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Addio a Dario Fo, giullare moderno

Proprio nel giorno in cui sarà reso noto il nome del prossimo premio Nobel per la letteratura ci lascia Dario Fo, ultimo Nobel italiano per quella categoria.

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Commediografo, pittore, scrittore, Dario Fo era questo e tanto altro. Il comunicato stampa che accompagna l’assegnazione del Nobel nel 1997 fotografa in maniera puntuale il pensiero e l’azione intellettuale di Dario Fo:

Dario Fo che nella tradizione dei giullari medievali fustiga il potere e riabilita la dignità degli umiliati”

Il drammaturgo e attore Dario Fo, nato vicino al Lago Maggiore, ha 71 anni. La sua formazione comprende, fra l’altro, studi presso l’Accademia delle Belle Arti di Milano. È sposato con l’attrice e scrittrice Franca Rame.

Il teatro di Fo è rappresentato, da lungo tempo, in tutto il mondo. È forse il più rappresentato dei drammaturghi contemporanei e la sua influenza è stata enorme. Se c’è qualcuno che merita l’epiteto di giullare, nel vero senso della parola, questo è lui. Il misto di risa e serietà è il suo strumento per risvegliare le coscienze sugli abusi e le ingiustizie della vita sociale, ma anche come queste problematiche possano essere viste in una più ampia prospettiva storica. Fo è un autore satirico molto serio e straordinariamente versatile nelle sue produzioni. Per la sua indipendenza e perspicacia ha corso grandi rischi e ne ha subito le conseguenze ma, al tempo stesso, ha raccolto una viva conferma in vasti strati del pubblico.

La tradizione non-istituzionale gioca un ruolo determinante nel teatro di Fo. Spesso fa riferimento ai giullari (joculatores) medievali, alla loro comicità e ai loro misteri. L’opera centrale “Mistero buffo” del 1969 si basa su vecchie fonti, interpretate nello spirito foesco. Ma anche la commedia dell’arte e scrittori del novecento come Majakovskij e Brecht sono stati importanti fonti di ispirazione.

Un altro dei momenti più alti della vasta produzione di Fo è “Morte accidentale di un anarchico” del 1970. L’antefatto sono gli attentati dinamitardi dell’estrema destra del 1969, di cui le autorità e la stampa accusavano gli anarchici. Durante gli interrogatori a Milano un innocente “precipitò” da una finestra del quinto piano. La pièce parla di questi interrogatori, che man mano cominciano a svolgersi intorno ad un personaggio simile ad Amleto, il Matto, che possiede quella sorta di follia che svela la pubblica menzogna.

Altre opere particolarmente degne di nota sono “Non si paga! Non si paga!” del 1974 e “Clacson, trombette e pernacchi” del 1981. Quest’ultima è una commedia d’intreccio in cui sono presi di mira coloro che prendono parte al gioco ambiguo nelle alte sfere. Negli ultimi anni, insieme a Franca Rame, Fo ha trattato, in molte delle sue opere, anche la questione della donna.

L’ultima opera di Fo, “Il diavolo con le zinne”, ha avuto la sua attesa prima a Messina, all’inizio di agosto. È una commedia satirica di ambiente rinascimentale, i cui personaggi principali sono un giudice zelante e una donna posseduta dal diavolo. Come sempre, la commedia di Fo lancia i suoi strali contro fenomeni della società di oggi.

Tradurre i testi di Fo, con le loro allusioni all’attualità e i loro tratti di grammelot – quella lingua giullaresca che Fo ha sviluppato su una base dialettale e onomatopeica – offre particolari difficoltà. Non di rado i traduttori hanno commentato il loro approccio al testo. Un esempio di ciò è Ed Emery, che in una nota alla sua traduzione di “Morte accidentale di un anarchico” scrive che lui ha scelto di mantenersi vicino al testo originale di Fo e di conservarne i riferimenti iniziali.

La forza di Fo consiste nella capacità di creare testi che nello stesso tempo divertono, impegnano e offrono nuove prospettive. Come nella commedia dell’arte, sono opere sempre aperte ad aggiunte innovative e modificazioni, che continuamente inducono gli attori all’improvvisazione, in modo tale che il pubblico ne viene coinvolto in maniera sorprendente. La sua è un opera di eccezionale vitalità e portata artistiche.

La risposta di Dario Fo, «Con me hanno voluto premiare la Gente di Teatro», è straordinaria e fa emergere una personalità e una coerenza artistica che non rinnega, in favore di un lavoro esclusivamente intellettuale e letterario, quell’aspetto pratico, e forse il più significativo e diretto, che caratterizza la sua carriera: calcare un palcoscenico per trasmettere cultura.

Nato il 24 marzo del 1926 a Sangiano, in provincia di Varese, in una famiglia che gli procura non pochi stimoli intellettuali. Negli anni ’70 si scopre di una sua militanza nell’esercito fascista nel corso del secondo conflitto mondiale, cosa che gli procurerà non poche polemiche e che lo portò ad ammettere di essersi arruolato volontario nell’unico esercito esistente come italiano e non come fascista, per evitare una eventuale deportazione.

Completati gli studi all’Accademia delle Belle Arti di Brera, si iscrive al Politecnico di Milano, ma non consegue mai il titolo finale. Agli inizi degli anni ‘50 lavora in RAI come attore, iniziando a caratterizzarsi come autore di testi satirici. Da questo momento inizia la sua scalata artistica, lavora in radio e poi approda al teatro collaborando con figure di spicco come Franco Parenti, attore, regista e autore televisivo.

Nel 1959 fonda, insieme alla moglie Franca Rame, un gruppo teatrale, ma immediate arrivano le censure. La satira che mette in atto evidentemente dà fastidio. Dopo l’esperienza di scrittura del programma televisivo Canzonissima del 1963, Dario Fo e Franca Rame – ormai non è più possibile pensarli separati – lasciano la televisione per dedicarsi esclusivamente al teatro. Il successo in teatro è immediato e per quasi un decennio Dario Fo si dedica a Mistero buffo, l’opera forse maggiore, la quale si contraddistingue come accurata ricerca della cultura popolare e della lingua dialettale.

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Gli anni ’70 mescolano all’attività teatrale e alla satira l’impegno politico di “controinformatore”. Dopo il Nobel continua il suo lavoro teatrale con grande successo di pubblico e di critica. Tante le opere messe in scene negli anni, decine e decine, a cui si aggiunge anche l’esperienza cinematografica e la passione per la pittura, che fanno di Fo un intellettuale a 360°.

Egli lascia sicuramente un notevole vuoto, ma anche una grossa eredità culturale ed artistica che nel tempo continuerà a rappresentare un modello per quanti vorranno cimentarsi in un teatro satirico, le cui strutture Dario Fo mostra di conoscere profondamente e di saper applicare perfettamente al mondo contemporaneo.

corriere
Stoccolma 1997, consegna del Nobel per la letteratura.