Archivi tag: arte

Segnalazione | “PICASSO – La Mala Arte” di Michela Tanfoglio

“Picasso – La Mala Arte” è un viaggio appassionante e autentico nella vita del grande Maestro, che sa svelare l’uomo dietro il mito.

È disponibile in libreria e negli store digitali “PICASSO – La Mala Arte” (La Corte Editore) il libro di Michela Tanfoglio, agente letterario, editor e scrittrice. A cinquant’anni dalla morte del Maestro, uno straordinario ritratto dell’uomo che ha rivoluzionato la Storia dell’Arte, tra le tinte accese delle sue ardenti passioni e le ombre fosche dei suoi lati più oscuri. L’autrice vi farà conoscere Picasso in tutte le sue sfaccettature, attraverso un’attenta e documentata ricostruzione, potrete entrare nella vita del più grande artista del XX secolo, scoprendo i sentimenti e le ossessioni che ha saputo trasformare in opere immortali.

“Qualcuno mi ha definita la nuova Madame Picasso, ma, scherzi a parte, le mie ricerche si sono basate solo su fonti certe e ho evitato ogni genere di pettegolezzo. Quando mi si chiede, però, che idea io mi sia fatta su Pablo Picasso mi viene solo da dire questo: Abele è morto e siamo tutti figli di Caino. Dedico Picasso – La mala arte allo scrittore Carlo F. De Filippis, con il quale avevamo creato la DeFilippisi&Tanfoglio Associati e che ha lasciato un vuoto incolmabile nella mia vita”, commenta Michela Tanfoglio.

Sinossi

In una Parigi di inizio Novecento, tra bordelli, caffè, artisti e intellettuali, un giovane andaluso, partito da casa con pochi soldi in tasca, diede inizio a una Rivoluzione che cambiò per sempre il mondo dell’arte.

Ambizioso, egoista, geniale, certo delle proprie doti, Picasso è l’esempio di colui che decise di realizzare un sogno e ci riuscì. Grazie a una documentata e attenta ricostruzione, l’autrice ci conduce attraverso un intero secolo, sulle tracce di uno degli artisti più geniali e rivoluzionari della storia.

Ma chi era davvero Pablo Picasso? Quali erano i suoi punti di forza, le sue ossessioni, le sue debolezze, i suoi lati più oscuri?

L’opera artistica di Picasso è sicuramente una delle più autobiografiche che siano mai esistite e, attraverso le relazioni travagliate con Fernande Olivier, Eva Gouel, Olga Khokhlova, Dora Maar, Marie-Thérèse Walter, Françoise Gilot e Jacqueline Roque, il libro rivela come le donne abbiano da una parte ispirato e influenzato la sua arte e come la stessa, dall’altra, abbia lasciato cicatrici indelebili nelle loro vite.

Biografia

Monteclarense di origine, classe 1983, vive da circa vent’anni a Torino. Nel 2016 fonda l’agenzia editoriale e letteraria EditReal. Editor, ghostwriter e organizzatrice di eventi letterari, nel 2020 apre e cura una mostra d’arte contemporanea a Torino dal titolo “Carne e Sensi”. Nel 2021 riceve il premio come “Miglior editor d’Italia”. Picasso – La mala arte è il suo primo libro con La Corte Editore, in tutte le librerie dal 7 aprile 2023.

Segnalazione: Homo. Arte e scienza, il libro di Pietro Greco

Fresco di stampa per Di Renzo Editore è “Homo – arte e scienza”, il nuovo libro di Pietro Greco.

Appena uscito in libreria il libro di Pietro Greco, Homo – arte e scienza, edito da Di Renzo Editore, in cui si parla di arte e scienza e della loro connessione. L’arte è parte vitale e integrante dell’evoluzione umana; la scienza un suo essenziale corollario. Non c’è separazione tra le due culture: esse si incontrano, sostanziandosi in un dialogo continuo di scambio e influenze reciproche.

Sinossi

Galileo grande scrittore e teorico della musica. Leopardi scienziato e storico dell’astronomia. Primo Levi encomiabile divulgatore della scienza. Einstein e Picasso legislatori dello spazio e del tempo. Dante teorico della democrazia scientifica. Non è il sovvertimento delle regole comuni, ma il frutto di una secolare, forse millenaria, alleanza fra intuizione creatrice e ragione scientifica. Dalla musica agli studi sulla percezione, dalla pittura alle regole della simmetria, dall’architettura all’utopia, dalla scrittura alle prime esplorazioni celesti, dalle pitture rupestri alla tecnica e chimica dei colori, la
dimensione umana riunisce, allaccia e confonde quel che un certo dogma culturale vorrebbe disgiunto: arte e scienza. Questo libro descrive come e perché parlare di due culture sia un errore, oltre che una mistificazione della realtà storica dell’evoluzione della specie Homo. Con l’arte sapiente della divulgazione scientifica, Pietro Greco trascina il lettore in un’avventura ricca di
insospettabili scoperte e affascinanti rivelazioni.

