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Nulla fallisce | Il romanzo che ci parla di bullismo e accettazione di sè

Il libro di cui vi parlo oggi è un libro importante. È un libro che parla di dolore, di sofferenza fisica e psicologica, ma anche di accettazione e di rinascita. Sto parlando di Nulla Fallisce di AL.

Appena iniziamo a leggere il testo ci rendiamo conto che ci troviamo di fronte ad una storia reale, stiamo leggendo l’autobiografia dell’autore. Non sappiamo se sia tutto reale o quanto ci sia di inventato, ma sicuramente questo romanzo ci fa riflettere.

Si parte dall’infanzia del protagonista, una infanzia difficile, in cui un padre violento e assente mina gravemente la stabilità emotiva del protagonista. Le cose non vanno molto bene fuori dal contesto familiare, poiché la scuola diviene ben presto luogo di oppressione e di prevaricazione. Non mancano gli atti di bullismo, anche pesanti, che si ripetono per anni, ad opera di giovani senza sentimenti e scrupoli, appoggiati e sostenuti dall’omertà di compagni e docenti incapaci di vedere e di sentire.

Tutto questo rende impossibile la vita del narratore protagonista, che, nonostante tutto, va avanti, dimostrando coraggio e forza d’animo. L’unica via d’uscita, l’unica isola felice sono per lui le ore trascorse con il suo migliore amico, che per anni ha idolatrato e verso il quale ha un rapporto di dipendenza e di adorazione. L’idillio si romperà e il nostro protagonista resterà solo contro il resto del mondo. Non sarà facile andare avanti, ma, anche se in un lento processo, riuscirà a trovare il proprio equilibrio, a capire la sua vera identità e ad accettare la sua omosessualità.

Questo romanzo è un romanzo forte, che va letto con molta calma. Il lettore, infatti, compie lo stesso percorso del protagonista come se stesse lì accanto a lui: soffre con lui, si arrabbia con lui e gioisce con lui. La scrittura minuziosa e ben cadenzata non tralascia nessun aspetto della vita del protagonista, i suoi pensieri, le sue paure e le sue aspettative. Oltre a questo ripercorre un po’ della musica che ha caratterizzato gli anni ’80 e ’90 e quanto questa abbiamo inciso non solo sul protagonista, ma su un’intera generazione.

Nulla fallisce è un romanzo importante, un romanzo che andrebbe letto nelle scuole per due motivi: il primo per far capire ai ragazzi quanto può essere devastante e grave un atto di bullismo e quali conseguenze può causare. Il secondo è per gli insegnanti, che dovrebbero vigilare sulle dinamiche perverse che si innescano tra i gruppi. Alla scuola è demandato il compito di educare e anche di proteggere le nuove generazioni, le quali sono il futuro della nostra società.

Seguimi con gli occhi, il romanzo di Nadia Galliano

Ci sono momenti nella vita in cui siamo chiamati a superare delle prove. Ogni persona è portata ad affrontare difficoltà, dispiaceri, lutti in momenti in cui ci si aspetta tutt’altro. È un po’ quello che succede ad Emma, la protagonista di Seguimi con gli occhi (Bookabook) di Nadia Galliano.

Emma è un’adolescente come tante, ama divertirsi, vivendo la sua gioventù in pienezza. Ama i social ed attraverso di essi esprime le sue passioni anche con un certo successo. Tutto cambia però con la morte del fratello. Nicola muore a causa dell’HIV, contratto in maniera inconsapevole dalla relazione con una ragazza la cui identità si scoprirà solo a fine romanzo.

