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Le donne di Alessandro Magno | Il libro di Valeria Palumbo

Se amate la storia e le biografie non potete perdervi il libro di Valeria Palumbo, Le donne di Alessandro Magno, edito da Enciclopedia delle donne.

Questo libro in realtà è molto di più di un libro biografico, perché l’autrice, oltre a proporci i profili di persone che dal punto di vista affettivo hanno avuto a che fare con Alessandro, ci parla dei fatti storici e delle sue conquiste militari. L’aspetto assai originale del libro – che avevo già riscontrato il Io, Teodora, sempre edito Enciclopedia delle donne – è il fatto che i protagonisti di questo libro parlano in prima persona. Si tratta di un libro corale, tante voci a raccontare di sé e del mondo circostante. Infatti, attraverso queste dieci voci riusciamo a costruire le sfumature di un uomo, di un politico, di un condottiero che ha reso grande non solo se stesso, ma anche la Grecia.

Chi sono questi 10 personaggi? Di seguito in breve i dieci profili:

  1. Olimpiade
    Madre di Alessandro, moglie di Filippo II di Macedonia e principessa dell’Epiro. Favorì l’ascesa del figlio al trono, si occupò della Macedonia in sua assenza, continuò la battaglia per l’erede dopo la sua morte.

    Ada
  2. Ada
    Regina in esilio della Caria, in Asia minore. Ebbe indietro il trono da Alessandro che accettò di considerarla sua madre adottiva.

 

  1. Taide
    Taide e Alessandro mentre appiccano l’incendio

    Alessandro e Taide mentre appiccano l’incendio al palazzo di Persepoli
    Cortigiana ateniese. Si narra che provocò l’incendio del palazzo reale di Persepoli, per vendicare Atene. Divenne la concubina di Tolomeo, storico, generale e amico di Alessandro, oltre che fondatore della dinastia egizia dei Tolomei.

  2. Sisigambi
    Sisigambi prostrata davanti ad Alessandro

    Madre di Dario III, re dei persiani sconfitto da Alessandro. Fu fatta prigioniera ma Alessandro la chiamò “madre”, le concesse grandi onori e in seguito la liberò.

  3. Barsine
    Barsine

    Nobile persiana, sposa prima dei generali Mentore e Memnone, tra loro fratelli, e poi amante di Alessandro a cui diede un figlio, Eracle.

  4. Roxane
    Roxane e Alessandro

    Figlia di Ossiarte, signore della Battriana. Fu scelta come prima moglie da Alessandro che si innamorò di lei. Quando Alessandro morì, lei, che era in attesa di suo figlio, il futuro Alessandro IV, ne raccolse l’ultimo respiro.

  5. Statira
    Statira e Alessandro in un affresco di Pompei

    Figlia di Dario III, re dei persiani. Fu fatta prigioniera dai macedoni, con la madre e la nonna, dopo la battaglia di Isso. Nove anni più tardi sposò Alessandro.

  6. Candace
    Regina leggendaria di Kush, l’attuale Sudan. Secondo gli autori medievali sconfisse Alessandro e ne divenne amante.
  7. Efestione
    Ritratto marmoreo di Efestione

    Amico d’infanzia di Alessandro e compagno di tutte le sue battaglie, fu il grande amore della sua vita. Morì pochi mesi prima di lui, lasciando il re macedone nella più cupa disperazione.

  8. Cleopatra
    Figlia di Filippo II e di Olimpiade, quindi sorella di Alessandro. Sposò suo zio, Alessandro il Molosso, e lo sostituì alla guida del regno dell’Epiro. Dopo la morte di Alessandro tentò di salvare il trono della Macedonia.

Di questi dieci profili, quelli che più mi hanno colpita sono tre. Il primo è Olimpiade, madre naturale di Alessandro, donna ambiziosa e senza scrupoli. Pur di vedere il figlio governare non ha esitato a mettere in campo ogni tipo di strategia. La storia ce la consegna come manipolatrice e calcolatrice, ma a dobbiamo il merito di aver avuto il Grande Alessandro. La seconda figura è la madre di Dario III, Sisigambi. Dopo aver sconfitto l’esercito di Dario, Alessandro la chiamerà madre e in questa azione, che lei apprezzerà e in cui riconosce il valore di Alessandro, comprendiamo la lungimiranza politica di questo sovrano. Ultimo profilo è quello di Efestione, il vero amore di Alessandro. Uomo valoroso e profondamente legato al suo sovrano. Pare fosse addirittura più bello di lui, e il racconto della sua morte è veramente commovente. A parlare è Efestione:

