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Adesso, il romanzo di Chiara Gamberale

… e adesso? Così termina il romanzo di Chiara Gamberale “Adesso”, edito da Feltrinelli. Dopo “Qualcosa”, romanzo di cui vi ho già parlato qualche tempo fa, mi è venuta la voglia di acquistarlo, seguendo il consiglio di tanti lettori che me lo hanno suggerito. Rispetto alla lettura precedente, ci troviamo di fronte ad un modo di scrivere molto diverso.

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I protagonisti sono Lidia e Pietro e il lungo percorso che li porta ad innamorarsi. Ma l’amore che ci viene descritto non è quello giovanile, non ci troviamo dinanzi ad una travolgente storia d’amore, ma facciamo i conti con le ansie, fragilità, ripensamenti di chi, ormai già adulto e con un passato sentimentale difficile, cerca di riaffacciarsi ai sentimenti. Infatti, quella di Lidia e Pietro potrebbe essere una normale storia d’amore se non tornassero prepotenti i fantasmi degli amori passati.

Lidia lavora nello spettacolo, ha un carattere estroverso, forse anche troppo, tende ad innamorarsi intensamente nonostante abbia un ex marito dal quale non ha tagliato il cordone ombelicale. Pietro è un preside con un carattere che è l’esatto opposto di quello di Lidia. Ha una bambina e una ex moglie, che lo ha lasciato per andare in convento e seguire la sua vocazione monacale. Entrambi sono scottati da quanto vissuto in passato e, nonostante la vita proceda in avanti, non riescono a lasciarsi andare, restando incagliati tra le maglie del passato fatto di abbandoni, di delusioni, di perdite e le insidie che il futuro potrebbe nascondere. La paura li blocca, non gli dà quel giusto grado di incoscienza tale da garantire il lancio nel vuoto. Solo quando i protagonisti capiranno che il passato non esiste più – o se esiste è ciò che li ha resi quello che sono ora – così come il futuro che è tutto da scrivere, potranno vivere quell’”adesso” che è la sintesi di tutto il tempo e di tutte le esperienze necessarie ad affrontare un domani insieme.

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Chiara Gamberale. Credits: Vittorio Zunino Celotto/Getty Images

Con questo romanzo la Gamberale dà prova di una scrittura originale. Il tema dell’amore è infatti trattato da un punto di vista interno, sono i personaggi stessi che ce ne parlano e lo fanno in una maniera del tutto atipica. Se ci aspettiamo un racconto lineare siamo fuori strada perché l’autrice intervalla forme di scrittura differenti. Incontriamo paragrafi tradizionali, dialoghi, ma anche mail, sms, una sola parola in una pagina, ma anche i curricula sentimentali dei protagonisti, i quali ci aiutano a comprendere il loro background. Al termine di questo romanzo impariamo una cosa: la nostra vita è adesso, non ieri o domani e come dice la Gamberale:

È che ci sono sette miliardi di persone, al mondo.

Ma fondamentalmente si dividono in due categorie.

Ci sono quelle che amiamo.

E poi ci sono tutte le altre.

Non sprechiamo il nostro tempo e non facciamoci scappare quelli che amiamo.

Abbandonati

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L’Abbraccio – Klimt

Abbandonati al calore

di un respiro sulla pelle,

ad una stretta silenziosa

che accolga il tuo corpo

tremante di paura.

Abbandonati a quel silenzio

fatto solo di carezze.

Abbandonati nei miei occhi

che hanno solo te

come luce nella notte.

Abbandonati più che puoi

al sonno sul mio fianco

e lasciati cullare

da un amore così fragile.

Tre giorni a Parigi

Elegante e discreto sono gli aggettivi che di getto ho attribuito a Tre giorni a Parigi di Mario Fortunato, edito da Bompiani.

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Un romanzo breve, ma coinvolgente, in cui si parla di argomenti importanti con una signorilità che non sempre si incontra nella narrativa contemporanea. Una relazione tra due uomini di età diverse, la prostituzione per necessità, una storia di abusi appena accennata ed esistenze tormentate sono gli elementi che segnano la vita dei protagonisti. Davide e Mario, un giovane e un cinquantenne, dopo un incontro che doveva essere solo di una sera, si innamorano e tra i due nasce una intensa storia d’amore. Davide è un ragazzo introverso, misurato e schivo; man mano che si prosegue nella lettura e nella conoscenza del personaggio si intuisce quanto egli sia schiavo del passato e come si senta privo della libertà interiore.