Da quel momento per Emma la vita cambia completamente. Da solare e aperta diventa chiusa, taciturna a tal punto da rendere necessario il sostegno di psicanalista:

Tra le pagine della cartella clinica il dott. Boris aveva appuntato il giorno della prima seduta: ʺSi rivolge a questo servizio accompagnata dai genitori. Della figlia segnalano chiusura in se stessa e perdita di interesse verso la principale attività coltivata nel tempo libero: un vlog e un canale YouTube in cui raccontava le sue giornate. Dopo un perseverante mutismo, a fatica emerge il motivo di tale abbandono. Riferisce di essersi tolta dal giro a seguito di un evento traumatico. In quello che riteneva essere uno spazio sicuro, il suo vlog, dopo la morte del fratello sono comparsi commenti denigratori da parte di haters. Questa frase, in particolare, l’ha scossa profondamente: i fratelli delle persone perbene non muoiono di quello… Da allora il pensiero sembra essersi focalizzato su tale ricordo, come un chiodo fisso. Poco propensa a parlare del resto, a tratti polemica, presenta scarso appetito e difficoltà al riposo notturnoʺ.

Qui già troviamo il primo grande tema: il bullismo informatico. Vere e proprie forme di violenza gratuite e ingiustificabili che si consumano in ambienti in cui le persone colpite da anonimi e sconosciuti utenti non possono difendersi. Altro tema importante è l’HIV, malattia sulla quale c’è ancora un vero e proprio tabù. Sembra addirittura sottovalutata e ancora poco conosciuta dalle nuove generazioni.

Questo libro aiuta il lettore in due direzioni: innanzitutto nella conoscenza delle modalità di trasmissione e dei rischi, ma anche nel modo di relazionarsi con le persone malate. Ad un certo punto del romanzo, Emma è invitata dal dott. Boris a frequentare un’associazione che si occupa di sostegno a malati di HIV. Sarà proprio il contatto con la normalità della vita di queste persone a permettere ad Emma di superare il blocco che l’aveva spinta ad alzare un muro sul mondo che la circondava.

Questo è un libro importante, un libro che andrebbe fatto leggere nelle scuole.

A scriverlo è Nadia Galliano, un medico che collabora con la sezione salute del Corriere della Sera, in particolare riguardo a temi inerenti il virus dell’HIV. Questo romanzo è nato anche dalla collaborazione con l’associazione Anlaids ed è anticipato dalla bella prefazione di Diego Passoni, voce di Radio Deejay.

I racconti di Lorenzo Fabris tra classico e originalità

Oggi vi parlo di un libro molto agile, che ho amato portare con me. Si tratta della raccolta di raccolti di Lorenzo Fabris “L’incendio e altri racconti“.

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Queste tipologie di libri mi piacciono molto perché. avendo l’abitudine di portare in borsa sempre un libro da leggere in diverse occasioni della giornata, con i racconti riesco ad iniziare una storia e a concluderla in brevissimo tempo.

Ho portato con me in fila al supermercato, in una pausa di lavoro o in attesa di una riunione anche il libro di Lorenzo Fabris, che raccoglie otto racconti, ovvero “otto sguardi originali su tema classico”.

Già i titoli dei racconti ci suggeriscono il desiderio dell’autore di parlarci in modo limpido di alcune tematiche importanti e di non lasciare al lettore alcuna confusione interpretativa, segno di una spiccata capacità narrativa.

Il racconto che apre la raccolta si intitola “Un uomo molto annoiato” e parla di un uomo che annoiato da una vita priva di vere e durature passioni o di passatempi soddisfacenti, cerca di dare una svolta alla sua esistenza buttandosi in un investimento che sembra essere un affare, ma che ben presto si rivela un fallimento totale.

Sull’orlo della disperazione il nostro protagonista ritiene come unica soluzione un’azione drastica e proprio quando sta per compiere questo suo atto estremo, arriva la soluzione.

Il lettore viene condotto e coinvolto fino alla fine da una scrittura appassionante, che raggiunge l’apice con il capovolgimento finale. In questo tipo di finale il nostro autore è veramente molto bravo.

Lo stesso effetto lo abbiamo anche con altri racconti come “L’incendio”, dove il lettore prova la stessa ansia del protagonista. Di gusto molto più romantico è “Amor Fati”, che ci racconta la triste storia di un amore diviso dalla guerra e che si conclude come non vorremmo.

Interessante è il racconto “La folla”, che ci presenta un argomento molto attuale, ovvero la dittatura di un Negus, che opprime il popolo stanco e sfruttato. Accattivante anche “Dopo la guerra”, che ci lascia nel finale veramente senza parole.

