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INTERVISTA | Valentina Bardi, autrice di Ventiquattro si racconta

Sono molto felice, oggi, di poter pubblicare questa intervista a Valentina Bardi, autrice di Ventiquattro, il suo romanzo di esordio, di cui vi ho parlato qualche settimana fa. Per leggere la mia recensione CLICCA QUI. Valentina è stata gentilissima e mi ha raccontato di lei, del suo romanzo e del futuro. Grazie a Scrittura a tutto tondo per l’opportunità di questa intervista.

Valentina Bardi
  1. Innanzitutto, scopriamo chi è Valentina Bardi e quando è nata in te la passione per la scrittura.

Sono nata e cresciuta a Galeata, un piccolo paese dell’Emilia Romagna, in provincia di Forlì – Cesena. La mia prima grande passione è stata la musica: ho iniziato a studiare sassofono alle medie, frequentando i corsi musicali istituiti dalla banda di paese per poi proseguire al conservatorio di Cesena. Al liceo ho iniziato ad amare moltissimo anche la letteratura e ad un certo punto mi sono resa conto che forse anch’io avevo qualcosa da raccontare. Ho cominciato a scrivere piccole cose e racconti, poi, durante gli anni dell’università, studiando letteratura inglese e francese e approfondendo tanti aspetti tecnici e di poetica di vari autori, ho cercato di migliorare il mio stile e di trovare un mio metodo di lavoro. Credo di aver capito e trovato la mia “voce” soltanto quando mi sono dovuta confrontare con la stesura della tesi di laurea.

  1. Invece, la storia che narri dove e quando nasce?

Nasce proprio a ridosso della stesura della tesi di laurea, fra il 2011 ed il 2012. Ho letto un libro che ha acceso una specie di lampadina in me, La cotogna di Istanbul di Paolo Rumiz: il modo in cui è narrata questa meravigliosa storia mi ha fatto capire di riflesso quello che io andavo cercando in scrittura: volevo dare risonanza al senso “musicale” delle frasi, al ritmo, al tempo delle parole. Ho scritto la tesi di laurea tenendo bene a mente questa “lezione”; al contempo, si è generata in me la trama del romanzo. Ho lasciato che tutta la storia prendesse forma nel mio immaginario e soprattutto ho cercato di avere pazienza e dare tempo ai personaggi di manifestarsi nella loro interezza.

  1. Descrivimi la protagonista del tuo romanzo.

È un romanzo a più strati e per ogni strato possiamo individuare dei protagonisti, ma il personaggio “protagonista” per eccellenza è Martina, una ragazza di paese che sta per compiere diciotto anni e sta vivendo la sua prima vera grande storia d’amore. È una relazione che parte in modo critico perché il ragazzo di cui Martina si è innamorata è ricco e vicino agli ambienti della Lega. Decisamente agli antipodi rispetto al suo background familiare; Martina infatti è figlia di Giada, sindacalista, e Andrea, giornalista inviato di guerra: due persone di sinistra sia da un punto di vista politico sia valoriale. Come tutti i quasi diciottenni, è ancora al di qua della linea d’ombra: guarda al mondo degli adulti con curiosità, grandi aspettative, ma anche una buona dose di cinismo. Non sa bene cosa vuole e chi è: sta cercando sé stessa. Purtroppo, il destino le riserverà un duro colpo e si troverà di fronte ad un muro enorme di dolore. È nel segno di questo dolore che, per paradosso, la vedremo “sbocciare” e superare proprio la linea d’ombra di cui andavo dicendo poco sopra.

  1. Come definiresti il tuo romanzo e a quale pubblico è rivolto?

È un romanzo introspettivo e di formazione. Introspettivo perché vengono messe a nudo le emozioni dei personaggi, a mano a mano che si entra nel vivo della narrazione; e di formazione in quanto ogni personaggio (non solo i più giovani) si deve confrontare con una verifica personale del proprio modo di essere e vivere. È una storia rivolta un po’ a tutti: essendoci in sostanza due (se non tre) generazioni in parallelo, alle prese con le proprie criticità, il pubblico di lettori a cui potenzialmente Ventiquattro è rivolto, risulta essere ampio.

  1. Il romanzo suscita nel lettore delle forti emozioni che vanno dalla rabbia al dolore, qual è quella che più di tutte senti vicina a te e perché.

Il dolore, senza dubbio. Avevo (e purtroppo ho ancora) delle ferite profonde dentro al mio animo. Ferite legate al mio essere parte di una comunità, che non ero riuscita ad elaborare. Sono consapevole che certi eventi e certe perdite forse non si superano mai, ma sicuramente scrivendo questo romanzo ho fatto un piccolo passo in avanti e sono riuscita a tirare fuori un po’ di questo dolore e ho avuto anche il coraggio di prenderne atto.

  1. Qual è il tuo personaggio preferito?

Mi sento legata a tutti, a dire la verità; tuttavia credo che il personaggio più importante per me sia Federica, una delle due amiche di Martina. Molti dei temi del romanzo sono legati a lei: una creatura complessa, in superficie dura e un po’ scorbutica, ma in realtà di una purezza impressionante. È un personaggio difficile da inquadrare in due parole ed è stato complicato per me lasciarla andare doveva voleva (dove spingeva), senza censurarla. A livello di scrittura mi ha insegnato a diventare “trasparente” (citando la grandissima Joyce Carol Oates); da un punto di vista emotivo invece mi ha dato modo di dare struttura e solidità a tutte le scene più critiche della storia.

