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“Vivo nel terrore di non essere frainteso”. Gli aforismi di Oscar Wilde

Oscar Wilde non ha mai scritto un libro di aforismi, ma a farlo per lui fu la moglie Constance Lloyd. Alcuni li ritroviamo nella raccolta edita Feltrinelli.

Oscar Wilde – Fonte Web

Chi non ha mai letto un aforisma o non se ne è servito per descrivere un pensiero e uno stato d’animo? Sul web se ne trovano tantissimi e forse i più diffusi e anche i più sagaci sono quelli di Oscar Wilde. In realtà, l’autore de Il ritratto di Dorian Grey non ha mai scritto di suo pugno un libro di aforismi, ma il  primo testo pubblicato con questi brevi pensieri comparve nel 1895 con il titolo di Oscariana e fu curato dalla moglie di Wilde, Constance Lloyd.

Wilde e la sua famiglia
Fonte web.

Il libro che ho appena letto, Oscar Wilde. Aforismi è stato pubblicato dall’editore Feltrinelli nella sezione dei Classici della collana Universale Economica ed è stato tradotto e curato da Silvia Mondardini.

I suoi aforismi hanno una particolarità: tendono tutti ad acquisire la fisionomia del paradosso che, più che essere una forma corrente dell’espressione di Wilde, ne è quasi una categoria del pensiero. Gli aforismi wildeani sembrano infatti delle battute da uomo da palcoscenico, che non hanno solo l’intento di stupire o far riflettere, ma posseggono una grande forza agonistica”

In questo volume, Silvia Mondardini ha concentrato la sua attenzione sul Wilde “grande conversatore, salottiero, compagno di riflessioni e di risate, uomo dotato di un fascino da vero incantatore che, al di là dei pruriginosi fatti di cronaca, aveva fatto innamorare di sé buona parte della società vittoriana”.

Leggendo questa raccolta, che segue una strutturazione basata su temi ben precisi, si nota la profondità intellettuale di questo scrittore, suscitando nel lettore ora lo stupore, ora il riso, ma anche l’indignazione o l’entusiasmo. Io leggendo il volume ne ho selezionati alcuni (tanti in realtà) e ora ve ne propongo qualcuno.

  1. Gli uomini diventano vecchi, ma non diventano mai buoni.
  2. Spesso penso che Dio, nel creare l’uomo, abbia in qualche modo sopravvalutato la Sua capacità.
  3. Nessun uomo è abbastanza ricco da poter ricomprare il proprio passato.
  4. L’evoluzione dell’uomo è lenta. L’ingiustizia dell’uomo è grande.
  5. Un uomo non può sempre essere giudicato in base alle sue azioni. Può rispettare la legge, e tuttavia non valere niente. Può infrangere la legge, ad essere eccellente.
  6. Un uomo che moraleggia è solitamente un ipocrita, mentre una donna che moraleggia è decisamente insignificante.
  7. Nessun uomo può avere successo nel mondo a meno che non abbia una donna che lo sostenga, e le donne governano la società.
  8. Più uno studia la vita e la letteratura più fortemente sente che dietro tutto ciò che è meraviglioso sta la persona, e che non è il momento che fa l’uomo ma è l’uomo che crea l’epoca.
  9. Adoro recitare. È tanto più reale della vita.
  10. Se un uomo tratta la vita artisticamente, il suo cervello è nel cuore.
  11. Si può vivere anni talvolta senza vivere affatto, e poi tutta la vita si concentra in una sola ora.
  12. È pura e incontaminata vita campestre. Si alzano presto al mattino perché hanno così tante cose da fare e vanno a letto presto perché hanno così poco a cui pensare.
  13. Siamo i demoni di noi stessi, e rendiamo questo mondo il nostro inferno.
  14. Il mondo è un palcoscenico, ma le parti della commedia sono assegnate malamente.
  15. Mi sorprendo sempre. È l’unica cosa per cui vale la pena vivere.

