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Cinque consigli di lettura per l’estate tra classici e nuove uscite.

Dopo qualche perplessità, mi sono convinta a farvi un articolo in cui vi consiglio delle letture per l’estate. Si tratta di nuove uscite e qualche classico, che ritengo importante leggere o rileggere. Ho scelto questi libri perché mi sono piaciuti o mi piacerebbe leggere a breve (anche se non li ho letti, conosco lo stile dell’autore e so che difficilmente mi deluderà). Alcuni li ho anche regalati e magari potreste anche voi regalarli a qualcuno che amate. Ma bando alle ciance, ecco i miei consigli per l’estate: 

Le cinque donne di Hallie Rubenhold (Neri Pozza)

Sinossi:

Londra, 1887: l’anno, recitano i libri di storia inglese, del Giubileo d’Oro, dei festeggiamenti per il cinquantenario dell’ascesa al trono della regina Vittoria. L’anno, però, anche di una storia di cui pochissimi sono a conoscenza, e che i più preferiscono dimenticare: la storia di una senzatetto, Mary Ann Nichols, detta Polly, che bivaccava come tanti a Trafalgar Square. A differenza della monarca, la sua identità sarebbe presto caduta nell’oblio, anche se il mondo avrebbe ricordato con grande curiosità il nome del suo assassino: Jack lo Squartatore. Polly fu la prima delle cinque vittime «canoniche» di Jack lo Squartatore, o di quelle la cui morte avvenne nel quartiere di Whitechapel nell’East End. Al suo omicidio seguì il ritrovamento dei cadaveri di Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes e Mary Jane Kelly. La brutalità degli omicidi di Whitechapel sconvolse Londra, soprattutto perché l’assassino riuscì a darsi alla macchia senza lasciare indizi circa la sua identità. Mentre il cosiddetto «autunno del terrore» volgeva al termine, Whitechapel si riempì di sedicenti giornalisti intenti a cavalcare l’onda. I giornali andarono a ruba e, in mancanza di informazioni certe da parte delle autorità, le pagine furono sommerse di infiorettature, invenzioni e voci infondate, come quella secondo cui i pensionati di Whitechapel fossero «bordelli di fatto, se non di nome», e quasi tutte le donne che vi risiedevano, con pochissime eccezioni, fossero delle prostitute.
Per centotrenta anni le vittime di Jack lo Squartatore e le loro vite sono dunque rimaste invischiate in una rete di supposizioni, pettegolezzi e ipotesi inconsistenti, cosicché oggi, le storie di Polly, Annie, Elizabeth, Kate e Mary Jane portano ancora impressi il marchio e la forma che i valori vittoriani hanno dato loro: maschili, au-toritari e borghesi. Valori elaborati in un’epoca in cui le donne non avevano né voce, né diritti. Ma chi erano queste donne, e come hanno vissuto prima che la loro esistenza venisse barbaramente spezzata dalla mano di un feroce assassino? Attraverso un imponente lavoro di documentazione e una scrittura che lo rende appassionante come un romanzo, Le cinque donne riesce pienamente nel suo obiettivo di dare un volto alle donne che per troppi anni sono rimaste oscurate da un mito, restituendo loro ciò che tanto brutalmente hanno perduto insieme alla vita: la dignità.

Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald (Bompiani)

Sinossi:

Scritto in modo magistrale con la tecnica dello scorcio perfezionata da Henry James, Il grande Gatsby, ambientato a New York e a Long Island nell’estate del 1922, racconta – con la voce di uno dei personaggi, Nick Carraway – l’età del jazz, le sue contraddizioni e la sua tragicità narrando pagina dopo pagina la disintegrazione del mito americano e la strenua difesa di un abbacinante sfavillio di facciata. Nick vive accanto alla sfarzosa villa di Jay Gatsby, personaggio eccentrico e misterioso che organizza feste sfrenate frequentate dall’alta società, ed è tormentato da un pensiero fisso: riconquistare Daisy, la donna di cui è innamorato da sempre, sposata con Tom Buchanan, famoso giocatore di polo. La relazione clandestina in cui Gatsby riesce a coinvolgerla trascinerà entrambi verso un epilogo tragico. Sorta di autobiografia spirituale di Fitzgerald che, accantonati alcolismo e vita da playboy, voleva capire i motivi del suo stesso inabissamento, ha avuto vari adattamenti cinematografici, tra cui la versione del 1974 diretta da Francis Ford Coppola con Robert Redford e Mia Farrow e l’ultima, nel 2013, protagonista Leonardo di Caprio, premiata con due Oscar.

