Il terzo appuntamento di #VITECELEBRI, l’iniziativa promossa in collaborazione con Mary di Babele Letteraria, prevede questo mese un focus su Giovanni Boccaccio. Anche in questo caso l’attenzione viene data ai primi anni della vita di questo autore, con la promessa di ritornarci in seguito per trattare un altro aspetto della sua vita.
La nascita e i primi anni di studio
Giovanni Boccaccio nacque nel 1313, ma non si conosce con precisione la data completa. Incerto è anche il luogo di nascita: Firenze o Certaldo. Suo padre, Boccaccino, era un mercante non sposato, che concepì Giovanni con una donna nubile di cui non possediamo ulteriori notizie. Quando Giovanni nacque, Firenze era una città prospera e potente in ambito mercantile, manifatturiero e finanziario. Suo padre riuscì ad acquisire posizione e, come si può immaginare, vedeva in Giovanni il suo successore. Infatti, Giovanni, dopo le scuole che noi definiamo elementari (condotte presso il Maestro Domenico Mazzuoli da Strada), si iscriverà alla scuola “d’abaco” o “di algoritmo”. Questa scuola era propedeutica alla professione dei futuri mercanti. Qui gli studenti apprendevano nozioni di carattere matematico-scientifico per l’ambito commerciale e imparavano a scrivere le lettere d’affari. Giovanni è indotto così a frequentare questa scuola su volontà del padre, così come più di una volta dichiarerà nei suoi scritti (anche se la teoria della costrizione è tutta da dimostrare), scelta che non gli avrebbe permesso di frequentare gli studi umanistici. Gli anni più importanti della sua formazione si svolsero a Napoli, essendosi trasferito con il padre a partire dal 1327 e restandoci fino al 1340. Comunque sia:
Frequentata contro voglia o seguita con partecipazione, questa scuola di impostazione pratico-scientifica ha lasciato un segno sul suo eclettico umanesimo, tanto è vero che nei primi scritti giovanili l’amore per l’erudizione storico-mitologica, l’aspirazione all’alta eloquenza, la pratica della letteratura e della poesia in volgare convivono con forti interessi scientifici, soprattutto astronomici. Va anche detto, però, che il non aver seguito studi regolari di latino ha pesato negativamente sulla sua padronanza di una lingua appresa da autodidatta.
Com’era Giovanni Boccaccio fisicamente e caratterialmente?
Il volto tondeggiante e paffuto che conosciamo di Boccaccio grazie ai numerosi dipinti che lo ritraggono ci danno l’idea di una persona pacata, sorridente, affabile. Invece, pare, che Boccaccio avesse quasi un caratteraccio. Marco Santagata usa questa espressione per definirlo: introverso, pieno di scrupoli, diffidente e, a quanto pare, molto permaloso. Sicuramente Boccaccio è stato un uomo estremamente curioso e dall’intelligenza viva.
Nel corso della sua vita è stato attratto dai più disparati ambiti del sapere e, come scrittore, ha sperimentato un gran numero di generi letterari; è stato un uomo di corte, mercante, amministratore del Comune; si è adoperato a diffondere la letteratura in volgare ed è stato parte attiva di elitari circoli umanistici. A tanta apertura e disponibilità si accompagna una straordinaria capacità di recepire, assorbire, introiettare: anche grazie a questa disposizione innata è diventato il più polivalente e sperimentare scrittore del suo secolo.
Ritornando al fisico tondeggiante, pare fosse una caratteristica costante nella vita di Boccaccio. Fu, infatti, di massiccia corporatura e tendente all’obesità. Quest’ultima, nell’ultimo decennio della sua vita fu un vero problema, che gli aggravava gli aspetti più spigolosi del carattere. L’obesità, divenuta probabilmente una vera e propria patologia, gli creò problemi vari tra cui la limitazione negli spostamenti e nei movimenti.
Fu piuttosto grasso, ma di alta statura, la faccia rotonda, il naso un po’ schiacciato sopra le narici, le labbra alquanto turgide, ma piacevolmente delineate.
Gli studi di Diritto
Come abbiamo detto, Boccaccio fino a quel momento si era dedicato all’arte mercantile, ma chiaramente non gli era congeniale e ben presto se ne rese conto anche il padre. Il 1334 è una data fondamentale, poiché sancisce l’uscita di Giovanni dal mondo della mercanzia per intraprendere un nuovo percorso. Boccaccino pensò sempre a qualcosa di pratico e remunerativo, quindi indirizza il figlio agli studi di diritto canonico, che Boccaccio seguirà prendendo il titolo di chierico, ma mai di canonico (anche la vicenda ecclesiastica di Boccaccio non è del tutto chiara). Un dato certo è questo passaggio di status e la data del 1334-35 come lo spartiacque per Boccaccio. È in questo periodo, infatti, che ha inizio la vera e propria formazione per Boccaccio, processo che lo trasformerà in letterato e scrittore in lingua volgare.
In sostanza, fra il 1334 e il 1335 comincia a delinearsi un’evoluzione (testimoniata anche dalla Caccia di Diana) caratterizzata dal passaggio da un’impostazione scientifico-erudita a una maggiore attenzione per gli aspetti letterari e retorici.
Curiosità
Per tutta la vita Boccaccio scrisse, ma non solo nel senso di autore di opere letterarie, ma nel senso di “copista” di opere altrui e proprie. Ha ricopiato per tre volte la Divina Commedia e in vecchiaia le sue opere. Rispetto a Petrarca non aveva risorse economiche tali da poter usufruire di servigi di copisti di professione, e quindi faceva da sè. Tuttavia quella di Boccaccio non è solo una esigenza materiale, ma il suo copiare è quasi un’azione compulsiva; è come se avesse il bisogno di scrivere. Scriveva e ricopiava con la stessa intensità con cui leggeva, essendo un lettore onnivoro.
Il libro di riferimento consultato per questo articolo è Boccaccio. Fragilità di un genio di Marco Santagata, edito Mondadori.