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Cinque consigli di lettura per l’estate tra classici e nuove uscite.

Dopo qualche perplessità, mi sono convinta a farvi un articolo in cui vi consiglio delle letture per l’estate. Si tratta di nuove uscite e qualche classico, che ritengo importante leggere o rileggere. Ho scelto questi libri perché mi sono piaciuti o mi piacerebbe leggere a breve (anche se non li ho letti, conosco lo stile dell’autore e so che difficilmente mi deluderà). Alcuni li ho anche regalati e magari potreste anche voi regalarli a qualcuno che amate. Ma bando alle ciance, ecco i miei consigli per l’estate: 

Le cinque donne di Hallie Rubenhold (Neri Pozza)

Sinossi:

Londra, 1887: l’anno, recitano i libri di storia inglese, del Giubileo d’Oro, dei festeggiamenti per il cinquantenario dell’ascesa al trono della regina Vittoria. L’anno, però, anche di una storia di cui pochissimi sono a conoscenza, e che i più preferiscono dimenticare: la storia di una senzatetto, Mary Ann Nichols, detta Polly, che bivaccava come tanti a Trafalgar Square. A differenza della monarca, la sua identità sarebbe presto caduta nell’oblio, anche se il mondo avrebbe ricordato con grande curiosità il nome del suo assassino: Jack lo Squartatore. Polly fu la prima delle cinque vittime «canoniche» di Jack lo Squartatore, o di quelle la cui morte avvenne nel quartiere di Whitechapel nell’East End. Al suo omicidio seguì il ritrovamento dei cadaveri di Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes e Mary Jane Kelly. La brutalità degli omicidi di Whitechapel sconvolse Londra, soprattutto perché l’assassino riuscì a darsi alla macchia senza lasciare indizi circa la sua identità. Mentre il cosiddetto «autunno del terrore» volgeva al termine, Whitechapel si riempì di sedicenti giornalisti intenti a cavalcare l’onda. I giornali andarono a ruba e, in mancanza di informazioni certe da parte delle autorità, le pagine furono sommerse di infiorettature, invenzioni e voci infondate, come quella secondo cui i pensionati di Whitechapel fossero «bordelli di fatto, se non di nome», e quasi tutte le donne che vi risiedevano, con pochissime eccezioni, fossero delle prostitute.
Per centotrenta anni le vittime di Jack lo Squartatore e le loro vite sono dunque rimaste invischiate in una rete di supposizioni, pettegolezzi e ipotesi inconsistenti, cosicché oggi, le storie di Polly, Annie, Elizabeth, Kate e Mary Jane portano ancora impressi il marchio e la forma che i valori vittoriani hanno dato loro: maschili, au-toritari e borghesi. Valori elaborati in un’epoca in cui le donne non avevano né voce, né diritti. Ma chi erano queste donne, e come hanno vissuto prima che la loro esistenza venisse barbaramente spezzata dalla mano di un feroce assassino? Attraverso un imponente lavoro di documentazione e una scrittura che lo rende appassionante come un romanzo, Le cinque donne riesce pienamente nel suo obiettivo di dare un volto alle donne che per troppi anni sono rimaste oscurate da un mito, restituendo loro ciò che tanto brutalmente hanno perduto insieme alla vita: la dignità.

Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald (Bompiani)

Sinossi:

Scritto in modo magistrale con la tecnica dello scorcio perfezionata da Henry James, Il grande Gatsby, ambientato a New York e a Long Island nell’estate del 1922, racconta – con la voce di uno dei personaggi, Nick Carraway – l’età del jazz, le sue contraddizioni e la sua tragicità narrando pagina dopo pagina la disintegrazione del mito americano e la strenua difesa di un abbacinante sfavillio di facciata. Nick vive accanto alla sfarzosa villa di Jay Gatsby, personaggio eccentrico e misterioso che organizza feste sfrenate frequentate dall’alta società, ed è tormentato da un pensiero fisso: riconquistare Daisy, la donna di cui è innamorato da sempre, sposata con Tom Buchanan, famoso giocatore di polo. La relazione clandestina in cui Gatsby riesce a coinvolgerla trascinerà entrambi verso un epilogo tragico. Sorta di autobiografia spirituale di Fitzgerald che, accantonati alcolismo e vita da playboy, voleva capire i motivi del suo stesso inabissamento, ha avuto vari adattamenti cinematografici, tra cui la versione del 1974 diretta da Francis Ford Coppola con Robert Redford e Mia Farrow e l’ultima, nel 2013, protagonista Leonardo di Caprio, premiata con due Oscar.