Lorenzo Fabris è un buon narratore, che padroneggia bene la prima e la terza persona, è bravo a creare suspanse, a catturare l’attenzione del lettore, che gradevolmente sfoglia il suo libro, lasciandosi trasportare in luoghi e momenti storici differenti grazie ad una prosa elegante, mai scomposta, coinvolgente e avvincente.

Quello che più mi piace segnalare e sottolineare è che questo libro, con la sua prosa d’altri tempi, è scritto da un giovanissimo scrittore, che dimostra una notevole competenza di scrittura.

Lorenzo Fabris è nato nel 1997 ed è solo al suo primo lavoro letterario prodotto in maniera indipendente. Leggete il suo libro, seguitelo perché sicuramente ci regalerà nuove emozioni letterarie.

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La misura della felicità, di Gabrielle Zevin

La misura della felicità è un romanzo di Gabrielle Zevin, edito da Nord. Ho letto questo libro un po’ di tempo fa’ ed ero indecisa se parlarvene o lasciar stare.

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Ad essere sincera questo romanzo non mi ha molto convinta, nonostante l’autrice sia di grande successo e il libro abbia ricevuto un notevole riscontro di pubblico.

Il libro narra la storia di un libraio e di una bambina che lo aiuta ad avere fiducia nella vita e a riscoprire la passione per i libri. Dopo la tragica morte della moglie, A. J. Fikry si trasforma, un po’ alla volta, in un uomo scontroso, irascibile, chiuso alla vita e annoiato dal suo lavoro di libraio.

Una sera la sua vita, però, sarà sconvolta dall’arrivo di una bambina.

Infatti, il nostro protagonista si ritrova nella sua libreria e precisamente nel reparto dedicato ai libri per l’infanzia, una bimba che fino ad allora non aveva mai visto. La piccola ha in mano un biglietto, sul quale è scritto:

Questa è Maya. Ha due anni. È molto intelligente ed è eccezionalmente loquace per la sua età. Voglio che diventi una lettrice e che cresca in mezzo ai libri. Io non posso più occuparmi di lei. Sono disperata.

A.J. dopo i primi tentativi di scoprire la provenienza di quella bambina, deciderà di adottarla, dando così il via ad un nuovo capitolo della sua vita, in cui scoprirà la gioia di essere padre, ritroverà la passione per il suo lavoro e incontrerà una donna della quale si innamorerà.

Nonostante ciò, il libro ha un the end triste, non si conclude con il comune “vissero tutti felici e contenti”.

Questo romanzo è stato definito “una dichiarazione d’amore per i libri e per il mestiere del libraio” e sicuramente lo è. Perchè se non fosse per i libri il nostro protagonista non avrebbe mai avuto la possibilità di incontrare Maya e di innamorarsi di nuovo. Si legge in un attimo, attira l’attenzione del lettore ma a me personalmente non ha provocato grandi emozioni, anzi ho trovato la scrittura abbastanza monotona e priva di interessanti slanci. Seppur abbia chiuso il libro con un sentimento di delusione, mi sento comunque di poterlo consigliare a chi vuole affrontare una storia che ha come sfondo i libri e una libreria.

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Gabrielle Zevin

Nati due volte, lo struggente racconto di Pontiggia

Nati due volte è un romanzo piuttosto breve di Giuseppe Pontiggia, scrittore milanese morto nel 2003 e vincitore di importanti premi. Infatti, fu Premio Strega nel 1989 con La grande sera, Premio Selezione Campiello nel 1993 con Vite di uomini non illustri e Premio Campiello nel 2000 proprio con Nati due volte.

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Questo romanzo è particolarmente toccante per due motivi: il primo è legato alla tematica, ovvero la tetraplegia spastica distonica, di cui è affetto il figlio del protagonista; il secondo è che la vicenda muove da un tratto autobiografico, essendo il figlio di Pontiggia affetto da questa malattia.