L’Autore

Pietro Greco, giornalista e scrittore, è tra i nomi più autorevoli della divulgazione scientifica in Italia. Già coautore e responsabile scientifico per la RAI della famosa trasmissione “Pulsar: storia della scienza e della tecnica nel XX secolo” e direttore del Master in Comunicazione scientifica della SISSA di Trieste, dove attualmente è project leader del gruppo di ricerca ICS (innovazioni nella comunicazione della scienza). Storico conduttore del programma “Radio 3 Scienza”, è consulente scientifico per Rai Cultura. È stato consigliere del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca dal 2006 al 2008 e membro del consiglio scientifico dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). Da sempre impegnato con i più giovani nella formazione di una classe di giornalisti dedita alla ricerca in comunicazione scientifica. È cittadino onorario della città di Forlì. È accademico corrispondente delle classi di discipline umanistiche e scientifiche dell’Accademia delle Arti del disegno di Firenze. Nel 2019 è stato eletto laureato illustre dell’Università Federico II di Napoli. È caporedattore del magazine “Il Bo Live” dell’Università di Padova e presidente del Circolo Georges Sadoul di Ischia. Tra le sue molte opere, segnaliamo la monumentale storia “La scienza e l’Europa”, dalle origini ai nostri giorni.

MOSTRE | A Palermo fino al 20 Luglio c’è #Fake l’esposizione di Giampaolo De Filippi

Quella di oggi è una segnalazione diversa dal solito, ma mi è sembrata interessante. Se siete a Palermo, alzate gli occhi e ammirate l’arte, perché, fino al 20 luglio, è visibile sulla facciata di un palazzo di via Maqueda 453, presso Ares Consorzio Universitario (di fronte al teatro Massimo), l’esposizione dell’artista Giampaolo De Filippi, dal titolo #Fake. Ecco il Comunicato Stampa:

Nulla di più adeguato di un’opera pittorica per occuparsi di finzione. Qui ne abbiamo addirittura tre per condurre l’attenzione intorno al fenomeno delle fake news in un momento in cui la sete di verità s’impone prepotentemente scevra da ogni sovrastruttura, minacciando catastrofi naturali, politiche, economiche e umanitarie in ogni parte del globo.

Fake è fingersi qualcun altro, mascherare il reale, attribuire comportamenti sconvenienti a persone note usandole come grimaldello per violare dati personali e opinioni, con la complicità della scarsa propensione umana a sviluppare, se non altro per autodifesa, un pensiero critico, riflessivo e approfondito.

Fake si nutre d’immagini accattivanti che con rapidità carpiscono l’attenzione e si dissolvono rimpiazzate da altre altrettanto intriganti manipolate a dovere. Il meccanismo è subdolo perché mai spudoratamente falso. Fake si insinua sguisciando fra informazioni vere soppiantandole con altre che potrebbero esserlo, poggiando su deduzioni logiche, luoghi comuni.

Fake è una sorta di evoluzione della truffa. Nulla di nuovo, dunque, nemmeno sul piano del danno sociale che vagabondando in rete può procurare, considerato l’aumento esponenziale e trasversale delle presenze sui social network e la dilagante, famelica, frenetica necessità di molti frequentatori del web di “stare sul pezzo”.

La pittura è l’arte della finzione per antonomasia, dipingere è rappresentare per via d’imitazione, verosimiglianza: un’immagine dipinta, per quanto la mano sia tecnicamente impeccabile è sempre e comunque utile a sostenere un unico punto di vista che poi si moltiplica magicamente nello sguardo di chi la osserva.

Sembrerebbe quasi che l’artista voglia ammonirci due volte, la prima rispetto al suo stesso lavoro che sceglie di restituire, non a caso, ad un fruitore eterogeneo, casualmente coinvolto, collocando le tele fuori dai luoghi deputati ad accoglierle, come a voler spingere alla consapevolezza diffusa che l’arte “comunica” e deve farlo con tutti, e poi proponendo come oggetto della sua ricerca proprio i soggetti di fake news che lascia però liquefare sotto il gocciolamento, ricorrente nelle sue opere, per sottolinearne caducità, provvisorietà e vaghezza. Quella goccia che attraversa a tutto campo la tela è il segno del ribaltamento del senso originario dell’immagine ma anche dell’intento dichiarato: sollecitare la curiosità per trasformarla in conoscenza e discernimento. Nella realtà invece ciò che è falso assurge alla vetta delle classifiche dell’informazione, la diffamazione diventa notizia e arma di distrazione di massa.