    Oscar Wilde, 1882. LEHTIKUVA / EVERETT COLLECTION / Jerry Tavin (Fonte web)
  16. Ma il passato non ha alcuna importanza. Il presente non ha importanza. È con il futuro che dobbiamo avere a che fare. Perché il passato è ciò che un uomo non avrebbe dovuto essere. Il presente è ciò che l’uomo non dovrebbe essere. Il futuro è ciò che sono gli artisti.
  17. Tutte le donne diventano come le loro madri. Questa è la loro tragedia. Un uomo no. E questa è la sua tragedia.
  18. La felicità di un uomo sposato dipende dalle persone che non ha sposato.
  19. Nessuno dovrebbe avere segreti per la propria moglie, lei li scopre regolarmente.
  20. Una famiglia è un ingombro terribile, specialmente quando non si è sposati.
  21. Morire per una credenza teologica è il peggior uso che un uomo possa fare della propria vita.
  22. Un sermone è una salsa triste quando non hai nulla a cui accompagnarlo.
  23. Sono fin troppo consapevole che siamo nati in un’epoca in cui solo i cretini sono trattati seriamente, e vivo nel terrore di non essere frainteso.
  24. Date ai bambini la bellezza, non la descrizione di massacri sanguinosi e di risse barbare che definiscono storia, o della latitudine e longitudine di luoghi che nessuno vuole visitare, che chiamano geografia.
  25. Una scuola dovrebbe essere il luogo più bello del mondo in ogni città e villaggio – talmente bello che la punizione per i bambini disobbedienti dovrebbe essere impedire loro di andare a scuola il giorno seguente.
  26. I parenti sono semplicemente un noioso gruppo di persone che non hanno la più pallida idea di come vivere, né il minimo istinto circa quando morire.
  27. Non mi farò mai un nuovo amico in vita, anche se forse me ne farò qualcuno dopo che sarò morto.
  28. L’unico obbligo che abbiamo nei confronti della storia è quello di riscriverla.
  29. L’indifferenza è la vendetta che il mondo si prende sui mediocri.
  30. È sempre con le migliori intenzioni che si realizza il peggiore lavoro.

 

Oscar Wilde e la tragedia del De Profundis

Era il 25 maggio del 1895 quando Oscar Wilde venne condannato a due anni di lavori forzati perché colpevole di sodomia. Questo è l’epilogo di una serie di processi che il commediografo inglese dovette affrontare dopo la denuncia che il marchese di Queensberry gli mosse perché fortemente contrariato della sua amicizia equivoca con il figlio Lord Alfred Douglas.

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Oscar Wilde e Lord Alfred Douglas

Oscar Wilde dovette affrontare tre processi che, oltre alla condanna, gli costarono la bancarotta e l’interdizione alla pubblicazione delle sue opere. Recluso nel carcere di Wandsworth venne trasferito a Reading a causa delle sue condizioni di salute. È qui che lo scrittore ottenne il permesso di redigere quella che forse è una delle più lunghe lettere mai scritte: De Profundis. Quest’opera, il cui titolo scelto da Wilde era Epistula: in Carcere et Vinculis, è indirizzara a Bosie, pseudonimo che nasconde l’identità di Lord Alfred Douglas. Già l’incipit dell’opera ci fa capire quale fosse lo stato d’animo dello scrittore al momento della scrittura e quanto fosse profonda la sua delusione:

Caro Bosie,
dopo lunga e sterile attesa ho deciso di scriverti io, per il tuo bene come per il mio, poiché non vorrei proprio ammettere d’essere passato attraverso due lunghi anni di prigionia senza mai ricevere un solo rigo da te, una qualsiasi notizia, un semplice messaggio, tranne quelli che m’arrecarono dolore.
La nostra amicizia, nata male e tanto deplorevole, è finita con la rovina e con la pubblica infamia per me, eppure il ricordo del nostro antico affetto mi fa spesso compagnia, e mi riesce così triste, così triste il pensiero che l’astio, l’amarezza, il disprezzo debbano prendere per sempre il posto dell’amore nel mio animo: e anche tu sarai convinto, suppongo, nel profondo del tuo cuore che scrivermi, mentre vivo nella solitudine di questo carcere, sia sempre meglio di pubblicare le mie lettere senza il mio permesso o di dedicarmi versi non richiesti, e non c’è alcun bisogno che il mondo sappia qualcosa delle parole, di qualsiasi parola, di dolore o passione, rimorso o distacco che ti piacerà inviarmi come replica o appello.