Chi legge questo romanzo rimane molto colpito e coinvolto dalla modalità di narrazione che l’autore mette in atto per affrontare l’argomento e l’handicap con tutte le difficoltà del caso. Quello che più colpisce è che non c’è mai autocommiserazione, non c’è mai la caduta in determinati cliché letterari, ma l’autore compie una interessante lettura degli eventi vissuti dal protagonista/autore, non nascondendo sentimenti di rabbia e la condanna anche contro se stesso.

Parlare di questo romanzo non è facile, non lo è per l’argomento, ma anche per la particolare modalità di narrazione. Non ci troviamo di fronte ad un romanzo che segue una precisa linea temporale, ma procede per flash brevi, che ci permettono di cogliere le situazioni che i genitori di questo ragazzo sono costretti ad affrontare fin dalla sua nascita.

Così si affrontano nelle vicende narrate situazioni legate all’incompetenza e poca professionalità di medici, insegnanti, che spesso sono impreparati e superficiali, le difficoltà di crescita e di apprendimento di un giovane con handicap, ma anche le problematiche di una famiglia che si trova anch’essa a vivere e gestire una malattia insieme ai problemi comuni di una qualsiasi famiglia. In questo quadro negativo, tuttavia non mancano gli esempi positivi di chi generosamente si adopera per aiutarli.

Ho visto in questo libro non tanto il tentativo dell’autore di sensibilizzare il lettore su un determinato argomento, ma piuttosto una sorta di analisi personale; è come se lui ricordasse gli eventi della sua vita e li buttasse fuori quasi per liberarsene.

Questo libro non è facile da leggere, ci fa soffrire, ci fa riflettere e ci tocca a tal punto da rimanere con il lettore per molto tempo ancora dopo averlo letto e, insieme a questa sensazione, resta anche la consapevolezza che la vita, in qualsiasi forma essa si presenti, va vissuta in pienezza in ogni istante.

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Giuseppe Pontiggia

Il ristorante sul mare, il romanzo d’esordio di Chiara Romanello

Il ristorante sul mare è il romanzo di esordio di Chiara Romanello, edito da LAR Editore.

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Questo libro narra la storia avvincente di Gilda, una ventenne che alla morte della nonna, ormai rimasta sola, decide di scoprire la verità sul passato della sua famiglia. Gilda non ha un ricordo chiaro di sua madre, sa solo che era una cantante lirica e morì, per cause che non furono mai chiarite, su una nave nel corso di una tournée teatrale.

Gilda non conosce nemmeno suo padre. Di lui sa solo che si chiama Andrea e ne conserva una vecchia foto che le suggerisce qualche indizio per iniziare la sua ricerca.
Il ritrovamento del diario della madre spinge la nostra protagonista a recarsi nei luoghi in cui aveva vissuto la madre, con la speranza di incontrare suo padre.

Inizia così un percorso di scoperta di un passato che per Gilda non sarà meno doloroso del presente. La vicenda si vela poi di mistero, perché la ragazza si sente osservata e si ritrova tra le mani una serie di indizi che la avvicinano man mano alla verità.

La narrazione della storia avviene attraverso l’alternarsi di passato e presente, garantendo al lettore di conoscere i progressi della ricerca di Gilda e di appassionarsi alla vicenda che coinvolse direttamente la madre Teresa. Conosciamo, inoltre, tutti gli altri attori della vicenda: Andrea, Gino e tutti i personaggi che hanno avuto un ruolo fondamentale nella vicenda.

Conosciamo molto da vicino Teresa, una donna dalla bellezza unica, dotata di una voce straordinaria che fa innamorare tutti gli uomini; Andrea, il grande amore di Teresa; Gino, l’impresario che avrà un ruolo importante nell’intera storia e poi Luca, che sarà decisivo per la scoperta della verità.

Il ristorante sul mare è un bel romanzo! L’autrice è stata veramente brava perché con la sua scrittura sa coinvolgere emotivamente il lettore, il quale partecipa ai sentimenti dei protagonisti, soffre dei loro dolori, si incuriosisce per la presenza del misterioso personaggio che segue la protagonista.

È veramente una bella storia, curata, che non lascia nulla di insoluto o di non chiarito. Anzi, coinvolge il lettore a tal punto da costringerlo a non interrompere la lettura fino alla scoperta finale. Io l’ho letto in un pomeriggio e sono contenta di aver iniziato questo 2018 con il libro di Chiara Romanello.