Stoner di John Williams (Fazi Editore)

Peter Cameron scrive:

«William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato; mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita; per quasi quarant’anni è infelicemente sposato alla stessa donna; ha sporadici contatti con l’amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo; per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante. Come riesce l’autore in questo miracolo letterario? A oggi ho letto Stoner tre volte e non sono del tutto certo di averne colto il segreto, ma alcuni aspetti del libro mi sono apparsi chiari. E la verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria. È il caso che abbiamo davanti. La prima volta che l’ho letto sono rimasto sbalordito dalla qualità della scrittura, dalla sua pacatezza e sensibilità, dalla sua implacabile chiarezza abbinata a un tocco quanto mai delicato. Dio si nasconde nei dettagli e in questo libro i dettagli ci sono tutti: la narrazione volteggia sopra la vita di Stoner e cattura ogni volta i momenti di una realtà complessa con limpida durezza […], e attraversa con leggera grazia il cuore del lettore, ma la traccia che lascia è indelebile e profonda».

La strada di casa di Kent Haruf (NN Editore)

Sinossi:

Jack Burdette è sempre stato troppo grande per Holt. È fuggito dalla città lasciando una ferita difcile da rimarginare, e quando riappare dopo otto anni di assenza, con una vistosa Cadillac rossa targata California, la comunità vuole giustizia. È Pat Arbuckle, direttore dell’Holt Mercury e suo vecchio amico, a raccontare la storia di Jack: dall’adolescenza turbolenta all’accusa di furto, dal suo lungo amore per Wanda Jo Evans al matrimonio lampo con Jessie, donna forte e determinata. Uno dopo l’altro, i ricordi di Pat corrono no al presente, rivelando le drammatiche circostanze che hanno portato Jack ad abbandonare la città e la famiglia. Il suo ritorno farà saltare ogni certezza, minando la serenità di tutti, specialmente quella di Pat. Ancora una volta Kent Haruf, con il suo sguardo tenero e implacabile sulla vita e il destino, ci racconta la storia di un’umanità fragile, ostinata e tenace. Scritto prima della Trilogia della Pianura e già con la stessa grazia letteraria, La strada di casa è l’ultima opera di Haruf non ancora tradotta in Italia, il canto di una comunità dolente, un romanzo epico che ha tutti i segni distintivi del classico americano contemporaneo. Questo libro è per chi cerca punte di frecce nei campi, per chi crede alla promessa di I love you in a thousand ways di Lefty Frizzell, per chi balla tutta la notte senza mai arrendersi alla stanchezza, e per chi torna a casa per vedere le sue montagne, anche se non ci sono, anche se sono soltanto una tenue linea frastagliata all’orizzonte.

I Vicerè di Federico De Roberto (Feltrinelli)

Dalla prefazione di Luigi Lunari:

“I Viceré si iscrive a mio avviso nel capitolo delle grandi saghe che con la potenza di un affresco narrano alcuni decenni di storia attraverso le vicende di una famiglia, di una stirpe, di un ceto sociale, assunti come monade del mondo che li circonda. […] I Viceré è una disperata, sofferta, dolorosa confessione. La confessione di un essere umano che si identifica totalmente con una precisa società, e ne racconta i fatti e i misfatti con una oggettività insistita e impietosa; come un serial killer che una volta preso e smascherato svuota finalmente il sacco dei suoi delitti, rivelandone addirittura di insospettati. […] I Viceré è dunque davvero un lungo, dolente monologo. Dal suo senso più profondo possono anche distrarre i fatti, i conflitti, i personaggi che ne animano le pagine, e che nel romanzo tengono desta l’attenzione, incuriosiscono, e addirittura appassionano. Ma il più autentico filo conduttore è quello: il dolore, forse anche la disperazione, che ne fanno il sofferto epicedio di questa società di naufraghi della Medusa, atavicamente impotente, alla quale l’autore è atavicamente legato e alla cui sorte si immola.”

 

 

F. Scott Fitzgerald raccontato da Tiziano Brignoli

Non è la prima volta che vi parlo di un libro su F. Scott Fitzgerald (clicca qui) e non è nemmeno la prima volta che vi parlo di uno scritto che ha a che fare con l’Età del Jazz (clicca qui). Questa volta vi propongo un breve saggio sullo scrittore americano, scritto da Tiziano Brignoli, dal titolo F. Scott Fitzgerald. Una  sorta di grandezza epica.

Francis Scott Fitzgerald non è stato semplicemente il romanziere più iconico dell’Età del Jazz, né uno degli scrittori di maggior talento nella storia della letteratura americana e mondiale. È anche, da sempre, il mio scrittore preferito.

