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Incubi e sogni nel libro di Rab

Il libro di Rab è una serie di dipinti scritti a parole, in cui voci narranti si rincorrono, si intrecciano, si scavalcano riuscendo a dialogare con i sentimenti più profondi di ognuno.

La recensione di oggi riguarda un libro diverso dal solito. Il libro in questione è l’ultima pubblicazione di Rab, intitolata Incubi e sogni che giocano a fare l’amore, edito da Robin Edizioni.

Quando mi sono ritrovata a sfogliare il libro per la prima volta, credevo di avere tra le mani una raccolta di brevi racconti. Invece, non appena ho iniziato a leggerlo, mi sono resa conto che si trattava di tutt’altro. L’autore, Rab – pseudonimo letterario di Gabriele Schettino – è un giovane torinese con una forte passione per la scrittura. Tutto è partito dai social per poi approdare alla carta.

Incubi e sogni che giocano a fare l’amore è la sua ultima fatica letteraria, la cui connotazione principale è il dialogo. Non ci troviamo però di fronte al classico dialogo tra due personaggi, ma tra la voce narrante e il suo io più intimo.

Ogni capitolo – il libro ne conta in totale quindici – si suddivide in due parti. In una c’è una sorta di riflessione su uno specifico tema, che nell’altra parte si rende, in qualche modo, concreta in un dialogo, una sorta di scena reale, che ognuno potrebbe aver vissuto.

Nella quarta di copertina, in riferimento al libro, si legge che si tratta di una serie di dipinti scritti a parole, in cui voci narranti si rincorrono, si intrecciano, si scavalcano riuscendo a dialogare con i sentimenti più profondi di ognuno.

In effetti, la riflessione di Rab tocca il lettore, che si vede coinvolto nei pensieri, nelle sensazioni e nelle esperienze che le singole “scene” evocano.

A me è capitato qualche volta e se devo essere onesto di tanto in tanto mi capita ancora. Tempo fa avevo paura di scordarmi che suono avesse la tua voce. Di smarrirla per strada, di non ricordarla più e perdermi per sempre.

Nel cuore della riflessione c’è il binomio sogno-incubo. Dove inizia il primo e dove finisce l’altro? Non è facile definirlo, ma soprattutto perché sono due “realtà” estremamente individuali, anche se in entrambe si possono trovare delle matrici comuni.

I sogni non ci appartengono, dovremmo esserne consapevoli. Sono come le figurine che vengono appiccicate sugli scivoli dei bambini del parco. Appassite dalla pioggia smangiucchiate ai lati, dimenticate e ritrovate lì dopo anni.

Questi sono i sogni, qualcosa che ci resta appiccicato addosso e si deteriora, ma non scompare. E gli incubi, invece?

Gli incubi sono come un sacchetto della spesa che si impiglia tra i rami, portato lì da te.

L’incubo è una parte del sogno. Se non esiste l’uno non può esistere nemmeno l’altro e non si può rinunciare a tutto solo per evitare la parte sgradevole.

Il fatto è che mi sono fatto prendere dalla paura di perdere i sogni. (…) I sogni hanno bisogno di attenzioni, di essere trattati con cura e dedizione. Sono come le rose? Sì, quelle che piacciono tanto a nonna. Sono tali e quali. Ti ci buchi le mani, te li graffi, ma ne vale la pena. Perché quando li vedi sbocciare, poi, il mondo trova un senso.

Incubi e sogni che giocano a fare l’amore è un libro complesso, o meglio che mostra la complessità del sentire umano. È un libro che muove dall’esperienza concreta della vita, sulla quale è necessario riflettere, per trovare l’equilibrio tra il sogno e il suo corrispettivo incubo.