  1. Quali sono state, se ce ne sono state, le difficoltà nello scrivere questa storia.

La cosa più difficile è stata avere pazienza e non avere fretta nel mettermi a scrivere. Quando la trama era a un buon punto nella mia immaginazione, ho iniziato ad essere un po’ insofferente… Non vedevo l’ora di mettermi a scrivere. Ma sapevo che sarebbe stato un errore; così ho aspettato che ci fosse tutta la storia e ho anche lasciato che molte scene (le più importanti) si ripetessero dentro la mia testa all’infinito. È un problema che mi si ripropone peraltro ogni volta che mi spunta un’idea: devo ricordare a me stessa di dare tempo alla trama e ai personaggi di venire fuori per bene, quasi diventassero dei compagni del mio quotidiano. Solo allora posso iniziare a scrivere.

  1. Quali sono aspetti del romanzo che vorresti emergessero di più nell’analisi del lettore?

Sono felice e mi emoziono quando ho la possibilità di confrontarmi con i lettori perché spesso mi dicono che “si sono ritrovati” in questa storia, per una determinata situazione, per eventi che hanno vissuto, o per essersi immedesimati con uno dei personaggi. Ecco: questo è l’aspetto a cui tengo di più; la speranza cioè di aver scritto una storia che all’inizio può sembrare personale, ma in realtà può diventare di tutti.

  1. Progetti futuri? C’è un altro libro all’orizzonte?

Vorrei riuscire a pubblicare i miei racconti, riunendoli in una raccolta.

SEGNALAZIONE | Figli del Congo, il thriller di Gianluca Turconi

La segnalazione di oggi vi propone il libro di Gianluca Turconi, Figli del Condo, un crime thriller ambientato nella Repubblica Democratica del Congo.

Sinossi:

Molti bambini giocano alla guerra. Altri, invece, combattono davvero, versando sangue in conflitti dimenticati.
Sono vittime e carnefici in stupri di massa, in pulizie etniche mascherate da rivoluzioni politiche e in traffici d’armi di cui non conoscono le finalità. È ciò che avviene da decenni nella Repubblica Democratica del Congo, in Africa. Ed è quanto accaduto a Kazadi, Joel e Ndaye, combattenti negli scontri congolesi a partire dalla prima adolescenza. A differenziarli da altri compagni meno fortunati appartenenti ai Mayi-Mayi Massengo, unità di guerriglieri del Congo orientale, è stata la capacità di riconoscere la ferocia della propria esistenza e di prendere la sola decisione possibile per salvarsi: fuggire.
Hanno così potuto espatriare illegalmente ad Anversa, in Belgio, paese che ha avuto a lungo un dominio coloniale sul Congo. Nel corso di dieci anni, i tre hanno scelto strade diverse in questa nuova vita: Kazadi si è integrato e ha aperto un ristorante etnico insieme alla moglie belga; Joel è divenuto un esponente di spicco della criminalità di medio profilo ad Anversa; Ndaye si è perso tra droga, scommesse e prostitute, ossessionato dalla ricerca dell’Uomo delle Navi, come chiama lo sconosciuto trafficante d’armi che controllava i trasporti verso il Congo, causa indiretta della loro fuga collettiva. Tuttavia, nessuno di loro è stato capace di dimenticare il passato. L’improvvisa sparizione di Ndaye, in cui sarebbero coinvolti l’Uomo delle Navi ed elementi dei Mayi-Mayi Massengo operanti in Belgio, metterà in moto un complesso meccanismo che porterà Joel prima a rimanere invischiato in una serie di omicidi e, successivamente, a scoprire alcuni segreti riguardanti la sua gioventù, celati in piena vista nell’apparente tranquillità belga. Per sopravvivere, dovrà lottare: contro i nemici sconosciuti che tirano le fila della macchinazione in cui è rimasto invischiato, contro le ambiguità dei Mayi-Mayi dei quali era stato compagno, contro la drammatica immutabilità del suo paese natio.
Dall’Europa all’Africa, durante inchieste giudiziarie, elezioni politiche dal risultato imprevedibile e inaspettati viaggi, andrà alla ricerca della risposta alla domanda a cui anche la sua vita è legata: esiste una possibilità per i giovani Figli del Congo delle nuove generazioni di cambiare il proprio destino di violenza e sanguinosi conflitti?

L’Autore:

Gianluca Turconi, nato nel 1972, già più volte finalista al Premio Alien per la narrativa fantascientifica e vincitore della XIII Edizione del Premio Lovecraft per la narrativa fantastica, ha effettuato studi linguistici e giuridici, e attualmente vive e lavora in provincia di Monza e Brianza. Da quasi un ventennio sostenitore del Software Libero, è stato tra i fondatori del progetto di marketing internazionale, di documentazione e di localizzazione italiana della suite software Apache OpenOffice, nonché curatore del dizionario italiano utilizzato dai programmi software Google Chrome, Mozilla Firefox e Thunderbird. Nell’ambito della narrativa thriller e fantastica ha pubblicato diverse opere (tra le altre “Destino criminale”, “Tijuana Express”, “Protocollo Aurora”, “La fine del gioco”, “Gli Dei del Pozzo”, “Alveare e dintorni”, “L’Altare”, “Fermata obbligatoria”) per case editrici e riviste specializzate nazionali e internazionali (Eterea Comics & Books, Delos Books, Asociación Alfa Eridiani, Axxón, Graphe, DiSalvo, A3, Horror Magazine). Ha inoltre rivestito il ruolo di editor per il romanzo “Figlio della schiera” di Giampietro Stocco (Chinaski) e di selezionatore e coordinatore della traduzione per l’antologia di narrativa fantascientifica latinoamericana “Schegge di futuro” (Letture Fantastiche).