È la passione a spingere Tiziano Brignoli a scrivere questo libro su Fitzgerald, una passione che diviene quasi ossessione e che lo spinge a leggere non solo i suoi libri o i libri che parlano di lui, ma anche le lettere che lo scrittore ha indirizzato ad amici, colleghi, alla figlia e alla moglie. Quello che emerge da questo studio di Brignoli è certamente il lato umano dello scrittore americano, le contraddizioni e i condizionamenti che derivano dai rapporti affettivi e amicali. Tutti aspetti che poi saranno riconoscibili in qualche modo nei suoi scritti. Una vita che si può definire turbolenta, instabile, ma che rappresenta il tratto essenziale dell’opera di Fitzgerald.

Conoscere il carattere di Fitzgerald è fondamentale per comprendere meglio la sua letteratura. Perchè ha scritto Gatsby, e cosa lo rende il romanzo americano per eccellenza? Cosa ha significato Tenera è la notte in termini di sacrificio letterario da parte dell’autore americano, e cosa lo rende uno dei suoi romanzi più autobiografici? Quale ruolo ha giocato Zelda come partner nella giostra della vita di Scott? Cosa ha contribuito al successo di Fitzgerald e poi al teatrale crollo della sua esistenza?

A tutte queste domande Brignoli risponde nel suo scritto, attraverso l’analisi delle opere di Fitzgerald, fondamentali per ricostruirne la psicologia, ma tenendo come fulcro della sua analisi l’indagine del carattere.

Proprio la scrittura – e la comprensione del lavoro dello scrittore – giocano una parte fondamentale nella comprensione psicologica fitzgeraldiana. Scott si sacrifica per la scrittura. Notte, giorno, ogni giorno. Non sempre trovava le parole ma non smise mai di credere in se stesso, anche quando sembrava essere l’unico a farlo. La scrittura gli diede dapprima successo e gloria, lo illuse, per poi respingerlo violentemente.

In questo saggio dunque si parla della grandezza di Fitzgerald e non casuale è la scelta del titolo. Una grandezza quasi epica è una espressione che lo stesso scrittore utilizzò per descrivere la propria vita. E lo fa in maniera lucida e consapevole, sa che la sua vita e la sua scrittura sono un’unica cosa ed entrambe hanno raggiunto il traguardo dell’immortalità.

La storia editoriale di F. Scott Fitzgerald in Italia nel saggio di Antonio Merola

Nasce oggi una nuova sezione del blog dedicata ai saggi. In questo spazio prenderanno posto recensioni di saggi e libri di varia natura: studi storici o di carattere letterario, biografie, ma anche libri di ambito sociologico e antropologico.

Sono felice di partire con un testo dedicato ad uno scrittore americano: F. Scott Fitzgerald.

Il saggio in questione si intitola F. Scott Fitzgerald e l’Italia (Giuliano Landolfi Editore, 2018) ed è stato scritto da Antonio Merola.

Si compone di tre sezioni in cui l’autore si sofferma sulla vicenda interpretativa di Fitzgerald in Italia. Lo scrittore americano, autore de Il Grande Gatsby, non ebbe grande fortuna di critica in Italia. Ad occuparsene furono grandi firme e personalità della cultura italiana come Elio Vittorini, Cesare Pavese, Eugenio Montale, Fernanda Pivano per citarne solo alcuni, ma la vicenda editoriale di Fitzgerald in Italia è molto complessa e tra errori o sviste di traduzione e interpretazione non gli fu attribuito da subito il giusto merito.

F. Scott Fitzgerald

Antonio Merola, minuziosamente analizza e ricostruisce il percorso interpretativo di uno scrittore importante per la cultura americana, ma che viene definito, parafrasando Elio Vittorini, eccentrico e frivolo.

Lo stesso Vittorini sembra quasi totalmente disinteressato a Fitzgerald. Sarà Fernanda Pivano, ci informa sempre Merola, a leggerlo in maniera totalmente differente. La Pivano sarà, infatti, la prima persona a comprendere la profondità dell’opera dello scrittore americano, che non può essere letta ignorando il dato biografico. Infatti non va ignorata, ad esempio, la moglie Zelda, la quale influenzerà in maniera sostanziosa la produzione artistica dello scrittore.

Zelda e F. Scott Fitzgerald

L’opera di Fitzgerald appare così non solo come “lo specchio di una società, ma come il ritratto di un uomo che si muove in una determinata società”.

Con questo studio Antonio Merola ci fornisce un quadro preciso e dettagliato della fortuna (o forse dovremmo dire “sfortuna”) che Fitzgerald ebbe in Italia, ma allo stesso tempo ci fornisce uno studio importante per capire anche come si muoveva la critica e l’editoria italiana negli anni del regime fascista, per nulla favorevole alla pubblicazione e divulgazione di opere d’oltre oceano.

Grazie ad un ricco apparato bibliografico, alle note di approfondimento e alle citazioni testuali, il lettore segue passo dopo passo la storia editoriale in Italia di uno scrittore che forse ha saputo più di tutti evidenziare gli eccessi di una generazione figlia del denaro e del vizio.