Stoner di John Williams (Fazi Editore)

Peter Cameron scrive:

«William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato; mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita; per quasi quarant’anni è infelicemente sposato alla stessa donna; ha sporadici contatti con l’amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo; per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante. Come riesce l’autore in questo miracolo letterario? A oggi ho letto Stoner tre volte e non sono del tutto certo di averne colto il segreto, ma alcuni aspetti del libro mi sono apparsi chiari. E la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria. È il caso che abbiamo davanti. La prima volta che l’ho letto sono rimasto sbalordito dalla qualità della scrittura, dalla sua pacatezza e sensibilità, dalla sua implacabile chiarezza abbinata a un tocco quanto mai delicato. Dio si nasconde nei dettagli e in questo libro i dettagli ci sono tutti: la narrazione volteggia sopra la vita di Stoner e cattura ogni volta i momenti di una realtà complessa con limpida durezza […], e attraversa con leggera grazia il cuore del lettore, ma la traccia che lascia è indelebile e profonda».

La strada di casa di Kent Haruf (NN Editore)

Sinossi:

Jack Burdette è sempre stato troppo grande per Holt. È fuggito dalla città lasciando una ferita difcile da rimarginare, e quando riappare dopo otto anni di assenza, con una vistosa Cadillac rossa targata California, la comunità vuole giustizia. È Pat Arbuckle, direttore dell’Holt Mercury e suo vecchio amico, a raccontare la storia di Jack: dall’adolescenza turbolenta all’accusa di furto, dal suo lungo amore per Wanda Jo Evans al matrimonio lampo con Jessie, donna forte e determinata. Uno dopo l’altro, i ricordi di Pat corrono no al presente, rivelando le drammatiche circostanze che hanno portato Jack ad abbandonare la città e la famiglia. Il suo ritorno farà saltare ogni certezza, minando la serenità di tutti, specialmente quella di Pat. Ancora una volta Kent Haruf, con il suo sguardo tenero e implacabile sulla vita e il destino, ci racconta la storia di un’umanità fragile, ostinata e tenace. Scritto prima della Trilogia della Pianura e già con la stessa grazia letteraria, La strada di casa è l’ultima opera di Haruf non ancora tradotta in Italia, il canto di una comunità dolente, un romanzo epico che ha tutti i segni distintivi del classico americano contemporaneo. Questo libro è per chi cerca punte di frecce nei campi, per chi crede alla promessa di I love you in a thousand ways di Lefty Frizzell, per chi balla tutta la notte senza mai arrendersi alla stanchezza, e per chi torna a casa per vedere le sue montagne, anche se non ci sono, anche se sono soltanto una tenue linea frastagliata all’orizzonte.

I Vicerè di Federico De Roberto (Feltrinelli)

Dalla prefazione di Luigi Lunari:

“I Viceré si iscrive a mio avviso nel capitolo delle grandi saghe che con la potenza di un affresco narrano alcuni decenni di storia attraverso le vicende di una famiglia, di una stirpe, di un ceto sociale, assunti come monade del mondo che li circonda. […] I Viceré è una disperata, sofferta, dolorosa confessione. La confessione di un essere umano che si identifica totalmente con una precisa società, e ne racconta i fatti e i misfatti con una oggettività insistita e impietosa; come un serial killer che una volta preso e smascherato svuota finalmente il sacco dei suoi delitti, rivelandone addirittura di insospettati. […] I Viceré è dunque davvero un lungo, dolente monologo. Dal suo senso più profondo possono anche distrarre i fatti, i conflitti, i personaggi che ne animano le pagine, e che nel romanzo tengono desta l’attenzione, incuriosiscono, e addirittura appassionano. Ma il più autentico filo conduttore è quello: il dolore, forse anche la disperazione, che ne fanno il sofferto epicedio di questa società di naufraghi della Medusa, atavicamente impotente, alla quale l’autore è atavicamente legato e alla cui sorte si immola.”