A proposito di armi: #Fake 1 è ispirato alla vicenda di Carola Rackete, comandante della Sea Watch 3. Mentre lei si difendeva dagli insulsi attacchi del governo italiano giallo-verde per strappare all’atroce destino 47 persone, qualcuno pensava di discreditarne la famiglia infangando il padre Ekkehart con l’accusa di essere un trafficante di armi. Ma neanche gli artisti più popolari e amati dal pubblico scampano all’infamia: #Fake 2 propone infatti la vicenda di Jovanotti e le sue presunte speculazioni a suon di bitcoin ovviamente false come falso il post e l’intervista nella quale le consiglierebbe ai suoi fans. #Fake 3, dulcis in fundo, è dedicato all’emergenza sanitaria scatenata dal COVID19. Nella prima opera la fake è sostenuta dalla conseguenza logica che Ekkehart Rackete, vista la carriera militare e la sua consulenza prestata presso Mehler Engineered Defence GmbH – azienda che produce sistemi complessi, legati alla sicurezza militare e civile – potrebbe tranquillamente essere un mercante di armi, sua figlia Carola una terrorista travestita da attivista. #Fake 2 è l’esempio eclatante di truffa in rete, di trading a suon di bitcoin, che sfrutta la popolarità del personaggio, cercando d’innescarne l’emulazione, allo scopo di favorire le speculazioni del mercato in criptovaluta. #Fake 3 è ancora tra noi esattamente come il COVID19 e chissà per quanto tempo ancora. La mascherina diventa simbolo e protagonista di una tempesta di notizie, delle quali difficilmente riusciremo a comprenderne l’effettiva fondatezza e per alcune anche il reale senso. La speranza è che ci sia sempre qualcuno che abbia a cuore la correttezza e la completezza dell’informazione e di conseguenza il bene dell’umanità.

Informazioni sull’artista

Giampaolo De Filippi è nato a Lecce il 4/2/1960.

Maturità artistica / Lecce

Diploma Accademia di Belle Arti / Bari

Ha insegnato nell’Accademia di Belle Arti di Sassari, di Lecce, di Palermo, di Venezia e di Catanzaro.

Attualmente vive e lavora a Palermo dove insegna pittura  e disegno all’Accademia di Belle Arti.

Ha all’attivo diverse e prestigiose esposizioni sia personali che collettive.

 

RECENSIONE | Egon Schiele disegnato e raccontato da Otto Gabos

Egon Schiele. Il corpo struggente è un graphic novel firmato Otto Gabos, edito da Centauria. Si tratta di “un racconto sulla vita di Egon Schiele, dalla nascita alla tragica morte vista attraverso il segno di uno dei più importanti graphic novelist intaliani“.

Il volume si divide in quattro capitoli, ognuno dedicato ad un momento importante della vita e della formazione e poi attività artistica di Schiele. Il primo capitolo racconta la nascita e l’infanzia dell’artista, puntando l’attenzione su due aspetti fondamentali: la figura del padre e i treni, che furono sempre presenti nella sua mente anche grazie al fatto che suo padre era un capostazione.

Mio padre faceva il capostazione e quando andavo a trovarlo a lavoro era festa. Fremevo per l’arrivo delle locomotive sbuffanti che mi apparivano enormi e terribilmente vive. (…) Fissavo a mente ogni loro movimento, ogni loro ingranaggio. Le locomotive e il resto del treno furono i miei primi disegni realizzati con il semplice pensiero.

La morte del padre segna l’esistenza di Schiele, ma questo non impedisce al giovane di inseguire il sogno di diventare un artista affermato. Nel 1906 va a Vienna per frequentare l’Accademia. Vienna è una città moderna e piena di stimoli:

Nel giro di poco più di trent’anni Vienna si era immersa nel ruolo di capitale dell’impero trasformandosi in metropoli. (…) La città che si presentò agli occhi di un giovanissimo Schiele, appena sedicenne, era spettacolare e terribile. (…) Vienna era il posto ideale per esprimere la creatività assoluta. nessuno poteva immaginare che uno splendore così abbagliante da apparire eterno sarebbe stato offuscato fino al suo oblio, travolto dell’incubo della Prima Guerra Mondiale.

Vienna era diventata la culla dell’arte e della cultura, in essa erano confluiti pittori, musicisti e scrittori, che contribuirono a dare un nuovo volto alla cultura europea, ma la guerra era dietro l’angolo a minacciare un progresso che sembrava inarrestabile.

Nel 1907 Schiele entra in Accademia e come viene raccontato nel secondo capitolo i rapporti con il suo professore, Christian Griepenkerl, non furono idilliaci e mai Schiele condivise il conservatorismo che l’insegnante sosteneva. L’incontro con Klimt fu illuminante, poichè in lui Schiele riusciva a trovare una guida per la sua arte, che aveva una sola regola: mostrare il corpo umano e la sua luce:

Io dipingo la luce che si emana da tutti i corpi.

Il terzo e il quarto capitolo sono dedicati al rapporto che l’artista ebbe con le donne della sua vita. La prima è Wally Neuzil, sua musa ispiratrice per diverso tempo, ma con la quale interruppe ogni rapporto per sposarsi con Edith Harms, la seconda sua donna, che morì di febbre nel 1918.

Wally Neuzil morì di scarlattina nel 1917 a soli ventitrè anni, due giorni dopo Natale in un campo in Dalmazia. Dal momento dell’abbandono non si era più incontrata con Egon. Qualche mese dopo morì anche Klimt per un ictus improvviso.

Schiele riuscì ad affermarsi sulla scena artistica nazionale, ma non visse abbastanza per godere pienamente del successo perché morì anche lui di febbre il 31 ottobre 1918.