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RECENSIONE | Ventiquattro, il romanzo di esordio di Valentina Bardi

Ventiquattro è il romanzo di esordio di Valentina Bardi, edito da Società Editrice Il Ponte Vecchio. Il romanzo, che potrebbe benissimo essere inserito nel genere del romanzo di formazione, racconta la vicenda umana, molto toccante, dei membri di una famiglia composta da sette persone.

Giada è una donna bella e attraente, ha un carattere combattivo e crede fermamente nei suoi ideali. Di mestiere fa la sindacalista; è dalla parte del popolo e nel suo lavoro ci mette molta forza, ma lei è veramente così forte? Le sue sicurezze iniziano a vacillare quando la sua prima figlia, Elena, perde il bambino all’ottavo mese di gravidanza. Per sostenere meglio la figlia, Giada chiede a suo marito Andrea di rientrare in Italia. Andrea è un giornalista inviato di guerra, che passa più tempo all’estero che a casa. Nonostante ciò, Andrea ama profondamente la sua famiglia, ma qualcosa nella rapporto con Giada si è inclinato; qualcosa che Andrea non sa esprimere, poiché mostra una sorta di incapacità di espressione, la quale sembra essere in contraddizione con il suo mestiere di giornalista. La sua insicurezza si manifesta anche nell’incapacità di attuare un sogno, quello di scrivere un libro basato su gli appunti di guerra che nel tempo ha raccolto su un taccuino che affida a sua figlia Martina.

Martina è la protagonista principale, anche se tutti i personaggi sono loro modo protagonisti importanti. Martina frequenta l’ultimo anno di liceo, sta per diventare maggiorenne e si è innamorata di Matteo, uno studente della Facoltà di Economia, figlio dell’uomo con cui Giada dovrà avere a che fare nella sua lotta in favore degli operai. Martina è una ragazza come tante, che sta vivendo il suo primo amore ma questo amore la segnerà in maniera indelebile; la farà gioire soffrire ma anche crescere e comprendere presto quanto la vita sia ingiusta e spesso e volentieri ci riserva dei brutti colpi. La vicenda umana di Martina servirà non solo a lei, ma a tutti i suoi cari per compiere quel passo decisivo verso la svolta. I genitori prenderanno consapevolezza del loro rapporto e di cosa sono diventati, le amiche di Martina, Federica e Ilaria, troveranno il modo per uscire dalla loro condizione di “oppresse”, l’una per questioni familiari l’altra per una formazione fin troppo tradizionalista. Tutti dovranno fare i conti con il dolore, che non è quello fisico ma quello del cuore e della mente.

La storia di Martina tocca il lettore fin nel profondo. Anche se lettore non ha vissuto personalmente esperienze simili a quelle dei protagonisti di questo romanzo, non resterà comunque indifferente, perché l’autrice, Valentina Bardi, ha saputo, con la sua prosa semplice ma diretta, toccare le corde più profonde dell’animo umano. È una storia molto semplice quella che la Bardi racconta. Potrebbe essere la storia di una nostra vicina di casa, di un nostro parente o della nostra compagna di banco e questo perché non c’è artificio, tutto è misurato ed equilibrato, non c’è nessuna nota stonata e persino Margherita, il cane di Martina, ci ricorderà il cane che avevamo da bambini.

C’è un grande messaggio, secondo me, in questo romanzo ed esso fa riferimento alle grandi idee e convinzioni morali ed etiche che l’individuo è solito erigere come muri maestri, ma che poi si sgretolano come sabbia al primo scossone. Ecco, Valentina Bardi, ci suggerisce di stare attenti perché non esiste nulla di veramente certo nella vita, tutto può cambiare da un momento all’altro e quando meno ce lo aspettiamo. Bisogna lottare tutti i giorni per la ricerca di sé stessi e per trovare quel giusto equilibrio che poi ci fa affrontare e superare anche il più grande dei dolori.

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RECENSIONE | L’odore del ghiaccio che brucia di Francesca Montali

L’odore del ghiaccio che brucia è il romanzo di Francesca Montali, edito Bookabook. In esso si narra la storia di Ynja, che vive in Islanda, l’affascinante isola del Mare del Nord.

Ynja lavora nel negozio di Frida, in cui si comprano e si vendono oggetti usati. Ynja lo descrive così:

Il negozio FRIDA FRAENK è come una nave capace di trasportarmi negli oceani del tempo e dello spazio e catapultarmi nelle abitudini delle persone, nei loro affetti più preziosi e nei loro segreti più antichi e inviolati. Il lavoro di Frida è aiutare la gente a sgomberare le soffitte, le case e i negozi chiusi per ridare fulgore a oggetti dimenticati, messi da parte o, più semplicemente, rimasti senza padrone.