 

 

SEGNALAZIONE | Arriva in libreria “Isolato”, il romanzo d’esordio di Marco Arcangeli

È in libreria da qualche giorno Isolato”, il libro di Marco Arcangeli, pubblicato da Pav Edizioni. Si tratta di un romanzo breve, dove l’autore sfrutta la metafora per rappresentare e mettere nero su bianco vicende di vita personale. Il libro è promosso dall’agente letterario Eleonora Marsella.

Sinossi:

“Isolato” è un mulo testardo. Come tutti i muli, del resto. Orfano dalla nascita, la solitudine è l’unica figura che l’accompagna fino a quando non conosce il padrone, un uomo dal “buffo cappello in testa da cui spiccava una piuma marrone bella dritta”. Assieme, affiorano in lui tutti quei sentimenti negati dal fato e, in breve tempo, diventa l’unica vera persona su cui poter contare. Scoprendo il calore della fiducia, però, si rende conto anche di quanto sia facile perderla. E in quel momento, di nuovo solo, decide di reagire. Durante il suo percorso, tra alti e bassi, si imbatte in un ragazzino, a prima vista molto diverso dal padrone. Ma sarà poi davvero così? Un racconto personale di un mulo, della sua solitudine e della sua battaglia; tra sofferenze, ricordi e piccoli momenti di felicità, questo cammino tra le montagne alpine in tempo di guerra lo porterà a farsi delle domande e a capire che l’aiuto è qualcosa di spontaneo, perché, con la persona giusta al nostro fianco, l’esserci non dev’essere neanche chiesto. Qualunque sia il cammino, nessuno potrà mai farcela da solo.

Biografia di Marco Arcangeli

Marco Arcangeli, classe 1988, nato e cresciuto a Torino, lavora a Reggio Emilia e vive a Parma. Laureato in ingegneria, scrive da sempre – spesso in metafora – traendo le vicende dalla propria vita privata. Questo primo romanzo breve ne è un esempio, nato dalla necessità di mettere nero su bianco una storia scritta nel modo più onesto possibile.

SEGNALAZIONE | Dall’altro lato del bancone, il libro di Adelio Tamburrini

È uscito lunedì 13 luglio 2020, il libro Dall’altro lato del bancone (Mosaico Edizioni) di Adelio Tamburrini. Il libro, ambientato a Roma, è ispirato al rapporto padre-figlia attraverso uno scambio epistolare.

Sinossi:

Nel libro l’autore racconta la sua vita alla figlia in forma di lettera, scritta durante i giorni del lockdown da pandemia Covid-19, raccontando i suoi vari alti e bassi nel lavoro di giornalaio nel cuore di Roma. In queste righe dimostra come lei sia sempre il suo punto di forza, ciò che lo ha sempre spinto a rimettersi in piedi dopo ogni caduta. La lettera, come definito nel finale, è una lotta dell’autore con se stesso mentre il mondo intero sta lottando con un nemico comune. Un modo per ricordare la forza individuale di ogni uomo in questi giorni bui.

L’autore:

Adelio Tamburrini nasce professionalmente come Operatore Macchine Utensili, cresciuto e maturato, nel settore aeronautico. Al servizio della Mach Aviation S.r.l. si specializza nel ramo del Landing Gear con ben quindici anni di esperienza. Nel corso di questi anni si prende una pausa dal settore aeronautico e si dedica a tutt’altro, dove riscopre se stesso. Nel campo lavorativo si è sempre mostrato dinamico e versatile. Un padre molto presente con la sua unica figlia, alla quale non fa mancare amore e divertimenti. Con il tempo ha sviluppato molti interessi: musica, cinema e arte. Ma predilige specialmente quelli che mettono in risalto il suo estro creativo.

SEGNALAZIONE | Il lungo inverno invincibile, il fantasy d’esordio di Silvia Tufano

Ultimamente vi sto proponendo una segnalazione dietro l’altra e per non spezzare questa catena oggi vi prpongo il romanzo fantasy di Silvia Tufano, Il lungo inverno invincibile edito da Scatole Parlanti nella collana Mondi.