A pochi mesi dalla fine della guerra Vienna si era ridotta ad un’immensa città spettrale dove poveri derelitti avvolti in stracci vagavano in cerca di qualsiasi cosa commestibile. (…) Quasi senza soluzione di continuità, come corollario crudele esplose la più devastante pandemia dopo la peste nera. Arrivò la Spagnola. In due anni fece oltre cinquanta milioni di vittime.

Tra queste vittime ci fu anche Egon Schiele, ma la sua arte trasgressiva e anticonformista lo ha reso immortale.

Lassù sulla terra che stormisce circondata da ampi boschi cammina lentamente alto e bianco l’uomo entro un vapore azzurro sempre fiutando i bianchi venti del bosco. Attraversa la terra che sa di cantina e ride e piange. (Egon Schiele)

SEGNALAZIONE | Henry Moore e la sua arte nel saggio di Francesca R. Borruso

Quarta segnalazione in questi giorni natalizi. Il libro di oggi è targato Edizioni Espera e si tratta dell’ultimo saggio di Francesca R. Borruso “Henry Moore e le piccole Veneri. Arte e identità umana”.

COMUNICATO STAMPA:

Francesca R. Borruso, romana, ha studiato presso “Sapienza” Università di Roma, conseguendo la laurea in Lettere e in Psicologia. Le sue ricerche si sono concentrate soprattutto nell’analisi della complessa psicologia degli artisti in stretta connessione con il contesto storico in cui erano vissuti. Ha lavorato per molti anni nel Musis, progetto del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, curando fra l’altro l’edizione italiana della mostra Tous parents tous Tous différents, proveniente dal Musée de l’Homme di Parigi ed esposta nel 1993 al Museo Pigorini di Roma. Ha anche ideato vari progetti, tra cui La nascita della scrittura, una realizzazione multimediale sulla civiltà Sumera in collaborazione con i proff. Giovanni Pettinato e Paolo Matthiae; la mostra La sapienza delle mani, scienza e tecnologia nel Mediterraneo, in italiano, arabo e francese, uscita contemporaneamente a Tunisi e a Roma.

In questo ultimo saggio, frutto di un lungo lavoro di ricerca, si cimenta nell’indagine legata agli aspetti poco noti del profondo interesse di Henry Moore per l’arte della preistoria proponendo una lettura originale e inedita di alcuni disegni del maestro.

Dobbiamo guardarle come sculture, solo come un buon lavoro di scultura anche se è stato fatto, come le ‘Veneri’ del Paleolitico, 20.000 anni fa. Sono una parte della vita reale, qui ed ora, per coloro che sono abbastanza sensibili e aperti per sentirlo e percepirlo.

Questo l’incipit di Henry Moore e le piccole Veneri. Il profondo interesse di Moore per l’arte della preistoria toccò negli anni diversi aspetti, dai primi studi e disegni sulle piccole sculture e bassorilievi di creature femminili conosciute come Veneri paleolitiche (1926), all’articolo Primitive Art (1941) scritto pochi mesi dopo il terribile bombardamento di Londra durante la Seconda guerra mondiale, fino ad arrivare alle Three Standing Figures (1948), alla Woman (1958) e alla Three Quarter Figure (1961).     Il filo di coerenza appassionata e continua che collega quest’interesse alla sua stessa arte, dai disegni alle grandiose sculture, si è svolto per decenni innestandosi sulla sua fondamentale ricerca sull’identità umana. Seguendo Moore nel suo percorso si risale alle prime scoperte archeologiche della seconda metà dell’Ottocento, alle ostilità e agli scontri radicali che suscitò nelle autorità accademiche e religiose la scoperta dell’esistenza della vita e dell’arte di esseri umani vissuti migliaia di anni fa. Queste posizioni erano ancora presenti all’epoca dei primi disegni e solo recentemente si comincia a guardare a un’epoca così lontana nel tempo chiamandola come lo scultore aveva sempre intuito, la Storia profonda, la nostra Storia profonda.
La lontanissima origine dell’esistenza e dell’arte dei primi esseri umani e la nostra reale continuità con loro era per Moore una certezza assoluta basata sulla sua stessa identità di artista e di uomo perché, come scriveva: l’arte è un’attività universale e continua senza nessuna separazione fra passato e presente.

Se vuoi acquistare il libro CLICCA QUI e approfitta della mia affiliazione Amazon.

Campania tutta da scoprire: mostre e luoghi da visitare

L’estate è il tempo delle ferie, dei viaggi e del relax. Tutto rallenta e si cerca di trascorrere le giornate nell’ozio.

I più fortunati riescono a organizzare un viaggio all’estero; molti scelgono come meta le spiagge italiane che tutti ci invidiano. Negli ultimi anni sembra essere aumentato il turismo verso i luoghi d’arte e la Campania, senza togliere niente a nessuno, vanta delle eccellenze. In questo articolo, un po’ diverso dal solito, vorrei suggerire a chi deciderà di venire in Campania, o a chi vuole fare anche solo una gita di un giorno, alcuni luoghi imperdibili.