La vita di Ynja sembra procedere abbastanza monotona e tranquilla, ma il suo animo è irrequieto. Qualcosa inizia a cambiare quando nella sua vita irrompe un ragazzo italiano, Giulio, che capita nel negozio per caso. Giulio si accavallerà ad altri ragazzi, creando confusione nell’animo della giovane protagonista, che sembra rovinare tutto quello che tocca. Fin qui la storia sembra essere una storia come tante, ma già dalle prime pagine, sia la vicenda che lo stile di Francesca Montali cattura l’attenzione del lettore.  Sembra di trovarsi nel negozio insieme ad Ynja e Frida; di vedere con i protagonisti lo spettacolo della natura islandese; di sentire il caldo delle acque termali circondate dal ghiaccio e, insieme a questo, vi sembrerà di assaporare i piatti tipici islandesi e di vivere le tradizioni del luogo, abitate da folletti buoni e dispettosi.

Se proprio devo dirla tutta più della metà di noi islandesi non si sogna neanche di mettere in discussione l’esistenza del popolo nascosto e sono in molti a sostenere di avere incontrato  qualche creatura almeno una volta.

Fjadrargljufur, Islanda del Sud

Ynja nasconde un segreto, un passato dal quale vuole fuggire, un passato di menzogne e di azioni di cui si vergogna, ma con il quale prima o poi dovrà fare i conti. Grazie alla vicinanza di Frida, una donna forte e comprensiva, Ynja riuscirà ad affrontare quelle che sono le sue paure più profonde e a fare pace con se stessa e con il mondo.

Comunque credo che la donna che più somiglia a una mamma per me sia Frida (…). Perché è autentica, non dice le cose per come vorrebbe che fossero, ma per come sono. È sincera e corretta. Non si vergogna di essere quella che è e non si aspetta niente in cambio di quello che dà. È generosa. Sì, credo che una mamma debba essere generosa così. Di attenzioni, di pensieri, di parole, di gesti, di piccole cose. E che debba donarsi completamente, anche con i propri limiti, senza imporre la propria verità, con umiltà.

Il lettore è totalmente rapito dalla narrazione, difficilmente riuscirà a staccarsi dalla storia a cui, inevitabilmente, ritorna anche quando non sta leggendo. Molto bella la metafora con le balene, “il mammifero più antico, più dolce e più misterioso del pianeta”. Le balene anche a distanza comunicano la loro presenta, così come avviene tra Ynja, Giulio e le persone che fanno parte nel bene e nel male della sua vita.

Per le balene è vitale tenersi in contatto costante, sincronizzando le emersioni e le immersioni, grazie all’udito. Alcune sono in grado di comunicare attraverso enormi estensioni oceaniche, riuscendo persino ad agire da fari per la navigazione dei compagni in difficoltà e così a far trovare la rotta attraverso mari coperti dai ghiacci. Utilizzando i canyon degli abissi come enormi casse di risonanza, alcune balene riescono a chiamarsi per tutto un oceano. Ma non appena una balena smette di comunicare la sua presenza, per un’altra balena è come se svanisse. Le balene formano un branco solo quando, per la maggior parte del tempo, possono udirsi a vicenda.

Grazie ad una sincronia simile a quella delle balene, Ynja arriva al negozio di Frida a Reykjavìk, e quel lavoro diventa per lei motivo di riscoperta di sé, anche attraverso le cose “già appartenute”, perché il passato se visto con gli occhi giusti potrebbe assumere un aspetto nuovo o non ancora indagato.

Vi consiglio vivamente questo romanzo, vi piacerà, vi emozionerà, vi coinvolgerà, suscitando in voi il desiderio di visitare il negozio di Frida, di conoscere una donna come lei e di abitare l’Islanda con i suoi geyser e la sua spiaggia di sabbia nera.

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Lorenzo e Giuliano de Medici nel romanzo di Adriana Assini

Giuliano è il sole; Lorenzo il cielo, mare e terra. Sono giovani, colti, carismatici e ammirati entrambi quando diventano principi di Firenze.

Queste sono le prime parole che si leggono nella sinossi del libro di Adriana Assini, Giuliano e Lorenzo. La primavera dei Medici, edito da Scrittura e Scritture. Come dare loro torto! Lorenzo il Magnifico e suo fratello Giuliano sono i fiori migliori della famiglia Medici, ormai considerati dei veri e propri miti.

Il racconto che ci viene fatto in questo romanzo riguarda i fratelli Medici e la storia della Firenze rinascimentale, ma non li vede direttamente sulla scena come protagonisti. Infatti, conosciamo la loro storia attraverso il racconto di Cosma, un giovane dottore in legge che si invaghisce di Beatrice, la moglie del mercante Giotto Torreggiani. Ospiti in casa del mercante, Cosma e il suo amico pittore Maso raccontano ai coniugi Torreggiani, rientrati a Firenze dopo un lungo soggiorno sul Bosforo, le vicende politiche e umane sviluppatesi intorno alla famiglia Medici.

Domenica dopo domenica, la narrazione si fa sempre più avvincente, in un climax ascendente che tocca il suo culmine con la narrazione della morte di Giuliano nella famosa congiura dei Pazzi. Il racconto, tuttavia, non è una semplice narrazione di eventi del passato. Siamo a pochi anni di distanza dalla morte di Lorenzo e all’indomani dei funerali del suo grande amico Sandro Botticelli, ma il segno che i Medici hanno lasciato a Firenze è ancora forte e visibile nelle innumerevoli opere d’arte commissionate.

Qui, da mezzo secolo, i fatti più rilevanti recano il tratto distintivo dei Medici. Salvo le flessioni dell’ultimo decennio, la potentissima dinastia di banchieri era stata un corpo unico con la città sull’Arno, favorendo la carriera di prosperevoli artisti, compreso il Botticelli.