Sinossi: 

Il primo incontro tra i due protagonisti di questo romanzo non avviene in uno scenario idilliaco; malgrado ciò, Bob capisce subito di trovarsi di fronte a un bambino speciale, Robert. Il legame tra i due risulta subito palpabile e indissolubile, ma un lungo inverno – metaforico e non solo climatico – spinge il loro cammino su due percorsi paralleli. Le loro unicità e le loro storie si fondono in un vortice di affetto, amicizia e surrealismo, in una dimensione spazio-temporale senza limiti e oltre il tempo. Quanto di quello che avranno vissuto insieme, però, sarà realmente accaduto e quanto, invece, soltanto immaginato?

L’autrice:

Silvia Tufano è una pedagogista specializzata nel recupero del disagio sociale. Ha trascorso gran parte della sua esistenza a Napoli e provincia, dove ha lavorato a fianco degli ultimi e degli invisibili. Tra i suoi precedenti lavori figurano la raccolta di racconti brevi Il sole sorge a est (Aletti Editore, 2014) e il romanzo La pioggia si può bere. Si è aggiudicata quattordici premi letterari in Italia e all’estero. Artista poliedrica, è conosciuta anche negli Stati Uniti, con cui intrattiene rapporti lavorativi costanti dal 2016.

RECENSIONE | La magia di una storia dimenticata, il romanzo di Simona Rossi

La magia di una storia dimenticata è il romanzo d’esordio di Simona Rossi, edito da Società Editrice “Il Ponte Vecchio”.

Ho una storia da raccontare, una storia rimasta chiusa nel cassetto di un tavolo per circa centocinquant’anni. Un giorno per un caso fortuito, il doppio fondo di questo cassetto è stato aperto e ne è uscito un pacco con un centinaio di lettere.

Queste sono le prime parole che si leggono nel prologo al romanzo e sicuramente accendono la curiosità anche del lettore più distratto. È una storia, quella raccontata da Simona Rossi, tra verità e fantasia, tra storia familiare e storia di una nazione.

In questa favola c’è una principessa, una Cenerentola moderna che al posto della scarpetta di cristallo indossa le ballerine comprate al mercato; incredibilmente, sono le sorellastre cattive a calzare la scarpa di cristallo. La matrigna è l’incubo della fanciulla, è il passato che non smette di tormentarla, di notte, svegliandola di soprassalto.

La voce narrante di questa storia coincide con quella dell’autrice, che ritrova in cantina un vecchio tavolo e in quel tavolo farà una scoperta sorprendente.

In cantina vi era un vecchio tavolo, solo, al centro di una buia e fredda stanza. Era rimasto lì, dimenticato da tutti, come in attesa di qualcuno che se ne prendesse cura. Il tavolo che mio nonno aveva costruito e sistemato in quella che un tempo era diventata la cucina di mia nonna, poi di mia mamma, poi la mia. La cucina della mia infanzia, dove sono nata e cresciuta, dove la nonna mi insegnava a fare la pasta.

Il ritrovamento che viene fatto, alimenta la curiosità della scrittrice che inizia a desiderare di saperne di più e soprattutto a capire il nesso che esiste tra quelle lettere, i loro autori e la sua amata nonna, “che forse in tutta questa storia è il filo conduttore”.

Al momento, ho una sola certezza: sono stata la prima a fidarmi delle lettere. Le ho trovate, le ho lette, ci ho creduto e la mia vita è di colpo cambiata. Un tuffo nell’oceano di un passato risvegliato attraverso ricordi che giacevano nell’abisso e che, come un tesoro, sono riemersi, diventando la ricchezza del presente.

Inizia, così, per Simona Rossi una vera e propria indagine archivistica per risalire all’identità dei protagonisti, Alberto e Amalia in primis, a cui si aggiunge la ricostruzione di legami e affetti, che si incrociano, inevitabilmente, con i fatti storici. Chi sono i protagonisti di questa storia? Alberto è un giovane che proviene da una famiglia dell’entroterra calabrese, ma che ha ben chiaro il suo futuro: vuole studiare Giurisprudenza a Bologna. La notizia non entusiasma la famiglia e, in particolar modo, il padre, che in un primo momento gli pone il veto, ma poi, vinto dalla determinazione del figlio, lo lascerà partire.

Padre, ho deciso di andare, ho ricevuto la comunicazione di ammissione alla facoltà di Giurisprudenza, partirò per Bologna. (…) Voglio diventare avvocato, voglio dare un significato alla mia vita, qui non c’è futuro. Se rimango e se voglio mangiare, rischio solo di diventare un brigante come tanti, come il figlio del vostro amico Giovanni.

