Il commento di Vergine di Norimberga ad un mio post su Napoli mi ha fatto tornare in mente un libro che ho letto qualche tempo fa.
Parlo di Satyricon a Napoli ’44 di Roberto De Simone.
Quando si legge Roberto De Simone, qualsiasi cosa scriva, si legge Napoli, si odora Napoli, si ascolta Napoli, si vede Napoli… si vive Napoli. Satyricon a Napoli ’44, edito da Einaudi, ha un sottotitolo “Fra Santa Chiara e San Gregorio Armeno”. Già da questo è chiara la formula autobiografica. Infatti, l’autore ci racconta gli avvenimenti che lo hanno visto protagonista in un anno ben preciso: il 1944.
Sono gli anni della guerra, gli anni in cui Napoli diviene lo scenario di ogni tipo di mortificazione che una guerra può produrre. Così assistiamo alla distruzione della Chiesa di Santa Chiara, un emblema importante per la città e per la popolazione napoletana. Il suo sgretolarsi è infatti percepito come uno svuotamento di identità.
Non c’è solo questo: nel libro c’è molto di più.
Le vicende personali del giovanissimo Roberto che si incrociano e si scontrano con quelle dei suoi familiari e compagni, rappresentano le difficoltà, le amarezze, i desideri e le aspirazioni di un’intera generazione. Gli anni della guerra e il dopoguerra hanno messo a dura prova la città e la popolazione. Ma con estrema dignità e con un equilibrio narrativo, che si mostra quasi in bilico tra la rassegnazione e l’accettazione di una realtà di fatto, vengono narrati eventi, situazioni che oggi sono considerate inaccettabili. Piccoli furti, contrabbando, lavori sottopagati, ma soprattutto gli abusi che divengono cosa quotidiana e quasi normale.
Le giovani donne che si concedono per denaro così come i giovani con i soldati americani, che come tutti i liberatori si dimostrano degli oppressori.
Tutto questo accade in quella che oggi chiamiamo omertà. Tutti sanno, ma nessuno denuncia o fa qualcosa perché ciò possa fermarsi. A volte la vendetta prende il sopravvento e si paga con la vita. Quando parlo di omertà non lo faccio nell’accezione contemporanea, in cui il termine ha assunto il significato di viltà, ma nel senso di accettazione di una realtà presente che rappresenta l’unica opportunità per superare le difficoltà iniziali. Ovviamente questi aspetti tristi non appartenevano a tutta la popolazione, ma erano comunque presenti e De Simone li descrive con obiettività e senza porre giudizi di sorta.
Con uno stile ricercato, carico di citazioni colte, l’autore ci parla di Napoli, dei suoi vizi come dei suoi sapori, odori, profumi e della sua cultura, riuscendo a farci entrare in una città che fece da sfondo naturale a tanti film neorealisti.