 

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Incipit del De Profundis custodito presso la British Library

 

Quando si legge il De Profundis non si incontra più l’anticonformista, amante del bello, il personaggio pubblico e l’uomo di spettacolo, tutti aspetti che avevano reso Oscar Wilde celebre e acclamato, ma semplicemente l’uomo con le sue fragilità, le sue amarezze, le sue delusioni verso chi evidentemente lo aveva illuso e tradito. La preoccupazione per i familiari e il disprezzo crescente verso il destinatario della lettera è palese e non lascia alcun tipo di fraintendimento, ma quello che più colpisce è forse la rabbia per se stesso e che si trasforma, nelle parole dello scrittore, in una analisi sprezzante di “Bosie”:

Comincerò col dirti che mi biasimo moltissimo. Mentre siedo qui, in questa buia cella, con addosso gli abiti del galeotto, in disgrazie e ridotto in rovina, biasimo me stesso soprattutto. Nelle notti agitate e tormentate dall’angoscia, nei lunghi monotoni giorni del dolore, biasimo me stesso. Mi biasimo per aver lasciato che un’amicizia non intellettuale, un’amicizia il cui primo scopo non era la creazione o la contemplazione di cose belle, dominasse interamente la mia esistenza. Fin dall’inizio fra di noi la breccia fu troppo ampia. A scuola eri stato un perdigiorno, peggio di un perdigiorno all’università. Il tuo attaccamento ad una vita di sperperi dissennati, le tue incessanti richieste di denaro, le tue pretese che ogni tuo piacere fosse pagato da me, sia che fossi o non fossi al tuo fianco, molto presto mi ridussero in serie difficoltà finanziarie. Inoltre, ciò che rendeva le tue stravaganze comunque prive di interesse per me, mentre la tua presa sulla mia vita si faceva sempre più stretta, era il fatto che i soldi venivano in realtà spesi quasi esclusivamente per mangiare, bere e cose simili.

Insomma, un legame con una persona ingrata che lo porta alla rovina e di cui lo scrittore si colpevolizza quando scrive:

Ma soprattutto mi rimprovero per la totale degradazione etica a cui ti ho concesso di spingermi.

Egli avrà vissuto momenti di sconforto nel carcere, un ambiente che gli è ostile, che è lontano dalla sua personalità, che lo colpisce nel profondo

La verità nell’Arte è l’unità di un oggetto con se stesso; l’aspetto esteriore esprimente l’interiorità; l’anima incarnata, il corpo infuso di spirito. Per questa ragione nessuna verità è paragonabile al Dolore. Vi sono momenti in cui il Dolore mi appare come l’unica verità.

Una situazione quella vissuta con l’amante che lo conduce anche a trascurare la sua arte, ma nonostante ciò, nonostante la condizione di sofferenza, egli passerà ad un nuovo stato d’animo che lo spingerà al perdono in virtù di un valore alto di cui l’amore è portatore:

L’amore è nutrito dall’immaginazione, che ci fa diventare più saggi di quanto sappiamo, migliori di come ci sentiamo, più nobili di come siamo.

In carcere non gli fu concesso il permesso di inviare la lettera. Lo scrittore consegnò la lettera all’amico Robert Ross con l’incarico di inviarla a Lord Alfred Douglas, il quale negerà di averla mai ricevuta. Ross si occupò anche di pubblicarla successivamente con il titolo di De Profundis. Nella prefazione lo stesso Ross scrive:

Per lungo tempo s’acuì la curiosità intorno al manoscritto del De Profundis che si sapeva in mano mia, perché l’autore ne aveva accennato a vari altri amici. Questo libro non ha bisogno d’introduzione e meno ancora di spiegazione. Ho solo da dire che fu scritto dal mio amico negli ultimi mesi della sua prigionia, ed è la sola opera ch’egli componesse in carcere e l’ultima sua in prosa. (La ballata del carcere di Reading venne poi composta e concepita dopo che l’autore fu liberato). Vorrei sperare che il De Profundis – che esprime così veramente e con tanta pena l’effetto d’uno sfacelo sociale e della prigionia sopra una tempra singolarmente intellettuale e artificiale – darà al lettore un’impressione ben diversa dell’ingegnoso e delizioso scrittore.