Vani Sarca, la ghostwriter di Babbo Natale

La ghostwriter di Babbo Natale è un delizioso racconto di Alice Basso, che ha come protagonista Vani Sarca, personaggio caro all’autrice. Il racconto, edito da Garzanti, è scaricabile gratuitamente in formato ebook, ma anche in pdf e anticipa il prossimo lavoro dell’autrice, che sarà pubblicato nel 2018: La scrittrice del mistero, sempre edito da Garzanti.

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La protagonista di questa storia si trova a vivere un Natale fuori dal comune. Non tutti sono amanti del Natale, non tutti lo vivono alla stessa maniera, non tutti lo aspettano con ansia, e una di queste persone è proprio Vani Sarca.

Il Natale per la protagonista è quasi un vero e proprio incubo. Non sopporta la prossimità delle persone, le abitudini tipiche del Natale, l’incontrarsi con i parenti e l’occasione per saltare tutte queste tradizioni noiose le arriva quando la vigilia di Natale una improvvisa influenza la porta inevitabilmente a telefonare a casa dei genitori per avvertirli che sarebbe rimasta a casa a causa della febbre. Nonostante la febbre, le si affaccia all’orizzonte il Natale perfetto: calma, silenzio e per compagnia i suoi libri.

Ma il sogno del Natale perfetto dura un istante perché la madre di Vani, non accettando che la figlia possa trascorrere le feste da sola, decide di andare con tutta la famiglia a casa sua. Così con una mamma egocentrica e invadente, un padre silenzioso e rassegnato e una sorella che è il suo opposto, Vani si appresta a trascorrere il suo ennesimo orribile Natale.

Nel corso della serata, però, la protagonista si ritrova coinvolta in un mistero proveniente dal piano superiore. Sei bambini scalmanati creano il caos a causa di un giocattolo sparito, genitori incapaci di dirimere la questione porteranno la protagonista a sfoderare tutte le sue armi segrete per risolvere il giallo.

Non voglio svelarvi niente di più, perché vale proprio la pena di leggere questo racconto piacevolissimo e ben scritto. Vi dico solo che al termine della vicenda anche per Vani, che per un giorno è la ghostwriter ufficiale del Babbo più famoso del mondo, il Natale forse inizierà ad assumere un aspetto differente.

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Alice Basso è nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Lavora per diverse case editrici come redattrice, traduttrice, valutatrice di proposte editoriali. Nel tempo libero finge di avere ancora vent’anni canta e scrive canzoni per un paio di rock band. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne.

La ragazza dello Sputnik di Murakami

La ragazza dello Sputnik, edito da Einaudi, è il primo romanzo che ho letto di Murakami. Si tratta di un romanzo breve che sembra raccontare una storia normale, lineare, ma poi si entra nella personalità dei singoli personaggi e ci si inizia ad incuriosire.

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Conosciamo la protagonista, Sumire, una giovane donna impulsiva, disordinata che ama scrivere, pur non avendo ancora ben chiara una idea o un progetto di ciò che desidera fare nella sua vita. Sumire non è fidanzata, ma ad un certo punto si innamora di una donna, Myu, che ci appare come il suo esatto contrario, ma proprio per questo le due donne andranno d’accordo da subito, come se fossero le due facce di una stessa medaglia. Myu è una donna elegante, acculturata, che commercia in vino per il mondo. Tra le due nasce un legame di fiducia e Sumire inizia a lavorare per Myu. A raccontarci la vicenda è la voce narrante del terzo protagonista, un uomo del quale non conosciamo il nome, ma che sappiamo essere innamorato di Sumire. Quest’ultima segue Myu in un viaggio di lavoro in Europa, e dopo aver accettato un invito da un conoscente trascorrono una vacanza su un’isola greca. Qui accade l’inaspettato, perché Sumire sembra avere una sorta di crollo psicologico e dopo ciò scompare senza lasciare alcuna traccia.