Nel racconto, quindi, abbiamo la possibilità di ricostruire i contorni di questi due uomini, compresi dei lati oscuri.

Lorenzo il Magnifico raffigurato da Bronzino

Il Magnifico non passava di certo inosservato. Impossibile confonderlo con chicchessia, con quella sua mascella larga, il naso schiacciato, le sopracciglia folte come piccole selve. Uguale a nessun’altra, la sua voce roca. E indosso, more solito, il lucco vermiglio, distinto ma privo di ornamenti. Alla buona nei modi, ma sofisticato nel pensiero, all’occorrenza non disprezzava di disputare una partita a cricca o a tri-trac col mugnaio, scambiando qualche opinione con le persone più umili, proprio lui che dissertava di sofisticherie con Ficino, e che apprendeva da un Michelangelo in erba che la scolpitura si faceva “per via di levare” e non “per via di porre”, come per la pittura.

Lorenzo si era circondato di grandi intellettuali ed artisti, era un abile politico, amante del poetare, difettava nei conti. Infatti, il banco era spesso in difficoltà e bisognava occultare gli ammanchi con astuzie che spesso gli crearono non pochi problemi. Sposandosi con Clarice Orsini, con la quali vi erano distanze affettive notevoli, Lorenzo si aprì una strada verso la corte pontificia, da cui trasse dei vantaggi.

Giuliano de Medici raffigurato da Sandro Botticelli

Di altro temperamento era suo fratello Giuliano. Pare possedesse tutte le qualità di un adone e un carattere piacevole. Astuto come il fratello, per alcuni di più di Lorenzo, lavorò con lui alla grandezza della famiglia, ma di lui si ricorda il suo amore per le belle donne, tra cui l’affascinante Simonetta Cattaneo Vespucci; pare non mancasse di gareggiare con il fratello, in un confronto che però mai sfociò in rivalità.

Simonetta Cattaneo Vespucci dipinta da Sandro Botticelli, di cui fu musa ispiratrice

Grazie al racconto di Cosma assistiamo ad una vera e propria ricostruzione dei fatti più importanti dell’Italia a cavallo tra il XV e il XVI secolo, dove delicati equilibri politici si giocavano a colpi di alleanze e tradimenti. A rendere questo libro ancora più appetitoso è la tresca amorosa che Cosma, nel suo emozionante racconto, sta tessendo con Beatrice, che ricambia senza remore.

Adriana Assiri conferma, con questo libro, la sua grande dote di romanziera. Ha saputo coniugare alla perfezione verità e invenzione, consegnandoci un libro bello, coinvolgente, che insegna e fa riflettere su questioni più che mai attuali.

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Kent Haruf: “Benedizione” apre la Trilogia della Pianura

Posso ufficialmente annoverare Kent Haruf tra i miei autori del cuore. Dopo Le nostre anime di notte (potete leggere la mia recensione CLICCANDO QUI) ho iniziato la Trilogia della Pianura che è composta da Benedizione, Canto della Pianura e Crepuscolo (NN Editore).

Benedizione apre questa serie ambientata nella cittadina di Holt, in Colorado. La vicenda ruota intorni a Dad Lewis, che sta affrontando il suo ultimo viaggio; si è ammalato di cancro e gli resta poco tempo prima che la malattia se lo porti via. In questo breve lasso di tempo, in cui assistiamo all’evolversi della malattia che lo porta alla fine, Dad ha la possibilità di ripercorrere la sua vita, salutare gli amici di sempre e quelli nuovi, tentare di ricucire i legami familiari sfaldati e rimediare a quei torti ed errori che ha commesso nel corso della sua vita. In Benedizione c’è però molto altro.

Kent Haruf ha creato un romanzo che potremmo definire “corale”, perchè intorno a Dad gravitano una serie di personaggi, ognuno con la sua storia di dolore e di sconfitta. Dad porta nel cuore alcuni fantasmi, quello del figlio Frank, mai compreso ed accettato. Frank se ne è andato di casa senza fare più ritorno e anche ora che Dad sta per morire, non ritornerà. Poi c’è l’ex commesso del negozio di ferramenta di Dad, che si è tolto la vita dopo essere stato licenziato. Anche se Dad ha fatto ciò che riteneva giusto, sentirà sempre un peso sull’animo, peso che ha tentato di alleviare aiutando la vedova.

Non assistiamo, però, solo alla vicenda umana di Dad, perché conosciamo anche molti altri personaggi, come Lorraine, sua figlia, che ha perso la vita in un incidente stradale, e ancora la vicina di casa, che accudisce la nipotina rimasta orfana. Poi c’è il pastore Lyle, che predica oltre le convenzioni e nasconde un segreto. Questi sono solo alcuni degli abitanti di Holt, che l’autore ci presenta in questo primo volume, carico di significati e sfumature.

Kent Haruf, con la sua prosa delicata, entra in punta di piedi nella quotidianità di queste persone e ce ne svela i lati intimi ed oscuri. Ci parla, quasi sussurrando, di dolore, solitudine, rimpianto, rammarico, ma anche di dignità, vergogna e amore. Non manca, infine, di evidenziare un aspetto che caratterizza la cittadina di Holt, che potrebbe esserci in qualsiasi città, paese, quartiere del mondo: la discriminazione e l’allontanamento di ciò che si ritiene diverso. Holt tende ad espellere lontano dalla sua visione piccola come un francobollo, tutto ciò e tutti coloro che non rientrano nel suo schema sociale, e lo fa anche con una certa violenza.