Partiamo proprio da Napoli!

Napoli – Piazza Plebiscito

Sarebbe inutile dirvi cosa vedere a Napoli; chi non ne conosce, almeno per sentito dire, le bellezze artistiche e le bontà gastronomiche!
Basta passeggiare tra le sue vie per vedere in ogni angolo tracce di un passato storico-artistico di inestimabile valore.

Non voglio parlarvi di nessuna chiesa o edificio, ma vi suggerisco di non perdere la mostra inaugurata a Palazzo Zevallos con il celebre dipinto di Leonardo Testa di donna, detta “La Scapigliata”.

La Scapigliata di Leonardo da Vinci – particolare

La nota ufficiale della mostra dice che si tratta di un eccezionale prestito concesso dal Complesso monumentale della Pilotta di Parma in occasione della rassegna “L’ospite illustre” che anticipa le celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Leonardo previste nel 2019. La mostra (cliccate qui per maggiori info) è aperta fino 2 settembre 2018.

Quando si pensa a Napoli è facile associarla a Pompei ed Ercolano, forse i siti archeologici più famosi d’Italia. Ma prima di andare sui luoghi vi consiglio di visitare la mostra al Museo Archeologico Nazionale di Napoli dal titolo Ercolano e Pompei. Visioni di una scoperta.

Pompei – Il Teatro

Si tratta di un percorso nelle suggestioni che le città vesuviane, sepolte dall’eruzione del 79 d.C. e svelate dagli scavi del XVIII secolo, hanno esercitato su interpreti d’eccezione, vissuti tra il Settecento e gli inizi del Novecento. Il percorso espositivo è una narrazione a ritroso nel tempo, le cui tappe non sono soltanto segnate da preziosi reperti archeologici, ma anche da oltre duecento opere esposte tra cui l’anello di re Carlo di Borbone, grande sostenitore dei primi scavi, e il taccuino con disegni acquerellati e annotazioni dell’archeologo inglese William Gell. La mostra durerà fino al 30 settembre 2018.

 

Cratere del Vesuvio

Amate le escursioni? Imperdibile è la visita al Parco Nazionale del Vesuvio, che vi propone ben 9 sentieri per una lunghezza complessiva di 54 Km di camminamento in cui scoprire un paesaggio dalla vista mozzafiato.

Se invece siete a Caserta per visitare la bellissima Reggia e partecipare magari al contest fotografico organizzato dal Network delle Residenze Reali Europee che è in essere fino al 23 agosto su Instagram condividendo le foto scattate usando gli Hastag #allareggiaconNoi e #europeanroyalpalaces, allungatevi fino alla vicina Santa Maria Capua Vetere, perché al Museo archeologico dell’antica Capua fino al 28 Ottobre 2018 c’è la mostra Annibale a Capua, dedicata alla figura del grande condottiero cartaginese, alla sua grandiosa impresa in Italia e, in particolare, alla sua permanenza a Capua nel III secolo a.C..

Particolare di una delle Basiliche di Cimitile

Per il turismo religioso c’è solo l’imbarazzo della scelta, ma vi segnalo due siti in particolare. Il primo, forse non molto conosciuto, è il complesso delle quattro Basiliche Paleocristiane di Cimitile. Una testimonianza unica che vi lascerà stupiti.

Il secondo è la maestosa Certosa di Padula (Salerno), che con i suoi chiostri, le cucine e la chiesa vi lasceranno senza fiato.

Particolare dell’interno della Certosa di Padula

Avrei tanti e tantissimi siti e luoghi da segnalarvi in Campania, ma per questa volta penso di aver detto già molto.

Buon viaggio!

Mr Punch, una tragedia in versi e versacci

Non è la prima volta che vi parlo di Stefano Bessoni e da quando l’ho scoperto cerco di non perdere nessuna delle sue pubblicazioni. Pinocchio, Oz, Alice e Mr Punch sono alcuni dei suoi titoli editi da Logos edizioni.

Pulcinella-800x800 (2)
Illustrazione presente nel volume Mr Punch

Bessoni compie una operazione di rilettura dei classici per bambini – non solo per bambini se vogliamo essere precisi – estremamente interessante. Questa rilettura rende i suoi libri del tutto unici e originali. L’autore, oltre ad essere un illustratore eccellente, riesce a vedere nelle favole il risvolto della medaglia. Un volto diverso, macabro, bizzarro, inusuale, che forse non abbiamo mai saputo leggere nelle favole dell’infanzia.

bessoni
Copertina del libro

Nel suo Mr Punch si incontrano due personaggi, Pulcinella e il suo corrispettivo inglese, Mr Punch appunto, protagonisti del teatro dei burattini e della Commedia dell’Arte. Da dove nasce l’attenzione per questi personaggi ce lo dice l’autore stesso al termine del libro:

Io ho voluto raccogliere molte delle notizie e delle suggestioni sulle più famose incarnazioni di quella figura tanto arcaica quanto misteriosa e ho lavorato inizialmente su quella di Mr Punch, a me emotivamente ed espressivamente più vicina, poi mi sono avvicinato a quella di Pulcinella, scoprendo che in realtà era lui il prototipo originale di quella singolare progenie e che aveva aspetti molto più interessanti di quanto si possa superficialmente pensare, magari accomunandolo solo alle maschere della Commedia dell’Arte.