Ottenuto il consenso della famiglia, Alberto Ghini, appena diciassettenne, parte per Bologna e si stabilisce presso la tenuta di Amalia Tomba, che in cambio della manodopera del ragazzo offre vitto e alloggio. La padrona di casa è una donna buona, amata da tutti e rimasta prematuramente vedova, si è chiusa in un lutto strettissimo che le vieta di vivere ogni gioia. Amalia si sente responsabile della morte del marito, avvenuta secondo lei per un suo capriccio. L’arrivo di Alberto smuoverà qualcosa nella donna, che vedrà nel giovane il figlio mai avuto. La fitta corrispondenza tra i due, che si sviluppa negli anni, serve all’autrice e al lettore per ricostruire la storia di questi straordinari protagonisti, ma anche uno spaccato di storia politica e sociale dell’Italia della seconda metà dell’’800.

Non posso svelarvi molto della trama, ma sono sicura che troverete avvincente la narrazione e l’”indagine” che viene svolta nel libro, di cui il lettore è in qualche modo parte integrante. Una storia commovente e coinvolgente, ricca di ideali, sentimenti e speranza, che ci insegna a credere nei sogni.

Sapete in cosa credo? Nelle favole, per poter visitare mondi lontani, per imparare sempre qualcosa di nuovo sulla vita, per ridere e divertirsi. E soprattutto per far sì che i sogni si tramandino di generazione in generazione, diventando immortali.

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RECENSIONE | Milioni di stelle, il romanzo d’esordio di Barbara Valenti

Milioni di stelle è il romanzo d’esordio di Barbara Valenti, edito da BookaBook. Questo libro è un vero e proprio romanzo nel romanzo e ora vi spiego perché.

La protagonista di questa storia è Astrid, una giovane donna che, grazie all’iniziativa della sua amica Ofelia, riesce a pubblicare il libro che ha scritto. Si tratta, in qualche modo, di un romanzo autobiografico, in cui Astrid racconta la storia di Gemma, ovvero il suo alter ego.

Il romanzo di Barbara Valenti procede, così, su due binari paralleli. Da una parte c’è la storia di Astrid e dall’altra quella di Gemma, due vicende con tanti punti in comune e che servono al lettore per entrare bene nella psicologia e nella vita della protagonista.

Astrid lavora come segretaria d’azienda. Spera che quel lavoro possa in qualche modo darle un sollievo da un peso che si trascina da anni, causato da una disastrosa situazione familiare. Suo padre ha abbandonato lei e sua madre, facendo perdere le sue tracce e lasciandole in una situazione economica difficile. Sono così costrette a trasferirsi a casa dei nonni materni, ma questa convivenza sarà il peggiore degli incubi, perché oltre a dover accudire la nonna allettata, sua madre e Astrid subiranno le continue vessazioni del nonno, che non perde occasione per disprezzarle e mortificarle. Astrid crescerà in questo clima teso, piena di insicurezze e di timori, sfiduciata e ostile all’altro sesso. Crede però fermamente nelle stelle e nelle promesse affidate proprio alle stelle da bambina, quando desiderava la felicità per sé e per sua madre.

La vita però non sempre prende la piega che ci aspettiamo, anzi quasi mai e così Astrid si ritrova prigioniera di una esistenza che non le piace, ma che allo stesso tempo non vuole fuggire. L’ignoto fa sempre più paura di ciò che conosciamo. Nella sua vita, oltre ad una madre a cui vuole molto bene, anche se non ne condivide le scelte, ci sono le sue uniche amiche e coinquiline, Ofelia e Chiara. Le tre ragazze sono molto diverse tra loro, ma sono molto legate. Chiara e Ofelia saranno decisive per spronare Astrid ad uscire dal guscio e affrontare finalmente la vita a viso aperto. Ma tra tutte la persona più importante è sicuramente Huber, un uomo più grande di lei, che le farà ritrovare la speranza e le darà la giusta forza per esaudire quei desideri.