È un libro, Benedizione, veramente bello e coinvolgente:

Questo libro è per chi ama rileggere i classici e vorrebbe perdersi negli sconfinati spazi della pianura (o nelle fotografie di Robert Adams), per chi desidera un cappello da cowboy anche se forse non lo indosserà mai, per chi nutre una storia di fiducia razionale nel genere umano e crede che le verità gridate siano sempre meno vere di quelle suggerite con pudore.

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GDL #LEAVVELENATRICI | Novembre in compagnia di Margaret Atwood

Margaret Atwood è sicuramente tra le scrittrici del momento. Ha scritto numerosi romanzi di successo e l’idea di inserirla del Gruppo di Lettura per il mese di novembre era piaciuta sia a me che a Caterina di Libri sul comodino. Ma questa volta abbiamo deciso di far scegliere alle “Avvelenatrici” che fanno parte del gruppo il libro da leggere. Così abbiamo fatto votare tra L’altra Grace della Atwood e il primo volume della Saga dei Cazalet di  Elizabeth Jane Howard. La scelta è stata combattuta, ma alla fine l’ha spuntata la Atwood.

Leggeremo il libro a partire da lunedì 11 novembre per sei settimane, fino al 22 dicembre, e ne parleremo nelle storie di Instagram, attraverso post e, ovviamente, nel gruppo privato che abbiamo creato sempre su Instagram. Di seguito la suddivisione delle varie settimane:

Di cosa parla il libro? La storia è liberamente ispirata ad un fatto realmente accaduto. Si legge dalla quarta di copertina:

Nel 1843 il Canada è sconvolto da un atroce fatto di cronaca nera: l’omicidio del ricco possidente Thomas Kinnear e della sua amante, la governante Nancy Montgomery. Imputata insieme a un altro servo, la sedicenne Grace Marks viene spedita in carcere e, sospettata di insanità mentale, in manicomio. A lungo oggetto dei giudizi contrastanti dell’opinione pubblica – propensa a vedere in lei ora una santa, ora una carnefice -la protagonista di questo romanzo può finalmente raccontare la propria vita al giovane dottore Simon Jordan. Convinto di mettere le proprie conoscenze al servizio della verità sul caso, e al tempo stesso contribuire al progresso della scienza psicologica, Jordan non potrà fare a meno di restare ammaliato da questa personalità complessa e inafferrabile. Il dialogo che si instaura tra i due si trasforma nel ritratto psicologico di una persona due volte vittima del sistema sociale – in quanto povera e in quanto donna – e assurge a denuncia delle enormi contraddizioni di una società maschilista e tormentata da conflitti interni perché incapace di accettare l'”altro”.

Se la trama vi ha incuriosito e volete far parte del Gruppo di lettura per uno scambio di opinioni sui libri che leggiamo o sul mondo del libro in generali, cerca su Instagram @lapennanelcassetto e @librisulcomodino. Saremo liete di inserirvi nel gruppo!

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SEGNALAZIONE | Fulgore della notte di Omar Viel

I fatti di Bristol cominciano qui.
Nel salotto si fronteggiavano poltrone dalle stoffe broccate, a righe o a quadri. Affiancate da bassi tavolini di legno scuro abitati da abat-jour e piante ornamentali, come uno spatifillo o una gardenia, oltre che da vassoi ricolmi di pot-pourri e cammei di ceramica dipinta. Rachel scostò la mano dallo schienale del divano, che le assicurava un po’ di equilibrio, e si avvicinò alla credenza nell’angolo, tra due finestre. Prese da un cassetto una scatola di latta e tornò a sedere, minuscola nella grande poltrona di velluto scuro. Le mani tra le pieghe del vestito e, tra quelle mani, il viso di un uomo dai baffi a manubrio sormontato dalla scritta dorata Dr Martens.

Quello che avete appena letto è l’incipit del romanzo di Omar Viel, Fulgore della notte, edito da Adiaphora Edizioni.

«Un libro di magia, e la magia è la scrittura avvolgente. Se entri, preparati a fare i conti con il mistero
e la prepotenza dei miracoli. Se hai anche la fortuna di uscirne, torni a casa con un sorriso.»
Gian Luca Favetto

LA TRAMA

La storia è ambientata a Bristol, cittadina dell’insaziabile Londra. Viel narra in questo libro il viaggio surreale e magnifico della famiglia Wilson, tra i versi immortali di Blake, Keats e Shelley. Un viaggio fatto di incontri bizzarri con personaggi eterei, in equilibrio tra il mondo del visibile e quello dell’invisibile, tra l’universo tangibile e quello dell’immaginazione. Il professor Gordon Wilson non si sarebbe dovuto trovare in quella strana casa. Inebriato dal fascino di una ragazza sconosciuta, così simile a sua moglie Una, provoca inavvertitamente un incendio; dalle fiamme, scivola nella realtà la sinuosa figura di una tigre. Gor­don, spaventato, fugge, lasciando la propria famiglia disorientata. Sarà Liz, una delle figlie, a recarsi a Londra alla ricerca del padre: un vero e proprio passaggio di testimone tra il professore e la giovane musicista, che incontrerà sul suo percorso antichi prodigi che la condurranno a svelare i misteri degli Wilson. Nella simbologia della specularità, passato e presen­te si intrecciano dove nulla è certo e tutto è possibile: “Fulgore della notte” è un cammino esistenziale, fisico, letterario, con incursioni nel poetico. Un romanzo composito nel quale si innesta un generoso tributo al Romanticismo inglese, che invita a lasciar andare gli ormeggi della ragione per abbandonarsi al dominio del possibile.

