un creatore, un uomo che entra audacemente nel futuro. (…) Groen, chiunque egli sia, è geniale…La musica di domani.
Il discorso di Bowerman si conclude con la certezza che questo Groen sia l’erede di Deyre Vernon, un promettente compositore morto prematuramente in guerra. Il prologo si chiude suscitando nel lettore un dubbio, Deyre e Groen sono la stessa persona?
Ecco che inizia la narrazione della vita di Vernon Deyre, in cinque capitoli, ognuno dedicato ad un momento fondamentale per il giovane. Si parte dall’infanzia, che è incisiva nella formazione della sua personalità; poi si prosegue con due capitoli dedicati uno a Nell e l’altro a Jane, le due donne, che saranno, nel bene e nel male, elementi importanti nella vita di Vernon; poi la Guerra dove il protagonista perde la vita (o forse ne acquista una nuova) e infine l’epilogo con la figura di George Green. Non vi posso svelare molto della trama, che è abbastanza complessa. Ogni dettaglio rappresenterebbe uno spoiler che vi rovinerebbe la lettura, posso però parlarvi dei personaggi, ognuno ben caratterizzato e necessario alla vicenda.
Il primo è Vernon Deyre, il protagonista, è un musicista brillante, ma la sua giovinezza trascorsa in un ambiente quasi ovattato, non gli ha consentito di sentirsi pronto ad affrontare il mondo reale da adulto. Trascorre l’infanzia in una vecchia tenuta molto cara al padre e odiata dalla madre, due persone agli opposti. Dal padre erediterà, oltre alla tenuta, anche alcuni aspetti caratteriali; della madre, una donna morbosa e quasi priva di qualità, Vernon non nutrirà mai grande stima e affetto. Le donne, nelle varie caratteristiche in cui ci vengono presentate, saranno fondamentali per la formazione psicologica di Vernon, a partire dalla balia, passando per l’infermiera che lo accudisce quando si rompe una gamba, dalla cugina Joe fino alle donne che amerà, Nell e Jane. Joe mostra fin da piccola una maturità notevole, che si accompagna ad una certa instabilità emotiva ed una spiccata estrosità, che può essere letta come la caratteristica tipica di una donna che a quei tempi desidera indipendenza ed emancipazione. Nell, la compagna di giochi timorosa e incerta, diviene una donna bella e Vernon se ne innamora perdutamente. Lei è l’emblema delle virtù femminili, almeno in apparenza, perché quando si tratterà di lasciare ricchezza e benessere per seguire suo marito, Nell se ne guarderà bene. Jane è tutta un’altra storia. È un’attrice e cantante. Ama Vernon e Vernon capisce di amare lei quando purtroppo è troppo tardi. Jane conosce bene la vita, conosce l’umanità e sa leggere con estrema lucidità le persone e le situazioni. È una figura ingombrante e la sua vita si configura come un sacrificarsi per il bene di chi ama. Infine, ci sono Sebastian, l’unico amico di Vernon, ebreo russo, scaltro nel fare gli affari. Del gruppo è quello equilibrato, realista e razionale. E poi c’è quello che potrei definire un non-personaggio, George Green, presente nell’infanzia di Vernon come personaggio immaginario, che colma la solitudine di un bambino che vive nelle quattro mura della sua stanza, ma che negli anni della maturità diventerà un personaggio in carne e ossa.
Non posso dirvi altro per non rovinarvi la lettura di questo romanzo, che ha suscitato pareri contrastanti. Io posso dire che il romanzo è scritto bene, l’intreccio è perfetto e non ha buchi di trama. I personaggi sono ben delineati nelle loro caratterialità e nessuna appare forzata. Certamente non c’è un assassino o una morte misteriosa, ma posso dire che questo romanzo è stato una scoperta piacevolissima e se vi va di iniziare a leggere qualcuno di questi libri, vi “straconsiglio” di partire proprio da Nell e Jane e dalla strana vita di Vernon Deyre.