Cosa significa tutto ciò? Cosa vuole dirci Murakami con questa storia, la quale si chiude con degli interrogativi che restano senza risposte? Sicuramente l’autore ci dice che la vita di ognuno è costellata da una miriade di percorsi, da tanti “se” e molti “ma”. “Se avessi fatto quella cosa e non l’altra”, “se fossi andato a quell’appuntamento la mia vita sarebbe stata la stessa?” Non sono domande alle quali è possibile dare una risposta certa, sicuramente il romanzo ci dice che la vita di ognuno è un qualcosa di estremamente complesso, talvolta è quasi incomprensibile. Ognuno è colpito da eventi che nel bene o nel male li ha cambiati, li ha fatti maturare. Ogni loro esistenza si rivela un’isola indipendente, seppur le loro vite si incrociano e si confondono ma per lasciarsi di nuovo in una solitudine esistenziale e in una incomunicabilità che i protagonisti vivono senza comprenderlo.

Così continuiamo a vivere la nostra vita pensai. Segnati da perdite profonde e definitive, derubati delle cose per noi più preziose, trasformati in persone diverse che di sé conservano solo lo strato esterno della pelle; tuttavia, silenziosamente, continuiamo a vivere.

Lontano dal mio paese di Lorenza Cozzolino

Ho appena terminato di leggere Lontano dal mio paese di Lorenza Cozzolino, edito da PubMe, e voglio parlarvene subito.

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Il libro è la narrazione delle vicende che hanno segnato l’esistenza della nostra autrice che nasce e cresce in una città tormentata: Napoli.  La protagonista del lungo racconto si chiama Anna Solaro e ci parla in prima persona degli eventi più significativi della sua vita; eventi che, nel bene e nel male, hanno segnato il suo destino e quello della sua famiglia. Il libro si apre con una sorta di lettera aperta che l’autrice indirizza al Governo che ritiene responsabile, in un certo qual modo, della sua scelta di trasferirsi a Londra con la propria famiglia.

Quella di andare a Londra è per la protagonista/autrice una scelta obbligata, che compie a malincuore perché la allontana dal suo mondo, dagli affetti più cari e dalla sua città, verso la quale sente un legame viscerale. Anna inizia a raccontarci la sua vita a partire dall’adolescenza, una adolescenza come tante altre, segnata da delusioni e dolci momenti. I sogni sono il leitmotiv dei primi capitoli. La passione per il disegno e la moda inducono la protagonista a scegliere di frequentare una scuola professionale contro il parere del padre, che la vede predisposta, invece, per gli studi classici. Ma la sua passione ha il sopravvento; così Anna si iscrive nella scuola dei suoi sogni ma, nonostante sia una studentessa modello, non pochi saranno i problemi relazionali con compagne che non sono né sincere né esempi di buon comportamento.

Dopo le superiori, Anna vuole tentare di farsi strada nel suo campo, ma subito entra in collisione con una realtà, napoletana e italiana, in cui la meritocrazia e il lavoro sono un’utopia. Frustrata per l’impossibilità di rendere concreti i suoi desideri, cede alle insistenze del padre e si iscrive all’Università. Sceglie la facoltà di Beni Culturale, ma nemmeno la laurea le garantisce quello sbocco professionale tanto desiderato. Alla sua vita si aggiunge un’ulteriore delusione, che diventa scoraggiamento quando le difficoltà di inserimento lavorativo aumentano giorno per giorno. La nostra protagonista decide così di trasferirsi per un periodo a Londra, dove vive la sorella, ed è qui che incontra Paolo, che di lì a poco sposerà.

Nonostante fosse vicina alla sorella, Anna desidera tornare a Napoli e ciò avviene poco dopo il matrimonio e prima della nascita del primogenito. Paolo vedendo il desiderio della moglie di ritornare in Italia, decide di trasferirsi definitivamente a Napoli. Qui inizia un lungo calvario, un lungo periodo di instabilità lavorativa. Il lavoro è poco e una serie di investimenti in attività commerciali falliscono miseramente. Tutti questi problemi indurranno Anna e Paolo alla dolorosa e inevitabile decisine di ritornare a Londra per poter ritrovare la possibilità di una vita dignitosa e speranzosa. Leggendo questo libro non ripercorrerete solo le vicende personali di una donna, ma potrete immedesimarvi in situazione che in molti, oggi, stanno sperimentando e assisterete alle fasi di crescita e di maturazione di una donna coraggiosa, che mai ha perso la voglia e il coraggio di combattere contro le ingiustizie.