Ad un certo punto i due si separano, Mario torna in Inghilterra, mentre a Davide sembra non importare. Invece, con il passare del tempo i due capiranno quanto sono stati importanti l’uno per l’altro, tant’è che David quando incontrerà Lara, donna che poi diventerà sua moglie, deciderà di rivivere esattamente quanto, anni prima, aveva vissuto con Mario a Parigi. Un amore che sembrava passato come il tempo, riemerge improvviso, creando in Davide una inquietudine che lo costringe a ritornare in quei luoghi per risentirne le atmosfere, e una sorta di rammarico in Mario il quale si rende conto di essere stato lui la causa della separazione. Il passato, il ricordo e l’amore come sentimento universale, sono i veri protagonisti di questo romanzo, i quali coinvolgono e travolgono la vita di uomini e donne lasciando in essi un segno ben chiaro che non potrà mai essere cancellato, ma con il quale bisogna imparare a convivere perché diviene parte stessa di ogni individuo: il passato non è mai passato, ma è un tassello fondamentale dell’oggi.

Tre giorni a Parigi è un bel romanzo, che si legge in poco tempo e non per la brevità del testo, ma per la scelta stilistica dell’autore. Essa risulta lineare, ricercata, ma non leziosa, pulita e come Matteo Giancotti scrive nella sua recensione su La Lettura del 14 febbraio

Mario Fortunato è un autore novecentesco, non tanto per l’anagrafe ma per le scelte che caratterizzano la sua scrittura, modulata sempre su un registro alto, che privilegia la compostezza formale; Novecento «classico» insomma, non certo sperimentale.

Mario Fortunato può essere, dunque, considerato un autore classico del Novecento italiano.

Il tuo volto distratto

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Foto di Gianni Berengo Gardin. (Venezia 1958)

Il tuo volto distratto

tradisce

un desiderio del cuore:

occhi sereni

nell’animo in tempesta.

Il calore avvolgente

di un abbraccio di donna

nella deriva della notte

indica la via.

Una chimera è alle porte

e tu, uomo dei sogni,

valica quella soglia

e sfiorala con le labbra,

tirala a te,

trattienila

fino all’alba

del nuovo giorno.

Márquez e la paura di amare ai tempi del colera

Vi capita mai di lasciare un libro a metà? Certo che si…

Io evito di farlo perché per poter dare un giudizio completo sul libro devo averlo letto fino all’ultima parola, è una questione di principio. Eppure per due romanzi l’ho fatto: Il partigiano Johnny di Fenoglio e Lo Zahir di Coelho. Non ve ne spiego i motivi perché sarebbe troppo noioso.

Poi ce ne è un terzo, che a dire il vero non ho abbandonato, ma che porto da molto tempo con me nella borsa ovunque vada.

Si tratta di L’amore ai tempi del colera di Márquez (Mondadori ed.). Con questo romanzo la faccenda è un po’ diversa. Non si tratta di uno di quei libri di cui non ti piace lo stile o l’ambientazione, un personaggio o il suo modo di comportarsi, anzi…

 

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Di Márquez mi piace la sua capacità di rievocare la calura estiva, gli umori, le atmosfere fiabesche, la gestione del tempo dell’uomo e della natura, le descrizioni appena accennate, ma che fanno vivere e vederei luoghi. Insomma, mi piace Márquez, però mi sono fermata su L’amore ai tempi del colera. Non perché non lo apprezzi, ma perché ho paura di leggerlo, di sapere come va a finire. Così mi sono fermata giusto a metà.

L’autore descrive un amore complicato, un amore che sa aspettare e sa rispettare dell’altro le scelte, il modo di essere. Un amore che sa riconoscere nell’altro la propria identità, che lascia vivere. Un amore che non impone all’altro desideri e aspettative di uno solo, un amore che non limita… Come andrà a finire? Ancora non lo so. La paura sta proprio nello scoprire che non finirà con “il vissero tutti felici e contenti”. Ci si affeziona ai personaggi, ci si affeziona alle vicende, si desidera vivere quelle vicende e viverle intensamente. Magari ci si riconosce in questo o quel personaggio, magari se ne vorrebbe avere l’audacia e la sensibilità.