Così nasce un volume che, attraverso una narrazione in versi con rima baciata, racconta le gesta non proprio eroiche di Pulcinella e Mr Punch.

Ho cercato i canovacci delle tante rappresentazioni con i burattini e ho voluto costruire un mio personale spettacolo, dove i due personaggi nascono e vivono le loro avventure parallelamente, lontani geograficamente, come fossero due gemelli divisi prima ancora della nascita.

Bessoni ci narra le vicende di due figure dall’esistenza incerta e spregiudicata. Infatti, di essi scrive:

Li ho immaginati entrambi nati deformi, nati da un uovo e alle prese con una vita balorda e difficoltosa nei bassifondi di Londra e Napoli, tra truffatori, ladri e prostitute.

Una rilettura che incuriosisce e che fa riferimento alla profonda stratificazione culturale e antropologica legata ai due personaggi. I volumi di Bessoni, e in particolare Mr. Punch, sono belli non solo da leggere – il testo è sempre accompagnato dalla traduzione in inglese -, ma anche da guardare, perché sono arricchiti dalle “terrificanti” illustrazioni dell’autore.

Uccisione-guappo-800x800 (2)
Illustrazione inserita in Mr Punch

Oscar Wilde e la tragedia del De Profundis

Era il 25 maggio del 1895 quando Oscar Wilde venne condannato a due anni di lavori forzati perché colpevole di sodomia. Questo è l’epilogo di una serie di processi che il commediografo inglese dovette affrontare dopo la denuncia che il marchese di Queensberry gli mosse perché fortemente contrariato della sua amicizia equivoca con il figlio Lord Alfred Douglas.

wilde-douglas
Oscar Wilde e Lord Alfred Douglas

Oscar Wilde dovette affrontare tre processi che, oltre alla condanna, gli costarono la bancarotta e l’interdizione alla pubblicazione delle sue opere. Recluso nel carcere di Wandsworth venne trasferito a Reading a causa delle sue condizioni di salute. È qui che lo scrittore ottenne il permesso di redigere quella che forse è una delle più lunghe lettere mai scritte: De Profundis. Quest’opera, il cui titolo scelto da Wilde era Epistula: in Carcere et Vinculis, è indirizzara a Bosie, pseudonimo che nasconde l’identità di Lord Alfred Douglas. Già l’incipit dell’opera ci fa capire quale fosse lo stato d’animo dello scrittore al momento della scrittura e quanto fosse profonda la sua delusione:

Caro Bosie,
dopo lunga e sterile attesa ho deciso di scriverti io, per il tuo bene come per il mio, poiché non vorrei proprio ammettere d’essere passato attraverso due lunghi anni di prigionia senza mai ricevere un solo rigo da te, una qualsiasi notizia, un semplice messaggio, tranne quelli che m’arrecarono dolore.
La nostra amicizia, nata male e tanto deplorevole, è finita con la rovina e con la pubblica infamia per me, eppure il ricordo del nostro antico affetto mi fa spesso compagnia, e mi riesce così triste, così triste il pensiero che l’astio, l’amarezza, il disprezzo debbano prendere per sempre il posto dell’amore nel mio animo: e anche tu sarai convinto, suppongo, nel profondo del tuo cuore che scrivermi, mentre vivo nella solitudine di questo carcere, sia sempre meglio di pubblicare le mie lettere senza il mio permesso o di dedicarmi versi non richiesti, e non c’è alcun bisogno che il mondo sappia qualcosa delle parole, di qualsiasi parola, di dolore o passione, rimorso o distacco che ti piacerà inviarmi come replica o appello.

 

wilde-oscar-deprofundis-B20146-19.jpg
Incipit del De Profundis custodito presso la British Library

 

Quando si legge il De Profundis non si incontra più l’anticonformista, amante del bello, il personaggio pubblico e l’uomo di spettacolo, tutti aspetti che avevano reso Oscar Wilde celebre e acclamato, ma semplicemente l’uomo con le sue fragilità, le sue amarezze, le sue delusioni verso chi evidentemente lo aveva illuso e tradito. La preoccupazione per i familiari e il disprezzo crescente verso il destinatario della lettera è palese e non lascia alcun tipo di fraintendimento, ma quello che più colpisce è forse la rabbia per se stesso e che si trasforma, nelle parole dello scrittore, in una analisi sprezzante di “Bosie”:

