Sono molto felice, oggi, di poter pubblicare questa intervista a Valentina Bardi, autrice di Ventiquattro, il suo romanzo di esordio, di cui vi ho parlato qualche settimana fa. Per leggere la mia recensione CLICCA QUI. Valentina è stata gentilissima e mi ha raccontato di lei, del suo romanzo e del futuro. Grazie a Scrittura a tutto tondo per l’opportunità di questa intervista.

- Innanzitutto, scopriamo chi è Valentina Bardi e quando è nata in te la passione per la scrittura.
Sono nata e cresciuta a Galeata, un piccolo paese dell’Emilia Romagna, in provincia di Forlì – Cesena. La mia prima grande passione è stata la musica: ho iniziato a studiare sassofono alle medie, frequentando i corsi musicali istituiti dalla banda di paese per poi proseguire al conservatorio di Cesena. Al liceo ho iniziato ad amare moltissimo anche la letteratura e ad un certo punto mi sono resa conto che forse anch’io avevo qualcosa da raccontare. Ho cominciato a scrivere piccole cose e racconti, poi, durante gli anni dell’università, studiando letteratura inglese e francese e approfondendo tanti aspetti tecnici e di poetica di vari autori, ho cercato di migliorare il mio stile e di trovare un mio metodo di lavoro. Credo di aver capito e trovato la mia “voce” soltanto quando mi sono dovuta confrontare con la stesura della tesi di laurea.
- Invece, la storia che narri dove e quando nasce?
Nasce proprio a ridosso della stesura della tesi di laurea, fra il 2011 ed il 2012. Ho letto un libro che ha acceso una specie di lampadina in me, La cotogna di Istanbul di Paolo Rumiz: il modo in cui è narrata questa meravigliosa storia mi ha fatto capire di riflesso quello che io andavo cercando in scrittura: volevo dare risonanza al senso “musicale” delle frasi, al ritmo, al tempo delle parole. Ho scritto la tesi di laurea tenendo bene a mente questa “lezione”; al contempo, si è generata in me la trama del romanzo. Ho lasciato che tutta la storia prendesse forma nel mio immaginario e soprattutto ho cercato di avere pazienza e dare tempo ai personaggi di manifestarsi nella loro interezza.
- Descrivimi la protagonista del tuo romanzo.
È un romanzo a più strati e per ogni strato possiamo individuare dei protagonisti, ma il personaggio “protagonista” per eccellenza è Martina, una ragazza di paese che sta per compiere diciotto anni e sta vivendo la sua prima vera grande storia d’amore. È una relazione che parte in modo critico perché il ragazzo di cui Martina si è innamorata è ricco e vicino agli ambienti della Lega. Decisamente agli antipodi rispetto al suo background familiare; Martina infatti è figlia di Giada, sindacalista, e Andrea, giornalista inviato di guerra: due persone di sinistra sia da un punto di vista politico sia valoriale. Come tutti i quasi diciottenni, è ancora al di qua della linea d’ombra: guarda al mondo degli adulti con curiosità, grandi aspettative, ma anche una buona dose di cinismo. Non sa bene cosa vuole e chi è: sta cercando sé stessa. Purtroppo, il destino le riserverà un duro colpo e si troverà di fronte ad un muro enorme di dolore. È nel segno di questo dolore che, per paradosso, la vedremo “sbocciare” e superare proprio la linea d’ombra di cui andavo dicendo poco sopra.
- Come definiresti il tuo romanzo e a quale pubblico è rivolto?
È un romanzo introspettivo e di formazione. Introspettivo perché vengono messe a nudo le emozioni dei personaggi, a mano a mano che si entra nel vivo della narrazione; e di formazione in quanto ogni personaggio (non solo i più giovani) si deve confrontare con una verifica personale del proprio modo di essere e vivere. È una storia rivolta un po’ a tutti: essendoci in sostanza due (se non tre) generazioni in parallelo, alle prese con le proprie criticità, il pubblico di lettori a cui potenzialmente Ventiquattro è rivolto, risulta essere ampio.
- Il romanzo suscita nel lettore delle forti emozioni che vanno dalla rabbia al dolore, qual è quella che più di tutte senti vicina a te e perché.
Il dolore, senza dubbio. Avevo (e purtroppo ho ancora) delle ferite profonde dentro al mio animo. Ferite legate al mio essere parte di una comunità, che non ero riuscita ad elaborare. Sono consapevole che certi eventi e certe perdite forse non si superano mai, ma sicuramente scrivendo questo romanzo ho fatto un piccolo passo in avanti e sono riuscita a tirare fuori un po’ di questo dolore e ho avuto anche il coraggio di prenderne atto.
- Qual è il tuo personaggio preferito?
Mi sento legata a tutti, a dire la verità; tuttavia credo che il personaggio più importante per me sia Federica, una delle due amiche di Martina. Molti dei temi del romanzo sono legati a lei: una creatura complessa, in superficie dura e un po’ scorbutica, ma in realtà di una purezza impressionante. È un personaggio difficile da inquadrare in due parole ed è stato complicato per me lasciarla andare doveva voleva (dove spingeva), senza censurarla. A livello di scrittura mi ha insegnato a diventare “trasparente” (citando la grandissima Joyce Carol Oates); da un punto di vista emotivo invece mi ha dato modo di dare struttura e solidità a tutte le scene più critiche della storia.
- Quali sono state, se ce ne sono state, le difficoltà nello scrivere questa storia.
La cosa più difficile è stata avere pazienza e non avere fretta nel mettermi a scrivere. Quando la trama era a un buon punto nella mia immaginazione, ho iniziato ad essere un po’ insofferente… Non vedevo l’ora di mettermi a scrivere. Ma sapevo che sarebbe stato un errore; così ho aspettato che ci fosse tutta la storia e ho anche lasciato che molte scene (le più importanti) si ripetessero dentro la mia testa all’infinito. È un problema che mi si ripropone peraltro ogni volta che mi spunta un’idea: devo ricordare a me stessa di dare tempo alla trama e ai personaggi di venire fuori per bene, quasi diventassero dei compagni del mio quotidiano. Solo allora posso iniziare a scrivere.
- Quali sono aspetti del romanzo che vorresti emergessero di più nell’analisi del lettore?
Sono felice e mi emoziono quando ho la possibilità di confrontarmi con i lettori perché spesso mi dicono che “si sono ritrovati” in questa storia, per una determinata situazione, per eventi che hanno vissuto, o per essersi immedesimati con uno dei personaggi. Ecco: questo è l’aspetto a cui tengo di più; la speranza cioè di aver scritto una storia che all’inizio può sembrare personale, ma in realtà può diventare di tutti.
- Progetti futuri? C’è un altro libro all’orizzonte?
Vorrei riuscire a pubblicare i miei racconti, riunendoli in una raccolta.