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Il viaggio delle cicogne nere come metafora dell’immigrazione

Il libro di cui vi parlo oggi per me ha un valore particolare, perché pone l’attenzione sulla questione dell’immigrazione in maniera seria, per nulla patetica e senza stereotipi. Sto parlando del libro di Abdelfetah Mohamed, Le cicogne nere. Hidma. La mia fuga. Il volume è curato da Saul Caia e pubblicato da Istos Edizioni.

Il titolo già ci da una prima informazione: “La mia Fuga” ci dice che è un romanzo autobiografico. L’autore, come si legge alla fine del romanzo, ha voluto raccontare la sua storia di migrante ormai stabilitosi nel nostro paese:

Mi chiamo Abdel e vivo nel Sud Italia ormai da anni. Lavoro con organizzazioni non governative e cerco di aiutare chi come me ha deciso di essere migrante. Più volte le persone mi hanno fatto domande “intime”, a cui non mi andava di rispondere, e io le ho liquidate con “non parlo italiano”. Ho scritto questo libro per rispondere finalmente a quelle persone.

Oltre al tratto autobiografico il titolo ci da altre informazioni. La prima riguarda le cicogne nere. Mi chiedevo il perché della scelta e ho scoperto che questi uccelli compiono diverse volte, nel corso della loro esistenza, la traversata del Mediterraneo. Dall’Europa vanno in Africa per deporre le uova. Quindi come le cicogne, migliaia di uomini compiono un viaggio di speranza verso nuove terre, che promettono vita e un futuro.

Ultima cosa che mi ha incuriosito è la parola Hidma. Scopriamo che in lingua trigina significa proprio fuga, la fuga di un uomo che cerca di spiccare il volo verso un nuovo continente.

Così ripercorriamo tutta la vicenda di Abdel, a partire dalla permanenza nel campo profughi di Wadsharifi insieme alla famiglia. Tutta la narrazione è ricca di ricordi, di sentimenti legati ai genitori e ai fratelli. Segue la fuga dal campo, il peregrinare tra gli stati africani, Eritrea, Sudan, Libia, ma anche la narrazione delle paure e della speranza.

foto tratta da lifegate.it

Il romanzo è una grande metafora di un viaggio non solo fisico, ma anche di un percorso di formazione identitaria. Il racconto si apre, infatti, con la presentazione del protagonista, che non ha documenti che attestino la sua identità e la sua età. Ad un certo punto si sceglie un nome, perché quello che gli ha dato il fratello non lo rappresente, ma non sa quando è nato perché

In alcune parti dell’Africa sapere la data di nascita non è una priorità. Le persone sfruttano la loro esistenza finché possono, anche in modo estremo, perché la linea tra la vita e la morte è molto sottile. Ogni volta che domandavo a mia madre quanti anni avessi, mi rispondeva sempre allo stesso modo: “Solo quelli che non sanno la loro data di nascita possono vivere centinaia di anni”.

Abdel trova il coraggio di fuggire dalla sua esistenza fatta di anonimato e di incertezza. Affronta il deserto, poi le torture e il mare, ma non solo questo, perché il paese di arrivo non è ciò che si è sperato. Il nostro protagonista non si perde d’animo, riesce a trovare il suo posto, a riscattare la propria esistenza; lui sa che quando si nasce in una terra martoriata, non c’è nessuno a prometterti che l’indomani andrà tutto bene. Abdel può solo contare su te stesso, sopravvivere e vincere una battaglia in una guerra che non si sa se mai finirà.