Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley,

il debole di volontà, il forte di braccia, il buffone, il beone, il rissoso?

Tutti, tutti dormono sulla collina. (…)

Questo è l’incipit de La collina, il componimento poetico che apre l’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters. Masters nacque a Garnett, una cittadina del Kansas, nell’agosto del 1869. Cresciuto nella fattoria dei nonni a Petersburg, si trasferisce con la famiglia a Lewiston, altra piccola cittadina bagnata dal fiume Spoon. Questi due luoghi saranno fondamentali per la sua produzione letteraria. Infatti è proprio in quei posti che E. L. Masters prenderà ispirazione per quella che fu la maggiore sua opera, un’antologia che racchiude  245 epitaffi. Voci dall’oltretomba si innalzano dalla collina e esprimono senza alcun timore e con sincerità una vita fatta di fallimenti o condotta tra vizi, perbenismo, ipocrisia ed errori.

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Cimitero di “Spoon River”, foto di William Willinghton – 2005

Ma davanti a quale opera siamo?

Con l’Antologia di Spoon River ci troviamo davanti ad un libro formato da diversi componimenti poetici in versi liberi, i quali risultano essere ognuno le epigrafi tombali di altrettanti uomini e donne abitanti del paesino di Spoon River e sepolti nel cimitero sulla collina. Pubblicato nel 1915, raggiunge la versione definitiva nel 1916. Ebbe subito un grande successo, successo che non fu raggiunto con le altre opere scritte successivamente dall’autore. In Italia l’Antologia fu pubblicata nel 1943 nella traduzione di Fernanda Pivano, che la conobbe grazie alla segnalazione di Cesare Pavese.

Così la Pivano descrive il suo incontro con l’opera:

Ero una ragazza quando ho letto per la prima volta Spoon River: me l’aveva portata Cesare Pavese, una mattina che gli avevo chiesto che differenza c’è tra la letteratura americana e quella inglese.

Il volume girava clandestinamente in Italia, era un libro censurato dal regime, infatti la Pivano dice a tal proposito:

Era super proibito quel libro in Italia. Parlava della pace, contro la guerra, contro il capitalismo, contro in generale tutta la carica del convenzionalismo. Era tutto quello che il governo non ci permetteva di pensare […], e mi hanno messo in prigione e sono molto contenta di averlo fatto.

L’opera venne pubblicata in Italia con il titolo alterato: Antologia di San River, ma non bastò a nascondere la verità alle autorità. La Pivano rimase molto colpita dall’opera e da un componimento in particolare, così scrive nella sua introduzione all’opera pubblicata in Italia:

L’aprii proprio alla metà, e trovai una poesia che finiva così: “mentre la baciavo con l’anima sulle labbra, l’anima d’improvviso mi fuggì”. Chissà perché questi versi mi mozzarono il fiato: è così difficile spiegare le reazioni degli adolescenti.

Con questa Antologia, Masters non fa altro che presentare una nuova commedia umana, una società umana che non si sottrae ai vizi repressi da una morale perbenistica e di facciata. Così si incontrano adulteri, omicidi, suicidi, matti, corrotti, tutti inseriti in un calderone che viene raccontato con lucido distacco da persone che ormai morte non hanno più niente da perdere. Pavese a tal proposito scrisse:

Lee Masters guardò spietatamente alla piccola America del suo tempo e la giudicò e rappresentò in una formicolante commedia umana dove i vizi e il valore di ciascuno germogliano sul terreno assetato e corrotto di una società la cui involuzione è soltanto il caso più clamoroso e tragico di una generale involuzione di tutto l’occidente.

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Lewistown, foto di William Willinghton – 2005

Cosa ispirò Masters nello scrivere quest’opera? Sicuramente la sua propensione alla scrittura, nata in giovane età e per la quale decise di intraprendere gli studi umanistici che poi abbandonò sotto la spinta del padre, il quale gli suggerì quelli giuridici. In seguito alle confidenze della madre su alcuni pettegolezzi riguardanti gli abitanti dei due paesi in cui vissero, pare che Masters ebbe il suggerimento di questa scrittura. Ma l’opera va ben oltre la raccolta di pettegolezzi. Già si è detto della denuncia sociale e la protesta contro la mentalità imperante nell’America dei suoi tempi, ma non va trascurato il fatto che Masters fu comunque un uomo di lettere e quindi dei modelli letterari li ebbe e anzi sono facilmente riscontrabili nella sua opera. L’autore ebbe modo di conoscere l’Antologia Palatina, ovvero una raccolta di epigrammi in greco di svariati scrittori cristiani e pagani risalente al X secolo. Tra questa e l’opera di Masters tuttavia non sembra esserci un legame filiale. Certamente ebbe dei modelli che possono essere ricondotti a una poetica sepolcrale tipica del preromanticismo, mentre ben chiara sembra essere la dedica al poeta Omero in chiusura del componimento dal titolo Jack, il cieco

 Avevo suonato tutto il giorno alla fiera del paese.
Ma al ritorno «Butch» Weldy e Jack McGuire,
ubriachi fradici, insistevano che suonassi ancora
la canzone di Susie Skinner, e intanto frustavano i cavalli
 
finché quelli gli prèsero la mano.
Cieco com’ero cercai di saltar giù
mentre la carrozza precipitava nel fosso
ma restai preso fra le ruote e ucciso.
C’è qui un cieco dalla fronte
grande e bianca come una nuvola.
 
E tutti noi suonatori, dal più grande al più umile,
scrittori di musica e narratori di storie,
ci sediamo ai suoi piedi,
per sentirlo cantare la caduta di Troia.

 

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Edgar Lee Masters (1869-1950)

Qualcuno ha voluto vederci anche Boccaccio e Balzac per il tentativo di narrare tutta la società nelle sue diverse sfumature. Sicuramente ci troviamo di fronte ad un’opera polifonica; seppur ognuna parli singolarmente, queste anime dolenti sono come un coro greco che ammonisce il vivente, mostrando gli errori, i vizi e di controcanto le virtù e i piaceri.

5 risposte a “L’Antologia di Spoon River”

  1. Con il sovrascritto che non è suddetto, i fiori non appassiscono e non in quanto siano artificiali.

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  2. La migliore traduzione dell’Antologia resta proprio quella di Fernando Pivano.
    La mia poesia preferita è George Gray

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    1. Sono d’accordo con te. Ci sono componimenti straordinari e versi che colpiscono come “Non consentite che la volontà sia giardiniere dell’anima / a meno che non siate sicuri / che sia più saggia della natura di quell’anima”, i versi che chiudono Louise Smith.

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    2. Non dimentichiamo che Spoon River ispirò Fabrizio De Andrè che compose il disco Non al denaro non all’amore nè al cielo, contenente brani famosissimi e straordinari come Un giudice.

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