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Il segreto di Ippocrate nel romanzo di Isabella Bignozzi

Isabella Bignozzi ci racconta la storia Ippocrate, il famoso medico a cui è attribuito il giuramento che ancora oggi i medici fanno prima di intraprendere la loro professione.

È da più di due millenni che chi intraprende la professione di medico compie un rito tanto suggestivo quanto importante. Sto parlando del Giuramento di Ippocrate, attribuito al maestro di Kos. E proprio su Ippocrate si è concentrata la mia ultima lettura, che in realtà si protraeva da un po’ di tempo, perché il libro mi ha emozionata così tanto, che mi dispiaceva terminasse. Sto parlando de Il segreto di Ippocrate di Isabella Bignozzi, edito da La Lepre Edizioni.

Il titolo può trarre in inganno, poiché sembra evocare chissà quale mistero, in realtà è la storia della vita di Ippocrate e del “mistero” della sua arte medica, fatta di studio, osservazione, cautela e tanta tanta umanità.

La conoscenza dei fatti è molto originale, perché essa avviene attraverso la narrazione che lo stesso Ippocrate, ormai vecchio, stanco e alla fine dei suoi giorni, fa al suo discepolo e genero Pòlybos. Nelle dieci parti in cui è suddiviso il libro, ci viene presentato il pensiero medico e filosofico di Ippocrate, ma ci sono date anche le spiegazioni delle sue teorie e assistiamo alle varie fasi di crescita umana e all’apprendimento scientifico di colui che è, evidentemente, considerato uno dei padri della medicina. A tal proposito è molto interessante come l’autrice ci racconta proprio questo percorso di apprendimento.

Ippocrate, Busto. Fonte Wikipedia

Ippocrate è figlio di Fenarete e di Eraclide e apparteneva ad una famiglia aristocratica, che ha sempre avuto interessi in campo medico. Pare che appartenessero alla corporazione degli Asclepiadi e le cronache ci dicono che Eraclide sembrava amasse affermare di essere un discendente proprio di Asclepio, il dio della medicina. All’epoca, anch’egli era un medico famoso e rappresentò per Ippocrate un importante punto di riferimento ed esempio per tantissimo tempo, ma non mancarono nella sua formazione altri maestri esemplari, probabilmente non solo greci.

I numerosi viaggi intrapresi da Ippocrate, e ancor prima da suo padre, ci dimostrano quanto fosse – e lo è ancora – necessaria la condivisione di conoscenze, osservazioni ed esperienze. Ippocrate sicuramente era un medico eccellente, divenuto famoso per il suo contributo nel fermare l’epidemia di peste che si sviluppò ad Atene nel 429 a.C., ma vista l’ampia distanza temporale dai fatti, non è mai facile distinguere la realtà da cosa nel tempo è divenuto leggenda. Isabella Bignozzi, però, è riuscita a darci un romanzo che, seppur frutto della fantasia, risulta coerente e ben documentato laddove possibile. Basta dare anche solo un’occhiata veloce alla bibliografia e alle note per rendersi conto che si ha di fronte un testo che è molto di più di un semplice romanzo.

Giuramento di Ippocrate. Fonte Wikipedia.

Quello che più mi ha colpito nella lettura di questo libro è stata la capacità dell’autrice di darci dei personaggi veri, tangibili, coerenti con il loro ruolo e con una umanità che si presenta anche con i suoi momenti di incertezza e di fragilità. Non si parla solo di Ippocrate in questo libro, ma la sua vita si intreccia e si lega a tantissimi altri personaggi, noti e meno noti, reali o letterari, che ci mostrano come si svolgeva la vita quotidiana del tempo, quali erano gli usi e i costumi sociali e religiosi e non solo in ambito greco.

In tutto questo fanno da sfondo i grandi avvenimenti della Storia, che se non è certo siano stati vissuti in prima persona dal medico di Kos, di certo erano conosciuti e, in qualche modo, presenti nella vita del nostro protagonista. L’ultimo aspetto che mi piace mettere in evidenza è il modo come la Medicina e l’Arte medica viene presentata: essa è un campo di indagine, di ricerca, di continua sperimentazione, e approcciarsi ad essa significa predisporre animo e mente all’aiuto incondizionato verso l’altro, lasciando da parte inutili e vacui personalismi. In questo Ippocrate, nella lettura che Isabella Bignozzi ci fa, è un esempio imprescindibile da seguire.  

Dal profondo del cuore | Il racconto amaro di Ciro Campanella, il cardiochirurgo allievo di Barnard

Dal profondo del cuore (Di Renzo Editore) è la narrazione, in forma quasi diaristica, del percorso professionale di Ciro Campanella.

L’autore è un cardiochirurgo di fama internazionale. È stato allievo del celebre Christiaan Barnard, ha diretto per quasi trent’anni l’unità cardiochirurgica della Royal Infirmary di Edimburgo, ha operato in tutto il mondo, ha formato generazioni di chirurghi e a lui si devono importanti progressi nell’ambito della cardiochirurgia.

La crescita professionale di quest’uomo è raccontata come se fosse un diario, però non un diario intimo come potremmo immaginare, ma un racconto sistematico che ad un certo punto trasuda amarezza. Infatti, Campanella decide di tornare in Italia, colto da una sorta di richiamo malinconico e nostalgico delle sue radici, ma il rientro in patria sarà più traumatico del previsto.

Senza mezzi termini, l’autore denuncia un comportamento e una gestione della sanità italiana fallente sotto tutti i punti di vista. Personaggi che antepongono interessi personali e privilegi al bene del paziente, strutture carenti, personale poco professionale e una Politica che a tutto pensa tranne che al progresso sociale e civile.

In Italia, ho visto pazienti trattati senza rispetto e decoro: costretti a dividere, ad esempio, due bagni in dodici. Ho visto pazienti che non vengono visitati per intere giornate dai medici responsabili; reparti in cui il monitor viene spento di proposito per favorire il sonno di chi invece dovrebbe vegliare sullo stato di salute dei degenti.

Ciro Campanella si guarda bene dal generalizzare e parla in base alla sua esperienza personale, ma evidente, anche in relazione a quanto si sente in televisione ogni giorno, che qualcosa non va in Italia. Evidente nel suo racconto anche la differenza tra il nostro paese e il resto del mondo.

Ho scoperto tornando in Italia, che non si riesce a cambiare un sistema, e tanto meno un atteggiamento mentale, fatto di individui ai quali nessuno ha insegnato una buona prassi e che, alla meglio, possono dirsi autodidatti. Parlo di individui che hanno perduto le loro vite professionali senza mai scoprire dove sarebbero potuti arrivare, se solo avessero avuto il coraggio di provarci.

Ciro Campanella

Quanta amarezza nelle parole di Ciro Campanella! Se avrete modo e voglia di leggere il suo racconto umano e professionale saranno tanti i motivi per provare rabbia verso chi ha scelto una professione destinata ad aiutare, ma che poi ha trasformato in qualcosa di diverso.

Per fortuna l’Italia non è tutta così.  Oggi abbiamo ottimi ospedali ed eccellenze mediche, ma che purtroppo non fanno notizia e vengono offuscate da pratiche viziate o fuori dalla regola. In questo marasma di colpi bassi e mancini, Ciro Campanella ha, per fortuna, incontrato anche persone professionali e dedite al prossimo, ma soprattutto il suo ultimo pensiero, in chiusura di libro, è per i suoi pazienti “che dai loro letti vedevano e osservavano, coglievano le differenze ed erano testimoni di quanto difficile fosse la mia impresa”.