Poi, l’epilogo. Era l’autunno del 324 ed eravamo a Hamadan, nella Media. Alessandro aveva organizzato un banchetto e si guardava intorno preoccupato: mancavo soltanto io. Avevo la febbre ed ero andato a letto. Il medico, Glauco, mi scrutava con un’ansia che non capivo.
Mi disse di non lasciare l’alloggio e di non toccare assolutamente nulla. Dopo di che se ne andò a teatro.
Avevo la febbre, ma non mi sentivo così male. In più avevo fame; minacciando il servo, mi feci portare del vino e un pollo lesso. Cose leggere, insomma. Mi sentii subito peggio e non riuscii neanche a capire che cosa mi dicesse il medico, tornato di gran carriera. Stetti così per sette giorni. Non miglioravo. Tutto, intorno, aveva il suono e il colore di certe nebbie sui nostri monti della Macedonia d’inverno. Alessandro non aveva voluto che si interrompessero i giochi che aveva organizzato, ma era angosciato. Mi veniva a trovare. Ci sorridevamo. E in quel sorriso c’era tutta la nostra vita.
L’ottavo giorno Alessandro presiedeva ai giochi. Corsero ad avvertirlo: peggioravo. Si precipitò. Arrivò troppo tardi. Non poté neanche rubare con un bacio la mia anima che fuggiva. Ma mi strinse, mi strinse, mi strinse tutta la notte e non volle lasciare il mio cadavere.
Fece impiccare il medico anche se ero stato io a disobbedire e non mangiò né bevve per tre giorni.

Insieme a questi ci sono gli altri profili più o meno noti, come Taide, che conosciamo per via di Dante poiché la inserisce all’Inferno e ognuno di essi ci restituisce un tassello importante non solo di un uomo che forse è stato tra i più grandi, ma anche della storia greca, di cui noi siamo gli eredi inconsapevoli.

Cantami, o diva, del Pelìde Achille

Parlare dei poemi greci non è facile, si tratta di capolavori assoluti sui quali è possibile trovare testi di studiosi che hanno dedicato la loro vita nell’analisi delle opere di Omero o del latino Virgilio.

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Achille trascina il corpo di Ettore dopo averlo ucciso

Oggi leggere i poemi omerici può risultare ad alcuni difficile per il linguaggio non del tutto moderno o per il costrutto non lineare. Mosso dal desiderio di leggere il testo dell’Iliade in teatro, Alessandro Baricco nel 2004 pubblicò un piccolo libretto, Omero, Iliade edito da Feltrinelli, che è la trasposizione in prosa del testo omerico. Per effettuare questo tipo di operazione, lo scrittore italiano si è avvalso della traduzione dal greco di Maria Grazia Ciani, ma non ci troviamo di fronte ad un testo totalmente fedele all’originale.

Questa riscrittura, il cui obiettivo – come anticipato – era la lettura teatrale, è stato depurato dallo scrittore da tutte quelle caratteristiche presenti nei poemi classici. Non troviamo traccia del coro, entità fondamentale nell’epica greca, il testo è stato asciugato dalle numerose ripetizioni presenti nell’originale, come lui stesso scrive nell’introduzione, e soprattutto ci accorgiamo subito che Baricco ha compiuto una serie di “alterazioni” che gli garantiscono una maggiore aderenza del testo all’oggi. L’autore, infatti, cambia il punto di vista della narrazione. Essa si svolge attraverso ventuno paragrafi ognuno dedicato ad un personaggio o ad un eroe. Non c’è traccia delle divinità che tanto erano fondamentali nella vita dell’uomo greco, ma la vicenda viene letta esclusivamente da un punto di vista terreno e umano. Protagonista assoluta della vicenda è la guerra causata dalla bellezza di Elena che, rapita da Paride, provoca la famosa e sanguinosa guerra di Troia.

Come il testo originale, la vicenda si apre in medias res, cioè quando la guerra è in corso già da diversi anni e nello specifico narra gli ultimi cinquantuno giorni di guerra a partire dal momento in cui Achille, offeso da Agamennone, si rifiuta di scendere in campo. La narrazione di Baricco non risparmia i dettagli della guerra, la brutalità dello scontro corpo a corpo, ma concede lo spazio a quei dettagli di bellezza che ci fanno immaginare gli eroi greci quasi come divinità avvolte nelle loro armature splendenti. Sempre di grande impatto emotivo è l’episodio della morte di Patroclo per mano di Ettore e la conseguente ira funesta del Pelide Achille, che sfoga tutta la sua rabbia uccidendo Ettore e straziandone il corpo, trascinandolo intorno alle mura di Troia.

Cantami, o diva, del Pelìde Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei (…)

Un testo, quello di Baricco, ben costruito e che presenta un’aggiunta al racconto omerico, il quale si conclude con i funerali di Ettore dopo la restituzione del corpo dell’eroe al padre Priamo da parte di Achille. Lo scrittore italiano aggiunge, invece, attraverso la voce di un aedo, Demòdoco, la presa di Ilio, l’altro nome della città di Troia, per rispondere ad una esigenza di completezza, affinchè lo spettatore/lettore sappia come la guerra si concluse.

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L’opera di Baricco è una bellissima operazione di riscrittura che oltre ad essere un valido strumento di lettura teatrale, adatto a qualsiasi tipologia di pubblico e di compagnia teatrale, è anche un’opportunità, per chi non è avvezzo alla lettura della poesia epica, di conoscere le vicende narrate da Omero; essa è, infine, uno strumento semplice per chi desidera rispolverare un testo studiato diversi anni prima tra i banchi di scuola.