Comincerò col dirti che mi biasimo moltissimo. Mentre siedo qui, in questa buia cella, con addosso gli abiti del galeotto, in disgrazie e ridotto in rovina, biasimo me stesso soprattutto. Nelle notti agitate e tormentate dall’angoscia, nei lunghi monotoni giorni del dolore, biasimo me stesso. Mi biasimo per aver lasciato che un’amicizia non intellettuale, un’amicizia il cui primo scopo non era la creazione o la contemplazione di cose belle, dominasse interamente la mia esistenza. Fin dall’inizio fra di noi la breccia fu troppo ampia. A scuola eri stato un perdigiorno, peggio di un perdigiorno all’università. Il tuo attaccamento ad una vita di sperperi dissennati, le tue incessanti richieste di denaro, le tue pretese che ogni tuo piacere fosse pagato da me, sia che fossi o non fossi al tuo fianco, molto presto mi ridussero in serie difficoltà finanziarie. Inoltre, ciò che rendeva le tue stravaganze comunque prive di interesse per me, mentre la tua presa sulla mia vita si faceva sempre più stretta, era il fatto che i soldi venivano in realtà spesi quasi esclusivamente per mangiare, bere e cose simili.

Insomma, un legame con una persona ingrata che lo porta alla rovina e di cui lo scrittore si colpevolizza quando scrive:

Ma soprattutto mi rimprovero per la totale degradazione etica a cui ti ho concesso di spingermi.

Egli avrà vissuto momenti di sconforto nel carcere, un ambiente che gli è ostile, che è lontano dalla sua personalità, che lo colpisce nel profondo

La verità nell’Arte è l’unità di un oggetto con se stesso; l’aspetto esteriore esprimente l’interiorità; l’anima incarnata, il corpo infuso di spirito. Per questa ragione nessuna verità è paragonabile al Dolore. Vi sono momenti in cui il Dolore mi appare come l’unica verità.

Una situazione quella vissuta con l’amante che lo conduce anche a trascurare la sua arte, ma nonostante ciò, nonostante la condizione di sofferenza, egli passerà ad un nuovo stato d’animo che lo spingerà al perdono in virtù di un valore alto di cui l’amore è portatore:

L’amore è nutrito dall’immaginazione, che ci fa diventare più saggi di quanto sappiamo, migliori di come ci sentiamo, più nobili di come siamo.

In carcere non gli fu concesso il permesso di inviare la lettera. Lo scrittore consegnò la lettera all’amico Robert Ross con l’incarico di inviarla a Lord Alfred Douglas, il quale negerà di averla mai ricevuta. Ross si occupò anche di pubblicarla successivamente con il titolo di De Profundis. Nella prefazione lo stesso Ross scrive:

Per lungo tempo s’acuì la curiosità intorno al manoscritto del De Profundis che si sapeva in mano mia, perché l’autore ne aveva accennato a vari altri amici. Questo libro non ha bisogno d’introduzione e meno ancora di spiegazione. Ho solo da dire che fu scritto dal mio amico negli ultimi mesi della sua prigionia, ed è la sola opera ch’egli componesse in carcere e l’ultima sua in prosa. (La ballata del carcere di Reading venne poi composta e concepita dopo che l’autore fu liberato). Vorrei sperare che il De Profundis – che esprime così veramente e con tanta pena l’effetto d’uno sfacelo sociale e della prigionia sopra una tempra singolarmente intellettuale e artificiale – darà al lettore un’impressione ben diversa dell’ingegnoso e delizioso scrittore.

 

Le illustrazioni di Carroll

Quando si parla di libri illustrati, si pensa subito alle favole per bambini. E l’opera di Carroll sembra avere, come dicevamo nel post precedente, i bambini quali interlocutori privilegiati. Un’opera che è, dunque, destinata a bambini richiede necessariamente un corredo illustrativo. Sappiamo che Carroll compose in una nottata il testo che poi regalò alla piccola Alice Liddell il Natale successivo, compreso di illustrazioni realizzate di suo pugno.

Wonderland Original Manuscript
Il manoscritto originale di Carroll (foto di Matt Rourke)

Carroll sentì la necessità di disegnare Alice e le scene per invitare l’immaginazione del lettore a costruire l’ambientazione o è semplicemente un tentativo di rendere più gradevole la lettura? Non è facile rispondere a questa domanda, forse sono esatte entrambe o ci saranno altre motivazioni, ma sicuramente esse rispondono ad una modalità comunicativa che in epoca vittoriana ha la sua discreta diffusione.

manoscritto
Particolare del manoscritto di Carroll

Ma quali sono le caratteristiche delle illustrazioni delle opere di Alice? Innanzitutto bisogna dire, come è ben noto, che le illustrazioni più famose di Alice nel paese delle meraviglie furono affidate a John Tenniel in seguito alla richiesta dell’editore Macmillan, il quale decise di pubblicare l’opera ampliata e con le immagini. John Tenniel era considerato uno dei maggiori illustratori sia per le tavole delle favole di Esopo sia per la collaborazione con la nota rivista Punch, per la quale realizzava caricature e vignette satiriche.

punch748
Copertina di Punch del 10 novembre 1855

Quando Tenniel disegna per Carroll sicuramente si esprime al massimo livello. Il tratto pittorico di Tenniel è netto, chiaro, preciso, anche se Carroll mosse qualche perplessità vedendo in Alice una qualche sproporzione nella testa e nei piedi, tratto che manterrà anche in altri personaggi.