L’esordio letterario di Barbara Valenti è molto positivo; il suo romanzo mi è piaciuto molto sia nell’intreccio che nella capacità di coinvolgimento del lettore. Il libro, infatti, si legge in brevissimo tempo nonostante le 420 pagine. Lo stile è pulito, privo di fronzoli, ma sa penetrare bene nei sentimenti dei protagonisti, travolge il lettore che sorride e si commuove. Senza retorica o frasi ad effetto, Barbara Valenti ci parla di dolore, di assenze, di sconfitte, ma anche di riscatto e di rinascita. Non manca in questa storia, e la scrittura dell’autrice ne è veicolo fondamentale, l’ironia. Cosa sarebbe la vita se non ci fosse l’ironia?

SEGNALAZIONE | “Segni indelebili” di Andrea Visone

Nuova segnalazione! Oggi vi suggerisco la lettura del libro di Andrea Visone, Segni indelebili, edito da La Lepre Edizioni.

Sinossi:

“Segni indelebili” è un romanzo ambientato in un Paese dell’America Latina negli anni ’70, sconvolto da un sanguinoso colpo di Stato. Il protagonista, attaché dell’Ambasciata italiana, ci racconta il suo incontro e il suo amore per Camila, vicepresidente di un collettivo politico e i rastrellamenti, le violenze, le torture, le uccisioni e i rapimenti destinati a coinvolgere anche la ragazza che ama, che scomparirà misteriosamente. L’Ambasciata deciderà di ospitare alcuni ricercati politici, che vi si erano rifugiati per sfuggire alla polizia. Rientrato in patria, dopo cinquant’anni il protagonista avrà una grande sorpresa, destinata a riaccendere il fuoco di un amore che non era mai riuscito a dimenticare.

L’Autore:

Andrea Edoardo Visone è nato e vive a Roma. Ha diretto per molti anni l’Archivio storico del Ministero degli Esteri ed ha curato la pubblicazione della collana: I Documenti Diplomatici Italiani. Autore di articoli e saggi di carattere storico negli ultimi anni si è dedicato alla narrativa e ha pubblicato i romanzi Si era fatta sera, (Enter 2011), Convergenze parallele (Italic 2012), I giorni prima dell’alba (Italic 2013) e Chiedi agli anni lontani (Enter 2015).

SEGNALAZIONE | Silfrida, la schiava di Roma, il romanzo di Giovanna Barbieri

Oggi vi segnalo il romanzo storico di Giovanna Barbieri, Silfrida, la schiava di Roma.

Sinossi:

Silfrida è una giovane donna Gota, venduta come schiava dagli usurpatori dell’Imperatore Teodosio e poi adottata da una coppia di romani che abita nei pressi di Verona, sulla via Postumia. È timida e timorosa, la evitano tutti a causa della sua origine barbara. Ma il Fato è in agguato e la sua vita verrà sconvolta per sempre. Il Padre che credeva perduto è il temibile Alarico, a capo dell’orda di barbari che invade il nord Italia. Partirà alla sua ricerca accompagnata da un giovane e valoroso guerriero Goto. Ma i legionari romani sono sulle loro tracce, la battaglia del Tanaro incombe. Riusciranno i due giovani a coronare il loro sogno d’amore e ritrovare Alarico?

Prologo dell’opera:

A.D. 394

Settembre, nei pressi del fiume Frigidus

C’era una quiete innaturale in quella terra boscosa, rotta solo dal lontano scroscio del fiume impetuoso. Tutti gli animali della zona erano fuggiti all’arrivo degli eserciti. L’astro infuocato era appena sorto quando Alarico si guardò intorno, prima dell’inizio della battaglia. Era un po’ nervoso, incerto sull’esito: la posta in gioco era molto alta. In lontananza intravedeva l’esercito di Eugenio, l’usurpatore. Presto i suoi Goti, affiancati ai Romani comandati dal magister utriusque militiae Stilicone e i milites romani nemici si sarebbero scontrati, decidendo le sorti dell’Impero Romano.

– Attaccate! – comandò Stilicone ad Alarico.

– Gli esploratori non sono ancora tornati a riferirti com’è il terreno, magister Stilicone – protestò seccato il capo dei Goti. – Non voglio inviare i miei uomini allo sbaraglio.

I cavalli avrebbero dato il meglio solo su un terreno pianeggiante; se li avessero lanciati al galoppo sulle colline, i nemici li avrebbero trucidati.

