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Cantami, o diva, del Pelìde Achille

Parlare dei poemi greci non è facile, si tratta di capolavori assoluti sui quali è possibile trovare testi di studiosi che hanno dedicato la loro vita nell’analisi delle opere di Omero o del latino Virgilio.

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Achille trascina il corpo di Ettore dopo averlo ucciso

Oggi leggere i poemi omerici può risultare ad alcuni difficile per il linguaggio non del tutto moderno o per il costrutto non lineare. Mosso dal desiderio di leggere il testo dell’Iliade in teatro, Alessandro Baricco nel 2004 pubblicò un piccolo libretto, Omero, Iliade edito da Feltrinelli, che è la trasposizione in prosa del testo omerico. Per effettuare questo tipo di operazione, lo scrittore italiano si è avvalso della traduzione dal greco di Maria Grazia Ciani, ma non ci troviamo di fronte ad un testo totalmente fedele all’originale.

Questa riscrittura, il cui obiettivo – come anticipato – era la lettura teatrale, è stato depurato dallo scrittore da tutte quelle caratteristiche presenti nei poemi classici. Non troviamo traccia del coro, entità fondamentale nell’epica greca, il testo è stato asciugato dalle numerose ripetizioni presenti nell’originale, come lui stesso scrive nell’introduzione, e soprattutto ci accorgiamo subito che Baricco ha compiuto una serie di “alterazioni” che gli garantiscono una maggiore aderenza del testo all’oggi. L’autore, infatti, cambia il punto di vista della narrazione. Essa si svolge attraverso ventuno paragrafi ognuno dedicato ad un personaggio o ad un eroe. Non c’è traccia delle divinità che tanto erano fondamentali nella vita dell’uomo greco, ma la vicenda viene letta esclusivamente da un punto di vista terreno e umano. Protagonista assoluta della vicenda è la guerra causata dalla bellezza di Elena che, rapita da Paride, provoca la famosa e sanguinosa guerra di Troia.

Come il testo originale, la vicenda si apre in medias res, cioè quando la guerra è in corso già da diversi anni e nello specifico narra gli ultimi cinquantuno giorni di guerra a partire dal momento in cui Achille, offeso da Agamennone, si rifiuta di scendere in campo. La narrazione di Baricco non risparmia i dettagli della guerra, la brutalità dello scontro corpo a corpo, ma concede lo spazio a quei dettagli di bellezza che ci fanno immaginare gli eroi greci quasi come divinità avvolte nelle loro armature splendenti. Sempre di grande impatto emotivo è l’episodio della morte di Patroclo per mano di Ettore e la conseguente ira funesta del Pelide Achille, che sfoga tutta la sua rabbia uccidendo Ettore e straziandone il corpo, trascinandolo intorno alle mura di Troia.

Cantami, o diva, del Pelìde Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei (…)

Un testo, quello di Baricco, ben costruito e che presenta un’aggiunta al racconto omerico, il quale si conclude con i funerali di Ettore dopo la restituzione del corpo dell’eroe al padre Priamo da parte di Achille. Lo scrittore italiano aggiunge, invece, attraverso la voce di un aedo, Demòdoco, la presa di Ilio, l’altro nome della città di Troia, per rispondere ad una esigenza di completezza, affinchè lo spettatore/lettore sappia come la guerra si concluse.

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L’opera di Baricco è una bellissima operazione di riscrittura che oltre ad essere un valido strumento di lettura teatrale, adatto a qualsiasi tipologia di pubblico e di compagnia teatrale, è anche un’opportunità, per chi non è avvezzo alla lettura della poesia epica, di conoscere le vicende narrate da Omero; essa è, infine, uno strumento semplice per chi desidera rispolverare un testo studiato diversi anni prima tra i banchi di scuola.

Sirene

È nel XII canto dell’Odissea di Omero che, per la prima volta, le sirene fanno la loro apparizione in un’opera letteraria. Intorno a queste figure leggendarie si sono sviluppati miti che, fin dall’antichità, hanno alimentato l’immaginazione dell’uomo, al punto da condurlo a renderle degli esseri quasi reali. A loro si attribuiscono doti ammaliatrici; ascoltando il loro canto nessun essere umano riuscirebbe a resistere, cadendo, inevitabilmente, nella loro trappola. Seguendo il loro canto sensuale, il malcapitato andrebbe incontro solo alla morte. Pochi sono gli uomini sopravvissuti al loro richiamo.

Ulisse e le Sirene. Decorazione di un vaso ateniese, tardo VII-primo V secolo a.C. British Museum, Londra
Ulisse e le Sirene. Decorazione di un vaso ateniese, tardo VII-primo V secolo a.C. British Museum, Londra

Oltre ai leggendari Argonauti, l’episodio più famoso è quello di Ulisse che, seguendo il consiglio della maga Circe, riempì di cera le orecchie dei suoi compagni e facendosi legare all’albero della nave, riuscì a superare la tentazione di buttarsi in mare per seguirle. Nonostante la voce incantatrice, le sirene non avevano un aspetto così piacevole. L’idea che oggi abbiamo di una sirena corrisponde ad una immagine gradevole: una bella ragazza con una voce e un corpo seducente, sebbene abbiano, al posto delle gambe, la coda di un pesce. Esse vivrebbero nei mari caldi, pronte ad allietare con canti i marinai che attraversano i luoghi in cui dimorano. In origine, però, l’aspetto delle sirene non era poi così grazioso: il fascino della loro voce non corrispondeva ad un aspetto altrettanto affascinante. Nel mito greco esse sono delle creature composte dal corpo di un uccello e dalla testa di donna, ma non è finita qui. Le sirene non erano esseri benevoli, anzi erano divinità dei morti come le Arpie o le Erinni, potevano favorire chi era in grado di placarle, ma, in generale, cercavano di indurre i malcapitati marinai, che si trovavano a navigare nelle loro acque, a raggiungere il mondo dei morti, l’oltretomba. C’è chi sostiene che l’aspetto di uccello, che la cultura greca attribuisce alle sirene, sia stato ispirato dalla raffigurazione egizia di Ba, ovvero l’anima dei morti che cercava di attirare a sé l’anima dei vivi. Dagli egizi, infatti, essa è rappresentata con il corpo di uccello e testa umana. È nel Medio Evo che si modifica l’iconografia della sirena. Essa diventa una creatura marina come è descritta nel Liber Monstrorum (Libro dei mostri), un bestiaio, ovvero un libro nel quale sono indicati, con la relativa rappresentazione iconografica, tutti i mostri della tradizione popolare. L’opera fu scritta nell’VIII secolo circa e l’autore risulta anonimo, anche se c’è chi lo ha attribuito al monaco inglese Aldelmo di Malmesbury. L’origine della sirena, come la conosciamo noi oggi, risalirebbe quindi alle leggende celtiche o anglosassoni. Qualsiasi sia la loro origine e la loro attività, le sirene hanno conquistato il nostro immaginario, trasmettendoci valori positivi.

E. Munch, La donna del Mare
E. Munch, La donna del Mare

Esse hanno ispirato artisti in ogni epoca e nei diversi campi, come Petrarca, Bembo, Shakespeare, Wagner, Munch e non ultimo Andersen, grazie al quale abbiamo la famosa favola della Sirenetta che ha ispirato il celebre capolavoro della Walt Disney.

Helen Stratton, Illustrazione del 1899
Helen Stratton, Illustrazione del 1899

A chi voglia intraprendere un viaggio in mare e desidera ascoltare il bellissimo canto delle sirene, suggeriamo di recarsi nei pressi delle Isole Sirenuse, che da secoli sono considerate la loro dimora. Buona navigazione!