L’AUTORE

Omar Viel ha studiato Conservazione dei Beni Culturali e si occupa di comunicazione in diversi ambiti, tra i quali quello artistico. Finalista del Premio Italo Calvino nel 1992 e autore di racconti apparsi su “Nazione Indiana”, “Nuova Prosa” e nell’antologia Veni­se, collection Bouquins, pubblicata dall’editore francese Robert Laffont.

Il Ciclo degli Immortali di Arturo Perrotta, pubblicati i primi due volumi

I libri di oggi sono rivolti agli amanti delle saghe fantasy. Vi parlo, infatti, del Ciclo degli Immortali di Arturo Perrotta, una saga di cui sono stati pubblicati i primi due capitoli da Artetetra Edizioni.

I due titoli in questione sono: Aqua, Ignis, Terra, Vento e Il richiamo della Musa. Prima di iniziare la lettura della saga, leggiamo il messaggio dell’autore in cui spiega la genesi e il fine dell’opera:

Caro lettore,

il volume che hai fra le mani, Aqua, Ignis, Terra, Vento, è il primo step di un più lungo percorso, La Saga degli Immortali. L’idea è nata nella mia mente qualche anno fa, quando avevo solo quindici anni: un insieme di storie lentamente ha preso forma fino a delineare l’intero intreccio di personaggi ed eventi. È una semplice storia ma può essere letta come spunto di riflessione sui temi più profondi che spesso affollano la mia mente come il tempo, la vita eterna e il rapporto dell’uomo con la natura. Sono sicuro che se leggerai questo romanzo, e gli altri che lo seguiranno, la mia storia ti coinvolgerà fino a farti innamorare e spezzarti il cuore… te lo prometto!!!

Questo primo volume ci racconta una storia avvenuta in un tempo lontanissimo, molto prima della comparsa dell’uomo come lo conosciamo noi. I protagonisti di questa storia sono tre giovani amici, Frank, Calliope e John, i quali non conoscono nulla del loro passato, se non che tutti e tre fin da piccoli sono stati accolti nella fattoria di Robert e Renè, dopo la morte dei loro genitori avvenuta durante la Grande Guerra.

La Grande Guerra coinvolse tutti i paesi, fu una carneficina, tutti contro tutti, ci furono molte vittime. Perfino lo zio Robert ha combattuto in questa guerra, era uno dei migliori combattenti ma, vendendo il male che stava creando, decise di ritirarsi dall’esercito. Allora insieme trasformammo questa fattoria in un orfanotrofio per vittime di guerra.

A raccontarci questa storia è Renè, che narra ai suoi ragazzi le storie del passato, come erano suddivisi i regni e del dono del suo Creatore, ovvero delle pietre elementari dai poteri formidabili, di cui Calliope, Frank e John sono custodi inconsapevoli.

Sono pietre dai poteri particolari, ad esempio possono accendere il fuoco e generare energia elettrica, il loro utilizzo è quasi illimitato.

Le pietre generano ovviamente sete di potere e sono la causa della minaccia che incombe sui protagonisti. Un temibile generale, di nome Genesis, vuole impadronirsi delle pietre a tutti i costi: “Si dice che stia radunando un esercito personale, ma non se ne conosce il motivo”.

Genesis è a capo di un folle progetto chiamato “Progetto Delta”, il cui scopo era quello di fare esperimenti sui bambini per poterli tramutare in vere e proprie armi da guerra. Sulle tracce di Genesis c’è un uomo, di cui non si conosce quasi nulla, ma che le persone conoscono come un terrorista. Si tratta di Delta, uno degli esperimenti del Generale, scappato dal suo destino di distruzione.

Mentre i tre ragazzi scoprono la verità sulle loro origini e sulle pietre che hanno ricevuto in dono dai loro genitori, Genesis attacca la fattoria nel tentativo di impossessarsi delle pietre. Da questo momento la vita dei tre amici viene totalmente sconvolta, sono costretti a scappare, si ritroveranno soli, ma sulla loro strada riceveranno l’aiuto e la protezione di Delta.

Delta è il protagonista assoluto del secondo volume. Anche in questo caso l’autore si rivolge al lettore con queste parole:

Caro lettore,

eccoci qua. Il secondo capitolo della Saga degli Immortali ha finalmente visto la luce. Per me questo romanzo ha molta importanza perché segna la fine della prima fase della saga e la fine della mia prima fase come autore. Un percorso che ha avuto inizio all’età di quindici anni e che termina ora che ne ho ventisette. In questo lasso di tempo sono cresciuto molto, ho sperimentato, partecipato ad eventi letterari ed artistici fino a partorire questo racconto ibrido. Il richiamo della musa, infatti, è un’opera che ha le basi di un romanzo storico, arricchito con quel piccolo tocco di fantastico che caratterizza l’intera saga. Ed è proprio la Storia il punto centrale di questo racconto. Ti invito quindi a ripercorrere con me alcuni dei momenti che ho ritenuto più importanti nella Storia vissuti attraverso le avventure e gli occhi di Delta.  Non te ne pentirai!