– Non ne abbiamo il tempo. Il nemico è troppo vicino. Avanzate! – ordinò ancora l’ufficiale romano. Gli occhi grigi di Stilicone luccicarono sinistri e il magister gli apparve come un lupo in caccia.

Vuole indebolire le truppe di Eugenio a nostro discapito.

Un sibilo di malcontento uscì dalle labbra di Alarico ma, nonostante l’inquietudine, intimò ai suoi guerrieri di avanzare verso l’avversario. Iniziò il barritus di guerra, il grido terrificante che i Goti utilizzavano per spaventare il nemico. Per rendere il suono più agghiacciante si mise lo scudo sulla bocca, imitato subito da tutti i suoi uomini. Un rumore, come di tuono, riempì l’aria nei pressi del Frigidus. Tuttavia i leoni di Flavio Eugenio non fuggirono in preda al terrore.

– Carichiamo! – impose ai suoi guerrieri, squadrandoli uno per uno quando il canto terminò.

Nonostante la vista degli avversari caduti ai suoi piedi, ad Alarico fu subito chiaro che i pagani di Eugenio avrebbero vinto, in quel giorno di sangue. Stava combattendo accanto a Wulfla e Oderic, due dei suoi più valenti e robusti guerrieri, falciando i nemici come un contadino le spighe di cereali, ma i combattenti dell’usurpatore si stavano difendendo con valore

L’Autrice:

Giovanna Barbieri ha all’attivo già numerosi romanzi. È da sempre appassionata di Storia italiana: Impero Romano, alto e basso Medioevo, Rinascimento.

Ha pubblicato:

  • La stratega trilogia, un time travel storico ambientato nel XII secolo tra l’Italia e la Terra Santa.
  • Cangrande paladino dei ghibellini, un romanzo storico ambientato nel XIV secolo tra Verona, Vicenza e la Valpolicella.
  • Dell’Amore e della spada: Beatrice e Giuliano, un romanzo storico-sentimentale ambientato a Roma nel 1513.
  • L’accusa del sangue: giallo storico ambientato a Urbino nel 1483
  • Il palio insanguinato: giallo storico ambientato a Siena nel 1483
  • La figlia di Freyja: racconto lungo storico, VI secolo dc, ambientato in Pannonina tra Gépidi e Longobardi.

RECENSIONE | Anja, segretaria e moglie di Dostoevskij, nel romanzo di Giuseppe Manfridi

Anja. La segretaria di Dostoevskij è un romanzo di Giuseppe Manfridi, edito da La Lepre Edizioni, in cui è narrata una parte della vita dello scrittore russo. L’autore ha concentrato la sua attenzione ad un anno in particolare, il 1866, e ad un arco temporale di un mese circa. Dostoevskij non ha ancora compiuto cinquant’anni, ma è affaticato nel corpo e nello spirito. È ammalato da tempo e afflitto dai debiti causati dal fallimento di una attività editoriale intrapresa con il fratello defunto, Mikhail.

A fatica, ma lo riconoscerebbe, anche se la mole dell’uomo si è fatta negli anni notevolmente massiccia e afflitta da una lieve gibbosità. L’aspetto è senile, malgrado i cinquant’anni non ancora compiuti. La capigliatura, già a suo tempo in crisi, è ancor più malridotta.

Per far fronte al debito di 3000 rubli, una somma enorme per l’epoca, Dostoevskij è costretto dal suo editore a firmare un contratto capestro, che lo obbliga a consegnare in brevissimo tempo un romanzo, pena la perdita dei diritti su tutte le opere passate e future, con la conseguente e inevitabile perdita di status di scrittore. Il suo editore, all’epoca il maggiore, è Stellovskij, che nel romanzo ci è presentato così:

Vista da vicino e non di sotto, di dietro una finestra, la testa calva dell’editore, col suo emisfero circolare che pare fatto col compasso senza la minima impurità, è decisamente bella. La cute, ben lustra, ha la qualità di un’epidermide giovane. Nel complesso, il fascino di una simile calvizie dà valore a tutta la testa, che il vetro offuscato faceva invece immaginare sgradevole, ma quasi per principio, solo per il fatto di essere calva e basta. Altrettanto bello è il viso: stretto e lungo, magro ma sano. Sottili e magre le labbra, sottili e lunghe le sopracciglia, larghi e verdi gli occhi. La fronte è rilassata. Nessuna ruga. Sulle guance sfinate, le fedine erompono a semiluna in due folti e soffici grovigli di riccioli castani e il labbro superiore adombra un accenno di baffetti in crescita. L’uomo, dal portamento sinuoso e dai gesti armonici, veste di scuro, con un bel panciotto di velluto trapunto da una fitta serie di piccole pietre preziose a bottoncino, ciascuna provvista di una sua scintilla.