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Foto di C. Petruccelli

Cosa turba la lettura e la rende speciale allo stesso tempo? Il continuo andirivieni, gli ostacoli dell’animo, la fermezza delle posizioni che non giovano all’amore, non giovano alla vita, ma la rendono speciale!

L’infinito

Nel cuore della città vecchia vi è una palazzina la cui facciata è abbastanza fatiscente, non curata, vecchia e trasandata, ma quando la guarda, si sente protetta perché quella è la sua casa.

Sale al secondo piano, entra nell’appartamento: c’è silenzio. Gli unici rumori sono le voci che provengono dalla strada, i vetri che vibrano al passaggio di una macchina, il frigorifero che sembra dire “ah, visto che sei tornata fammi lavorare e tenere al fresco le poche cose che mi hai affidato”.

La giornata è stata difficile, ora c’è quiete.

Butta le chiavi da una parte, la borsa da un’altra, il giubbino ancora da un’altra, come se non ci fosse già abbastanza confusione. “Devo assolutamente mettere ordine,  altrimenti finirò sommersa dalle cose” pensa, ma c’è tempo per questo.

Si sposta in cucina, accende l’interruttore della luce e vede sul tavolo libri, appunti, lavori da svolgere.

Devo assolutamente iniziare a portare a termine qualcosa, a rendere concreto tutto quello che so fare. – continua a dire a se stessa – Ma cosa so fare?” Non potrà mai saperlo se non prova. Allora inizia a buttare lo sguardo sulla ricerca da completare.

No, non ne ho voglia – pensa ad alta voce -, ci vuole calma per fare questo e oggi, dopo una discussione abbastanza accesa la calma si è andata a farsi fottere”.

Procede oltre con lo sguardo e c’è uno scritto da correggere, non ha voglia di fare nemmeno questo… Mancanza di volontà? No, c’è qualcosa a cui sente di dover dare la precedenza.

È ora di cena, bisogna cucinare qualcosa… Non ha fame, un tè andrà bene.

Si sposta nello studio polveroso. “Bisogna che inizi anche a fare un po’ di pulizie”, pensa.

Accende il suo vecchio pc, la finestra è chiusa, la stanza è buia. Si dirige verso la finestra con l’intento di aprirla, ma poi desiste come a proteggere quel momento, quello che sta per vivere, dalla mediocrità dell’esterno.

Si siede dietro la scrivania sommersa dai libri, che aspettano di essere letti, e la sola luce dello schermo basta ad illuminare la tastiera. Cerca la canzone, quella canzone, ed inizia ad ascoltarla.

Si alza di scatto, si risiede, la riascolta…

Non riesce a crederci, non riesce a capire il limite oltre il quale la canzone parla di lei, di lui, di loro… non è possibile… o forse è semplicemente straordinario.

Esce di casa, va da lui per chiedere spiegazioni e lui ne chiederà a lei…ma non saprà dargliene perché l’infinito non è cosa dell’uomo.

bacio

Stendo la mano

Stendo la mano,

cerco di cogliere

un tuo pensiero

con la semplicità

di chi raccoglie

un papavero

in un campo incolto.

Procedo con passo lento

per essere sorpresa

da un tuo gesto,

come il profumo 

delle ginestre

improvviso

avvolge l’aria.

Mi sveglio,

tutto è perduto,

ma la tua mano

ridona il sogno

che è divenuto realtà.

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Resta come sei

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Resta come sei anima bella!

La dolcezza del tuo sguardo

è portatrice di immensità.

La profondità del tuo essere

è dolce e raffinata essenza di vita.

Vestiti di virtù e allontana

la crudeltà di colui che non comprende.

Non macchiare gli occhi di ombre.

Siano riflesso di fedeltà,

soglia da varcare,

realtà da esplorare,

approdo sicuro,

esistenza da completare

per inondare,

con la forza del mare in tempesta,

il cuore in ogni sua parte.