Nonostante i molti refusi presenti nel testo, che comunque non pregiudicano una narrazione piacevole e coinvolgente, il libro si presenta non solo come un duro e consapevole sfogo contro le tante incongruenze che il nostro bel paese dimostra di avere, ma anche come la cartolina di una Napoli bellissima, ma incapace di restituire a chi l’abita quella dignità che rende il cittadino fiero di dirsi napoletano.

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Il disegno della copertina è realizzato dall’Autrice

Il racconto del lunedì: Volti

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“Spesso capita di rivedere luoghi o persone che un tempo trasmettevano particolari emozioni e che a distanza di anni sembrano o perdute o appaiono esagerate perché amplificate da occhi infantili o cuori giovanili”.

Questa citazione che aveva letto in un libro di Modiano, lo ossessionava. Sembrava essergli attaccata addosso come la sua ombra; non riusciva a liberarsi dai ricordi. Capitava che a fine giornata si sentisse completamente privo di forze. Sembrava che i suoi pensieri per realizzarsi e per continuare a rimanere vivi gli consumassero tutte le energie. La sua mente era stanca, il suo corpo senza energie, i suoi occhi non erano più in grado di vedere. La mente mischiava il ricordo al desiderio, l’esperienza ad una realtà deludente, producendo sentimenti che lo portavano allo sconforto e all’incapacità di reagire. Era stanco di lottare, era stanco di sperare che il domani potesse riservagli qualcosa di migliore perché le sue attese erano sempre e puntualmente smentite. I principi di lealtà, di sincerità, di altruismo in cui credeva venivano, ogni volta, schiacciati dalla prevaricazione, dall’incompetenza, dall’ignoranza viziata di chi riusciva a trovare una via di uscita o una via privilegiata per ottenere ciò che non gli spettava.

Tutto questo, insieme alla incapacità degli altri di capire la sua vera natura, portarono Benjamin a isolarsi, ad allontanarsi da quel mondo che non sentiva più suo. La piazza in cui da bambino aveva giocato, in cui aveva trascorso le estati a chiacchierare con gli amici, in cui si era innamorato ora sembrava il luogo del patibolo, in cui passando si viene additati, giudicati e condannati. Le persone sembravano cambiate, intente a tessere le trame esclusivamente dei propri interessi… forse erano sempre state così, ma solo ora le aveva viste oltre la loro maschera.

Le giornate sembravano trascorrere sempre uguali, a cambiare erano solo le stagioni, ma, come le ore, ritornavano simili a se stesse, con le loro imperfezioni e bellezze. Non c’era possibilità di cambiare le cose, l’unica alternativa erano le escursioni in quei luoghi che gli permettevano di capire la verità delle cose. Gli bastava uno sguardo, un gesto di un uomo anziano, le grida al mercato di chi vendeva la verdura a dargli la speranza che la vita è qualcosa di concreto, di sensato e non un accidente capitato per caso. Fu in una di quelle strane passeggiate che raccolse, in uno scatto fotografico, gli occhi di un bambino che lo guardavano con meraviglia, con il desiderio di sapere e di conoscere.

Fu quella la scintilla che riaccese la voglia di tornare a sperare, di uscire dall’immobilismo. La pubblicazione di quella fotografia su una community di fotografi gli diede una notorietà inaspettata e la possibilità di intraprendere un nuovo percorso professionale. Quando tenne la sua prima intervista ad un giornale che si occupava di fotografia internazionale, alla domanda sul perché avesse iniziato a fotografare volti, rispondeva: nei volti e negli occhi delle persone ritrovo la speranza e la possibilità di dare un senso alla mia esistenza; la fotografia è una via d’uscita, la mia via d’uscita.

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Foto di Carmine Petruccelli