Questa descrizione rende bene la distanza e la differenza tra l’editore e lo scrittore anche in termini di condizioni sociali ed economiche. L’editore è un imprenditore e si dimostra un uomo senza scrupoli. Sa che Dostoevskij è in difficoltà e cerca di sfruttare a suo vantaggio la situazione. Dal canto suo, lo scrittore non si tira indietro, sa di avere la possibilità di scrivere un libro in brevissimo tempo, l’unica difficoltà consiste nella stesura materiale del testo. Dostoevskij è malato, soffre da tempo di epilessia ed è fiaccato nel profondo.

Anna Grigor’evna Snitkina – Fonte Wikipedia

Gli vengono in soccorso gli amici, che gli suggeriscono di rivolgersi alla scuola di stenografia, una nuova e promettente attività, che si va man mano affermando. Lo scrittore si rivolge all’Istituto Ol’chin e il direttore individua in Anna Grigor’evna Snitkina, la migliore tra le allieve. Per Anja, questo uno dei suoi diminutivi, è una emozione grandissima. Conosce le opere di Dostoevskij, le ha lette e se ne è appassionata grazie anche al padre, morto da poco, che le ha trasmesso la passione per la letteratura e gli scrittori contemporanei. Anja è presa da un turbinio di emozioni; è giovanissima e la sua giovinezza include timori, angosce, ma dal canto suo possiede determinazione e carattere, che le permetterà di guadagnarsi la fiducia dello scrittore. Non è facile delineare bene i contorni di questi personaggi. Essi sono complessi, pieni di sfaccettature, che emergono dall’incontro gli uni con gli altri.

La prima parte del romanzo è, infatti, popolata da diversi protagonisti che fanno parte sia del mondo di Dostoevskij che di Anja. Ognuno rappresenta un tassello importante nella vicenda, ma quello che più di tutto ha colpito la mia attenzione sono gli ambienti. Manfridi è molto bravo a restituirci le atmosfere e a descriverci i luoghi, dando al lettore la possibilità di vivere realmente quel momento. Questo, ad essere sincera, ritengo si estenda anche ad altre cose: gli oggetti, gli indumenti e in maniera più ampia al pensiero e ai sentimenti dei protagonisti, garantendo la possibilità al lettore anche di stabilire un collegamento empatico ora con Anja ora con Dostoevskij. C’è nel romanzo un’altra protagonista che è presente, ma non parla: Pietroburgo, la città che sta sorgendo.

Una città in cui il domani è a disposizione dappertutto, a portata di mano di chiunque. Non c’è luogo che non la identifichi. La sua natura è esplicita, e pure dove non appare la si annusa, la si coglie a colpo d’occhio. La si patisce, a volte, come negli spurghi delle grondaie che annaffiano a gettiti implacabili i marciapiedi inzuppando gonne, ghette, scarpine di seta e stivali d’ordinanza.

(…)

Pietroburgo ha inventato il traffico moderno, un traffico che nulla ha a che fare coi sovraffollamenti infetti di Londra e di Parigi è il traffico di chi va costantemente da qualche parte, di chi ha fretta, di chi si muove di continuo, senza troppe distinzioni di censo.

(…)

«C’erano mille cose da fare nella mia città nuova di zecca». Nuova di zecca: anche noi l’abbiamo definita così, Pietroburgo. Limpida. Pulita. Intonsa. Un motore alla sua prima accensione, quando ancora la fuliggine, le polveri tossiche e i vapori incandescenti non lo hanno insozzato come è normale che avvenga.

Il romanzo ovviamente parla anche dell’unione di Dostoevskij e di Anja, che diventerà sua moglie e sarà lei a curare poi la stesura delle opere dello scrittore anche dopo la sua morte. In questo caso potremmo dire “galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse”…o lo dettò.