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Ugo Foscolo, scrittore epistolare

Subito dopo la morte di Ugo Foscolo, avvenuta il 10 settembre 1827 nel villaggio di Turnham Green, ove visse gli ultimi suoi anni in compagnia della figlia, si accese fortissimo l’interesse verso la vita del poeta.

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Ritratto di Ugo Foscolo (particolare del dipinto realizzato da Fabre nel 1813)

Videro la luce opere riguardanti la biografia di Foscolo che, come era prevedibile, fecero reagire in vario modo amici e familiari. Nel 1829 e nel 1830 furono pubblicati a Lugano due opere: la prima Ragguagli intorno Ugo Foscolo di Michele Leoni e la seconda Vita di Ugo Foscolo di Giuseppe Pecchio. A quest’ultimo Giulio Foscolo, fratello del poeta, indirizzò una lettera aperta in risposta alla sua opera e tanti altri opposero testimonianze e prove di vario genere per proteggere da falsità ed erronee mitizzazioni la vita del poeta del carme Dei Sepolcri. In tempi recenti l’opera del Pecchio, allora definito un detrattore della figura eroica di Foscolo, viene considerata la prima e vera biografia dell’autore nella quale è evidente una lettura non mitografica della vicenda biografica del poeta, ma evidentemente alcuni toni e affermazioni dovettero infastidire e urtare coloro che nutrivano un affetto parentale e non solo nei confronti di Foscolo.

Tutto ciò diede il via ad una vera e propria caccia alle lettere che Foscolo aveva negli anni scritto ad amici, familiari e alle donne verso le quali nutriva un sentimento amoroso. Ne vennero così una serie di edizioni che nel corso del tempo videro appendici e riedizioni, fino ad assumere quella forma che oggi è contenuta nell’opera completa del Foscolo e racchiusa sotto il titolo di Epistolario. L’Epistolario fa parte dell’Edizione Nazionale delle Opere di Foscolo edita da Le Monnier (1933-1994), occupandone sei volumi e racchiudendo le lettere che il poeta scrisse dal 1794 fino alla morte. La maggior parte del corpus delle lettere è composto da epistole inviate, mentre in numero assai inferiore sono quelle ricevute dal poeta. Nonostante l’Epistolario sia un’opera di notevoli dimensioni e di spiccato interesse culturale perché da esso è possibile comprendere il pensiero politico e letterario di Foscolo, esso risulta purtroppo incompleto.

Nelle ore che precedettero la sua fuga da Milano, il Foscolo evidentemente non ebbe il tempo di mettere in ordine le sue cose e depose i suoi oggetti personali e i libri in bauli che fece consegnare ad amici per salvarli da eventuali perquisizioni. Al suo fidato amico Silvio Pellico fece recapitare dei bauli di libri e di lettere, infatti scrive così Pellico in una lettera a Foscolo:

Due giorni dopo la tua partenza venne Giulio a Milano, che non sapeva niente. Gente di polizia fece ricerca della tua roba. I tuoi libri erano già presso di me; i bauli etc. in una casa ove Agapito ha stanza, e donde tuo fratello diede ordine a Ottolini di ritirarli. (Epistolario, VI p. 21)

Tuttavia il baule contenente alcune epistole e volumi andò perduto, tante altre lettere del Foscolo e molte delle risposte che ricevette non sono mai stare recuperate.

Leggere l’epistolario foscoliano ci rende in un certo senso spettatori dello svolgersi di una vicenda umana che ci è narrata direttamente dal protagonista; vicenda che mette in evidenza oltre che l’intimità familiare, anche quelle che erano le posizioni di uno dei maggiori autori italiani tra il ‘700 e l’800. Proprio di questo Foscolo, evidentemente, era consapevole; tant’è che le sue lettere non risultano mai di un moto spontaneo e improvviso. Così qualcuno ha inteso vedere nella scrittura epistolare un uso consapevole del ‘doppio’ da parte di Foscolo. Insomma possiamo azzardare nel dire che Foscolo avesse ben chiara la possibilità che dalle sue lettere “private” potesse uscirne un profilo “pubblico”.

Sicuramente per Foscolo la forma epistolare è un genere a lui congeniale – non dimentichiamo il romanzo epistolare Ultime lettere di Jacopo Ortis – tant’è che nel suo esilio inglese pensò di comporre un’opera, rimasta incompiuta, a cui oggi è dato il titolo di Lettere scritte dall’Inghilterra. In esse il Foscolo voleva trattare una sorta di confronto tra il mondo anglosassone e quello italiano. Immaginando di rivolgersi ad un gruppo di amici italiani, Foscolo rende conto in maniera divertita delle usanze quotidiane anglosassoni. L’opera rimase incompiuta, molte lettere solo abbozzate, altre mai riviste; forse l’autore, colpito dalle sventure dell’esilio, fu distolto dalla composizione.

Molta critica, soprattutto subito dopo la morte di Foscolo, ha letto nel suo modo di scrivere e soprattutto nelle lettere una tendenza all’eroico, alla mitizzazione. Questo può essere possibile per le ragioni dette in precedenza, ma tale atteggiamento cade completamente in alcune lettere che Foscolo scrisse ai familiari. Una su tutte ci colpisce profondamente. In essa si coglie la sofferenza che nasce dal distacco forzato dagli affetti più cari, da una terra verso la quale si è legati e che come sappiamo Foscolo non vedrà più.

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Lettera manoscritta di Ugo Foscolo

La lettera a cui facciamo riferimento fu scritta poco prima di imbarcarsi per l’Inghilterra ed è indirizzata ai familiari. In essa si legge una sorta di congedo, anche se forte è la speranza di tempi e condizioni migliori che possano far ritornare lo scrittore alla sua normale vita. In essa c’è già la sofferenza di una precarietà di vita che diverrà ancora più aspra in futuro. Ma la benedizione che un figlio chiede ad una madre, anche se a distanza, rappresenta un caldo abbraccio in una terra straniera:

Francofort sul Meno 30 Agosto 1816.

Miei cari

spero che, dopo gli avvisi miei, la mancanza delle mie lettere non vi avrà afflitto. Ho scritto a voi ed al cavalier Naranzi da Basilea. Da Ostenda, ove m’imbarcherò per Londra, potrò scrivervi un’altra volta, ma, perch’io viaggio economicamente, vi vorranno ancora otto o dieci giorni innanzi ch’io sia alla riva del mare; e poi le lettere tarderanno forse tre settimane a giungere a voi. Però non v’affannate invano. Ora che Giulio è con voi me ne vado con l’animo quieto; e vedrò, se il Cielo m’assiste, di procurarmi tanto danaro da potere o venire a star con voi, o chiamarvi meco. Ma di queste cose tocca al tempo a disporre. Intanto pregate Iddio per me, e state certi ch’io sto benissimo di salute, e che vado in Inghilterra con ottime speranze, e a cose ben preparate. Intanto addio, addio miei cari; addio dal fondo dell’anima mia. Addio; e tu, madre mia, mandami la tua santa benedizione. Ugo