Per l’iniziativa Vite Celebri, che sto curando con Mary Marzocchi di Babele Letteraria, vi parlo questo mese di Francesco Petrarca. La vita di Petrarca è ricostruibile a partire dai dati che il poeta ha disseminato nelle sue opere, ma quale ritratto Petrarca ci ha lasciato di sé?
Così scrive Marco Ariani nel suo libro Petrarca, edito da Salerno Editrice:
In fondo, tutta l’autobiografia, così come Petrarca ce l’ha voluta trasmettere, potrebbe essere una grande menzogna, o almeno l’interessata combinazione degli eventi potrebbe essere l’esito di una grande impostura: il cardine stesso della biografia esemplare, Laura, potrebbe essere soltanto un fantasma letterario (…). Ma questa diagnosi potrebbe essere indotta da una sorta di pregiudizio biografico di matrice romantica: in fondo il merito di Petrarca è stato proprio quello di inventare la letteratura come vita e la vita come letteratura, di confonderne volutamente i confini per un’idea modernissima di auctor demiurgo, onnisciente artefice del ludus letterario che prevede, per statuto, un’impalcatura autobiografica ricostruita per i posteri perché è quella l’immagine che l’auctor ha di se stesso, il proprio mito personale, fondante l’atto stesso della scrittura.
La menzogna di Petrarca è dunque funzionale alla sua poetica: per lui la letteratura non era diversa da un certo modo di vivere e di porsi nei confronti del proprio tempo e aveva acquisito, in gran parte per merito suo, una vera e propria funzione fondante dell’esistenza. Proprio per questo, rispetto a Dante, di Petrarca conosciamo quasi tutto, ma vediamo meglio da vicino la sua vita dalla nascita fino a l’incoronazione poetica.
Francesco Petrarca nasce ad Arezzo il 20 luglio 1304 in una casa situata in vicolo dell’Orto. La madre si chiamava Eletta Canigiani, suo padre invece era Piero. La sua famiglia non era ricchissima, ma a Firenze il padre aveva raggiunto una certa fama come notaio. Le cose cambiarono quando ser Pietro fu colpito dall’inimicizia della famiglia dei banchieri Franzesi. Iniziò così una parabola discendente, che culminò con la condanna al taglio della mano destra per Pietro. Quest’ultimo riuscì a scappare nella sua città d’origine, Arezzo, iniziando una vita da esiliato. Ad Arezzo nasce quindi Francesco sotto il segno dell’esilio. Nel 1309 Pietro, o meglio ser Petracco, ottenne l’assoluzione, ma non volle mai rientrare a Firenze. Esercitò la sua professione in varie città: Padova, Pisa e anche Avignone, dove ricevette la protezione del Cardinale Niccolò da Prato, impegnato nella nuova sede papale. Nella vicina Carpentras, dove vivevano, Petrarca è introdotto agli studi di grammatica, dialettica e retorica, ed è qui che incontra colui che sarà il suo più grande amico, ovvero Guido Sette, poi arcivescovo di Genova. Sono anni felici per Francesco, ma questa quiete si incrina quando è indotto dal padre a intraprendere gli studi giuridici a Montpellier. Questo tempo è ricordato da Francesco come un tempo “male impiegato” per apprendere un mestiere che definì venale mercimonium.
Nel 1318, forse 1319, morì la madre di Francesco e in questa occasione compose il suo primo componimento poetico in latino, Breve pangerycum defuncte matris. Nel 1320 è a Bologna per completare i suoi studi giuridici, dove metterà le basi della sua formazione intellettuale. I tumulti che scoppiarono a Bologna lo costringeranno ad un nuovo peregrinare per le maggiori città italiane, facendo ritorno anche ad Avignone. Nel frattempo entra a servizio di Giacomo Colonna e grazie allo stipendio che percepisce, dopo la morte del padre si dedicherà solo alla letteratura e alla filosofia, abbandonando gli studi universitari e dandosi alla sfrenata adulescentia, fatta comunque anche di studio e lavoro. Il 6 aprile del 1327 avviene il fatidico incontro ad Avignone, nella chiesa di Santa Chiara, con Laura, la donna di cui Petrarca ci ha lasciato solo un ritratto appena realistico. Per molti, anche coetanei di Petrarca, Laura non è mai esistita ed è solo un esercizio letterario. Presi gli Ordini minori, Francesco ritorna al servizio del cardinale Giovanni Colonna e ottiene la possibilità di viaggiare in Europa, dove, preso dalla smania di recuperare classici introvabili per ingrandire la sua biblioteca: “Petrarca inventa la figura tipica del secolo successivo, quella dell’umanista sempre in viaggio alla ricerca dei testi perduti, accanito collezionista di libri, che divengono per lui il tesoro più caro e gelosamente difeso”.
Nel 1337 si trasferisce a Valchiusa, che trasforma in una piccola Arcadia, dove si dedica interamente alla vita letteraria. Per due anni viaggia ancora e si reca dal cardinale Colonna, per poi ritirarsi a Valchiusa per i suoi studi. Nel 1340 riceve la famosa incoronazione poetica a Roma:
Nel 1340 riceve contemporaneamente, da Parigi (…) e da Roma, l’offerta dell’incoronazione poetica (…). La scelta di Roma corrisponde a una precisa strategia culturale: far coincidere la gloria letteraria con la missione civile del letterato. Era stato lo stesso Petrarca a mettere in moto il meccanismo (..) che lo avrebbe portato a rifondare una cerimonia che lui credeva essere emblematica dell’Antichità. Certo il privilegio toccava, del tutto straordinariamente, ad un poeta che ancora non aveva pubblicato molto per meritarselo: ma la protezione dei potenti Colonna e la rete di estimatori che aveva saputo intessere per tempo sono evidentemente bastate a valorizzare al massimo le epistole metriche in circolazione, la fama dell’Africa e del De viris.
Nel 1341 si reca a Napoli per essere esaminato dal re Roberto, che lo interroga su Livio e su Virgilio. L’esito positivo di questa interrogazione portò Virgilio ad essere incoronato direttamente in Campidoglio. Gli anni che seguirono videro Petrarca impegnato sia dal punto di vista civile e politico che letterario, ma del Petrarca politico e delle sue opere parleremo in un altro momento. La vita di Petrarca continua così tra impegno politico e letterario e tra numerosi viaggi. Morirà colpito da un attacco apoplettico ad Arquà nella notte tra il 18 e il 19 luglio del 1374, alla vigilia del suo settantesimo compleanno, lasciandoci un immenso patrimonio culturale.