220px-Alice_par_John_Tenniel_04
Alice disegnata da Tenniel

Questa caratteristica probabilmente è figlia dell’attività caricaturale dello stesso Tenniel. Ma il nostro illustratore può essere ben circoscritto, come lo stesso Carroll, nella corrente culturale del periodo. Forse in maniera alquanto ardita, possiamo affermare che in qualche modo Tenniel subisce le caratteristiche della Fairy painting, una corrente pittorica tutta di epoca vittoriana specializzata nella raffigurazione delle fate e del mondo incantato in cui persiste una quasi maniacale attenzione ai dettagli e alle atmosfere. Si diffonde in Inghilterra in pieno ‘800 un’altra corrente pittorica: il Preraffaellismo. Tenniel può essere considerato un Preraffaellita? La Confraternita dei Preraffaelliti si diffonde, come corrente artistica, con lo scopo di abbattere il messaggio di Raffaello Sanzio, considerato colpevole di aver esaltato l’idealizzazione della natura e sacrificato la realtà in favore della bellezza. I preraffaelliti sono molto vicini alla corrente simbolista e aprono la strada al decadentismo. È ipotizzabile che Tenniel tenesse in considerazione o che fosse in qualche modo influenzato da queste idee culturali che nascono e si diffondo in patria. Se si leggono bene le illustrazioni di Tenniel è possibile vedere, in una certa maniera, tutto questo. Carroll accusò Tenniel di non aver avuto in considerazione dei modelli:

Il signor Tenniel è il solo artista che abbia disegnato per me, ad essersi risolutamente rifiutato di servirsi di un modello e ad aver dichiarato di non aver più bisogno di un modello.

(Il passo è citato nella nota 1 al capitolo I nell’edizione Bur del 2010 a cura di M. Gardner)

In realtà, probabilmente, dei modelli li ebbe. Quando disegnò il personaggio del Re nel secondo volume lo rappresenta in un modo ben preciso: se si accostano le immagini, è possibile notare una certa somiglianza tra il Re disegnato da Tenniel e il Re di Cuori che troviamo raffigurato sulle carte francesi, disegno che è presente fin dal 1567 nella tradizione dei maestri disegnatori di Rouen, antico centro di produzione da dove presero origine molti elementi ancora presenti nei mazzi di  carte moderni.

20160214_193628-1
Illustrazione di Tenniel

King_of_Hearts_Ruen_pattern_comparison
La raffigurazione del Re di Cuori sulle carte francesi di Rouen

Mandami tanta vita

Mi ha sempre incuriosito quel ragazzo con gli occhialini e i capelli ribelli. Audace sostenitore dei propri ideali e fiero oppositore del fascismo, che lo portò alla morte a soli 25 anni. Una vita breve ma intellettualmente molto intensa. Parlo di Piero Gobetti, giornalista, direttore ed editore.

pierogobetti
Piero Gobetti

Non ho mai approfondito seriamente la sua figura, ma ho approfittato del romanzo scritto da Paolo Di Paolo per rinfrescarne la memoria. Edito da Feltrinelli nel 2013, Mandami tanta vita è un racconto romanzato di un giovane dalle idee chiare. Così scrive, in una nota, l’autore

Mandami tanta vita è un’opera di finzione: parecchi dettagli sono presi in prestito da lettere, documenti, testimonianze, ma tutto è stato rielaborato in assoluta libertà. Saggi storici, articoli dell’epoca, romanzi e racconti di altri scrittori hanno fatto da motore, da supporto, da conferma all’immaginazione.

Sarà anche finzione, ma la resa è molto realistica. La lettura, fatta in brevissimo tempo come avviene per tutti i libri di Paolo Di Paolo, lascia un non so che di nostalgico. In essa si rivivono le giuste atmosfere, mi vengono in mente quelle fotografie con i contorni sfocati, color seppia, quei mobili da sala da pranzo dalle linee semplici, con gli sportelli fatti di vetro opaco e lo specchio addossato alla parete ricoperta di carta da parati in stile damascato. Nelle trame della scrittura, ripercorrendo le vicende di Piero e di Moraldo, è possibile respirare la tensione di anni difficili, le speranze, i desideri, lo slancio della gioventù.

Moraldo è coetaneo di Piero e per quest’ultimo prova ammirazione. Vorrebbe conoscerlo, saperne di più, prendere esempio da lui. La vicenda si snoda a vicende alterne da Piero a Moraldo, da Moraldo a Piero, descrivendone i caratteri, le aspirazioni, le illusioni.

3920234_252799

Quella di Paolo di Paolo è una scrittura evocativa, ma allo stesso tempo asciutta e concreta, che ha contribuito a inserire Mandami tanta vita nella cinquina finale dell’edizione 2013 del Premio Strega.

Ciò dimostra l’elevata qualità che ha raggiunto Paolo Di Paolo nello scrivere: mai banale, mai lezioso, sempre scrupoloso e intenso.