La vicenda parte da dove l’avevamo lasciata; una tremenda catastrofe ha posto fine all’era in cui i tre amici erano vissuti, dando il via ad un nuovo tempo che coincide con la comparsa della vita sul nostro pianeta. A percorrere i millenni e la lunga storia evolutiva della Terra c’è solo una persona, Delta. La sua vita, grazie agli esperimenti di Genesis e alla pietra elementare che porta nel petto, è immortale. Insieme a Delta, il lettore percorre le epoche storiche, incontra i grandi personaggi del passato e assiste alle grandi battaglie, ma il suo cammino non è privo di ostacoli e pericoli. Infatti, su di lui incombe la continua minaccia dei Grigi, esseri spaventosi che gli danno la caccia. Grazie all’aiuto di persone amiche, Delta indaga per capire chi siano e cosa vogliono.

Il secondo volume, rispetto al primo, procede su due binari temporali. In uno ripercorriamo le avventure di Delta nelle varie epoche storiche, nell’altro invece è nel nostro tempo, nella nostra contemporaneità, in compagnia di due ragazzi che si riveleranno fondamentali per ricostruire un puzzle che da solo Delta non sarebbe stato in grado di ricomporre.

Questa saga, al di là del dato fantastico, ci comunica valori importanti, come l’amicizia, la lealtà, la solidarietà e l’amore che è il sentimento più forte di tutti.

Come termina questo secondo capitolo? Con un colpo di scena e con quel pizzico di suspence che ci fa attendere con ansia il terzo capitolo.

La lettera d’amore di Cathleen Schine

La lettera d’amore (Adelphi) di Cathleen Schine è il secondo libro che abbiamo letto con il Gruppo di lettura Instagram “Le Avvelenatrici”. Il gruppo nacque con la lettura del racconto di Dumas L’Avvelenatrice e ora continua con nuove letture condivise.

Per questo romanzo avevamo grandi aspettative e l’incipit mi aveva proprio entusiamata, ma…

La vicenda ruota attorno ad una libraia che, dopo aver divorziato, con la figlia sceglie di ritornare nella città d’origine, Pequot, dove apre una libreria e si stabilisce nella grande casa materna, che poco alla volta sta ristrutturando. Una mattina, come è suo solito, apre la corrispondenza e trova una strana lettera d’amore. Il mittente è un misterioso “Montone”, mentre la destinataria è una enigmatica “Capra”.

Cara Capra,
come ci si innamora? Si casca? Si inciampa, si perde l’equilibrio e si cade sul marciapiedi, sbucciandosi un ginocchio, sbucciandosi il cuore? Ci si schianta per terra sui sassi? O è come rimanere sospesi oltre l’orlo di un precipizio, per sempre?
So che ti amo quando ti vedo, lo so quando ho voglia di vederti. Non un muscolo si è mosso. Nessuna brezza agita le foglie. L’aria è ferma. Ho cominciato ad amarti senza fare un solo passo. Senza neanche un battito di ciglio. Non so neppure quando è successo.
Sto bruciando. È troppo banale per te? No e lo sai. Vedrai. È quello che capita, è quello che importa, sto bruciando.
Non mangio più, mi dimentico di mangiare, mi sembra una cosa sciocca, che non c’entra. Se ci bado. Ma non bado a niente.
Stanotte ho buttato il libro dalla finestra. Ho provato a dimenticare. Tu non vai bene per me, lo so, ma quello che penso non mi interessa più, a meno che non pensi a te. Quando sono accanto a te, davanti a te, sento i tuoi capelli che mi sfiorano la guancia anche se non è vero. Qualche volta guardo altrove, poi ti guardo di nuovo.
Quando mi allaccio le scarpe, quando sbuccio un arancia, quando guido la macchina, quando vado a dormire ogni notte senza di te, io resto, come sempre
Montone

Helen, questo il nome della protagonista, crede di essere lei la destinataria della misteriosa lettera, così inizia ad “indagare” su chi potrebbe essere il mittente. Questo ci permette di focalizzare l’attenzione sul mondo che circonda Helen, sui personaggi che affollano la sua vita e sulla protagonista stessa. Helen è una donna attraente, dal carattere un po’ strano. Sa essere dispotica e aspra, sa essere distaccata ma anche seduttrice. Si butta in una relazione scomoda e scandalosa, innamorandosi di Johnny, un ragazzo non è maggiorenne che lavora nella sua libreria. Tra i due ci sarà una passione travolgente, fatta di sotterfugi vari, ma che è destinata a finire nel momento in cui il ragazzo andrà via da Pequot.

Tutta la vicenda si svolge in estate e assistiamo a scene di vita che si svolgono tra la libreria e la casa di Helen, che ad un certo punto viene affollata di presenze femminili, poichè tornano a Pequot anche la mamma e la nonna della protagonista. Questi per me sono i personaggi migliori, soprattutto la nonna, stramba e originale nel suo modo di vivere la vita. I personaggi sono ben costruiti, non c’è niente da dire, ma la trama, soprattutto nella parte centrale mi è risultata un tantino lenta. Certamente l’autrice ha voluto dare attenzione alla psicologia di Helen, questa donna che si avvia all’età matura, ma che conserva una ribellione tipica della gioventù. Nel finale il romanzo ha acquistato qualche punto, il ritmo mi è sembrato più incalzante e mi ha lasciato anche il sorriso quando ho scoperto chi fosse il mittente della lettera. Ci sono tempi anche importanti, come la diversità di amare anche in maniera non convenzionale, ma nonostante tutto, il romanzo non mi ha convinta del tutto.