Nati due volte è un romanzo piuttosto breve di Giuseppe Pontiggia, scrittore milanese morto nel 2003 e vincitore di importanti premi. Infatti, fu Premio Strega nel 1989 con La grande sera, Premio Selezione Campiello nel 1993 con Vite di uomini non illustri e Premio Campiello nel 2000 proprio con Nati due volte.
Questo romanzo è particolarmente toccante per due motivi: il primo è legato alla tematica, ovvero la tetraplegia spastica distonica, di cui è affetto il figlio del protagonista; il secondo è che la vicenda muove da un tratto autobiografico, essendo il figlio di Pontiggia affetto da questa malattia.
Chi legge questo romanzo rimane molto colpito e coinvolto dalla modalità di narrazione che l’autore mette in atto per affrontare l’argomento e l’handicap con tutte le difficoltà del caso. Quello che più colpisce è che non c’è mai autocommiserazione, non c’è mai la caduta in determinati cliché letterari, ma l’autore compie una interessante lettura degli eventi vissuti dal protagonista/autore, non nascondendo sentimenti di rabbia e la condanna anche contro se stesso.
Parlare di questo romanzo non è facile, non lo è per l’argomento, ma anche per la particolare modalità di narrazione. Non ci troviamo di fronte ad un romanzo che segue una precisa linea temporale, ma procede per flash brevi, che ci permettono di cogliere le situazioni che i genitori di questo ragazzo sono costretti ad affrontare fin dalla sua nascita.
Così si affrontano nelle vicende narrate situazioni legate all’incompetenza e poca professionalità di medici, insegnanti, che spesso sono impreparati e superficiali, le difficoltà di crescita e di apprendimento di un giovane con handicap, ma anche le problematiche di una famiglia che si trova anch’essa a vivere e gestire una malattia insieme ai problemi comuni di una qualsiasi famiglia. In questo quadro negativo, tuttavia non mancano gli esempi positivi di chi generosamente si adopera per aiutarli.
Ho visto in questo libro non tanto il tentativo dell’autore di sensibilizzare il lettore su un determinato argomento, ma piuttosto una sorta di analisi personale; è come se lui ricordasse gli eventi della sua vita e li buttasse fuori quasi per liberarsene.
Questo libro non è facile da leggere, ci fa soffrire, ci fa riflettere e ci tocca a tal punto da rimanere con il lettore per molto tempo ancora dopo averlo letto e, insieme a questa sensazione, resta anche la consapevolezza che la vita, in qualsiasi forma essa si presenti, va vissuta in pienezza in ogni istante.
